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Cinema, La truffa dei Logan: una rapina da “banda del buco”

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Giudizio dell’autore:

Ci sono momenti in cui il cinema accompagna perfettamente il clima sociale, culturale, economico non solo del nostro Paese. Nei giorni scorsi sono usciti nelle sale due film che meritavano attenzione: il primo è stato presentato al recente Festival di Cannes, Lazzaro felice firmato alla regia da Alice Rohrwacher ed ha vinto il premio per la migliore sceneggiatura. Il secondo invece è un classico blockbuster: La truffa dei Logan di Steven Soderbergh. La scelta è caduto sul secondo.

Nei giorni scorsi, chi più chi meno, siamo stati tutti investiti da un’ondata di tensione politica (che, inevitabilmente, si riflette sulla società, sulla cultura) tale da mettere a dura prova la comune resistenza mentale. E allora, cosa ci può essere di meglio che una sana, divertente, avventurosa, pausa cinematografica dove pure, in qualche modo, si intravvedono qualche metafora dei tempi che corrono? Allo stesso tempo, per questo stesso motivo, pure il primo film (ci riserviamo di parlarne dopo averlo visto) avrebbe avuto pari dignità ma forse, visto il precedente Le meraviglie del 2014, ci saremmo potuti trovare di fronte a più interrogativi esistenziali di quanti invece ne pone il secondo.

La truffa dei Logan segue un filone ricco, sperimentato e di grande successo: la rapina, dove Soderbergh ha dato prova di grande capacità alla regia con la saga di Ocean’s Eleven del 2001, già remake del celebre Colpo grosso del 1960. La storia racconta di una famiglia, i Logan, alquanto sfortunata in uno degli stati americani che più provinciale non si può immaginare, la Carolina del Nord, per molti aspetti tanto somigliante a quella che ha dato la vittoria a Donald Trump. Per cercare una possibile riscossa sociale uno dei fratelli Logan, appena licenziato ingiustamente, propone all’altro fratello (reduce di guerra dove ha perso un braccio) di compiere una rapina ai danni della società che organizza una corsa automobilistica. Come da solito copione, il film si svolge nei preparativi, nell’esecuzione del colpo e nella gestione successiva del malloppo.

Tra colpi di scena – pochi in verità – e immagini suggestive della piccola vita dei paesi ai bordi degli imperi industriali, la pellicola scorre senza rimanere incollati alla poltrona come, invece, è successo già con lo stesso citato precedente lavoro del regista. Il primo tempo è quasi didascalico, ai limiti del noioso, se non fosse interessante cogliere tratti significativi di recitazione di alcuni attori: il solito Daniel Craig e la bella Riley Keough, per citare i migliori. La seconda parte invece prende ritmo e scioltezza per portarci al cuore del film con i classici doppi giochi, apparenza e sostanza, e tutto quanto occorre a confezionare un classico di questo genere.

A proposito di classici, è bene ricordare con quali esempi si paragona: proprio recentemente abbiamo scritto di Nella tana dei lupi, ma è bene non dimenticare mai il super classico Rapina a mano armata del 1956 di Stanley Kubrick, Heat – La sfida del 1995 con due insuperabili Robert De Niro e Al Pacino e, per finire il superlativo Inside Man del 2006. Purtroppo, dobbiamo ammettere, che non c’è partita: La truffa dei Logan sembra andare su un altro genere per quanto guarda con più attenzione a tratteggiare personaggi e situazioni che non a raccontare la “gangster story” che ci si attendeva. In alcuni passaggi richiama la comicità surreale dei fratelli Coen, come pure alcune sequenze il Tarantino de Le iene. La banda dei Logan poi sembra tanto sgangherata quanto poteva essere la “banda del buco” de I soliti ignoti e, alla fin fine, il film che viene fuori sembra andare più sul filone del divertente che non in quello della tensione narrativa.

Interessante aggiungere una nota sul meccanismo di produzione di questo film. Il regista Soderbergh ha compiuto una specie di esperimento: ha raccolto i fondi per la produzione “a scatola chiusa”, vendendo i diritti di diffusione prima ancora di girare una sola sequenza. In questo modo ha potuto aggirare la pesante influenza delle major americane e garantirsi quindi una gestione autonoma della distribuzione. L’interesse di questa operazione non è tanto nell’aspetto economico e dei vantaggi che gli procura, quanto nel fatto che evidenzia come nel mercato del cinema stanno avvenendo fenomeni di mutazione importanti, vedi tutta la dinamica in corso sul cosiddetto “post cinema”.

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Categories: Cultura

View Comments (1)

  • "il solito Daniel Craig e la bella Channing Tatum, per citare i migliori"........ La bella Channing Tatum?? Cioè... scrivere un articolo sul cinema e non sapere chi è Channing Tatum ce ne vuole...