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Cinema, “Loro” di Sorrentino: il film su Berlusconi al debutto

La prima parte del film di Sorrentino su Silvio Berlusconi è da ieri nelle sale cinematografiche mentre la seconda lo sarà il prossimo 10 maggio – Sia Toni Servillo che Riccardo Scamarcio non convincono e l’impressione è quella di rivedere un film già visto

Cinema, “Loro” di Sorrentino: il film su Berlusconi al debutto

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Ci sono momenti, circostanze, in cui di un film si parla più per quanto non si è visto che non per quello che poi si vedrà. “E’ il marketing …bellezza!!!” si potrebbe dire quando si avverte un fenomeno che monta, si espande a macchia d’olio, crea attesa, e se ne comincia a parlare, a far circolare le voci. Da questo punto di vista, in Italia, ci sono grandi maestri e non solo nel cinema.

In oltre 40 anni di vita politica, sociale e culturale (perché anche di questo si tratta) di Silvio Berlusconi è stato scritto, detto, filmato di tutto e di più. Difficile immaginare qualche aspetto del suo mondo, del suo modo di essere, che non sia stato minuziosamente analizzato, sezionato, dibattuto nella parte pubblica quanto in quella privata. Eppure, su questa ennesima calata cinematografica sulla sua storia, si scriverà ancora molto.

È uscito ieri nelle sale italiane la prima parte di Loro, di Paolo Sorrentino. Iniziamo dalla regia: come spesso è successo, nella storia dell’umanità ci sono personaggi che creano, inventano oggetti, meccanismi, storie, oppure hanno visioni, leggono il futuro e in parte lo realizzano. Ce ne sono poi molti altri che, invece, copiano o cercano di imitare oppure, per scrivere un eufemismo, “cercano l’ispirazione” da altri autori.

Questo è il caso del regista napoletano, già fortunato autore del Il Divo del 2008 e La grande bellezza del 2013. Talvolta, può anche succedere che gli allievi possano superare i maestri oppure, rimescolando gli stessi ingredienti e adattandoli a tempi diversi, possano realizzare opere migliori. In questo caso non è successo. Tanto per non girarci intorno: Fellini è nella storia del cinema italiano, Sorrentino sogna di entrarci. Antonioni ha girato Zabriskie Point, Sorrentino lo cita con una manciata di immagini.

Per costruire una racconto cinematografico importante ci vuole qualche invenzione e non sembra sufficiente riempire di luoghi, immagini, sequenze oniriche, fantasticherie simboliche come avviene in questo film per poter entrare nell’Olimpo degli dei del cinema. Loro – riferito a chi ha il potere – inizia proprio con una sorta di allegoria su una povera pecora che muore di freddo e costringe subito – inutilmente – lo spettatore a cercare di decifrare il significato e il significante, cosa vuole rappresentare e cosa invece vuole far immaginare.

Il film racconta in due parti (la seconda è prevista in uscita il prossimo 10 maggio) la vita privata, con i suoi tanti vizi e poche virtù, riflessi su quella pubblica, politica, del fondatore di Forza Italia e già Presidente del Consiglio. In questa prima pellicola si raccontano quelle vicende della sua storia che si svolgono a partire dall’anno 2006 in poi.

Si tratta del periodo durante il quale iniziano a deflagrare le bombe degli scandali, delle feste nelle ville in Sardegna, delle api regine, del “lettone” di Putin e poi delle “olgettine” del “bunga bunga” e così via. La pellicola non dice e non fa vedere assolutamente nulla di più e di meglio di quanto già è presente e noto nell’immaginario collettivo degli italiani, tutti, sia quelli che lo hanno approvato e invidiato sia quelli che lo hanno combattuto e osteggiato.

Il primo tempo scorre nel tratteggiare quel piccolo mondo di chi cerca in ogni modo, con ogni mezzo, di stare vicino al Potere per poterne godere frutti e vantaggi. Il tratteggio, però, è troppo lieve per apparire credibile. Il sesso e il denaro, annaffiato di cocaina, sembrano strumenti formidabili per aprire quelle porte e, spesso, ci riescono. Dopo oltre un’ora di proiezione compare Lui, la moglie Veronica e la sua sfera personale, con il fido cantore Apicella e in braccio il barboncino bianco (Dudù ante litteram?).

Toni Servillo è troppo uguale a se stesso e come tutte le maschere cha indossato per apparire migliore di quanto ha già mostrato di essere. Riccardo Scamarcio, che pure ha qualità, non è in grado di esprimere al meglio tutta la “forza” negativa del personaggio che vuole rappresentare (l’imprenditore meridionale che vuole fare affari con “Lui”).

Neanche la forza dei dialoghi e delle citazioni originali riesce a svegliare il torpore che assale nella sensazione di rivedere un film già visto. Infatti, cosa c’è di più, di meglio del Caimano di Nanni Moretti del 2006, uscito nelle sale proprio nell’anno a cui si riferisce il film di Sorrentino, oppure Videocracy di Erik Gandini del 2009, oppure ancora Silvio forever diretto da Roberto Faenza del 2011?

Alla fine della proiezione, coma succede talvolta, si incontrano amici e colleghi e ci si interroga su quanto visto. Dubbi e perplessità non sono mancate. Interessante notare la curiosità per la mancata partecipazione del film al festival del Cinema di Cannes. Una banale operazione di marketing? Oppure qualcosa di altro? In attesa della seconda puntata, dal botteghino nei prossimi giorni una parziale risposta.

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