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Cinema, I Villeggianti: Bruni Tedeschi non al suo meglio

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Giudizio dell’autore:

Un divorzio può essere considerato una grave sciagura nella vita di un individuo? Questo il tema del film I villeggianti, da pochi giorni nelle sale, firmato alla regia da Valeria Bruni Tedeschi con lei stessa protagonista nelle vesti di se stessa insieme a Valeria Golino e ad altri parenti diretti (la madre).

La trama è molto semplice: una bella e ricca residenza della Costa Azzurra diventa il luogo delle tensioni, degli scontri e degli incontri tra esseri umani variamente assortiti, più o meno scaturiti dall’avvenimento che è origine di tutta la vicenda, la separazione tra Anna e Luca (un mediocre Riccardo Scamarcio per un ruolo che gli si addice poco). In un mondo ricco, lussuoso, quanto ovattato e distante dal resto dell’umanità, una sorta di Titanic triste e compassato. In prima classe si ascolta musica e si beve amenamente, a loro modo sono tutti belli e colti, mentre nelle classi inferiori si lavora e si soffre duramente. Il racconto è frammentato da vari accadimenti che vorrebbero descrivere la decadenza, la debolezza e la fragilità di persone che sembrano, appunto, semplici villeggianti, passanti occasionali.

Alla fine tutto e tutti si dissolvono in una nebbia che spiana le macerie di esistenze, di vite e di individui dei quali si fatica a cogliere sentimenti positivi. Nel mezzo di tutto questo la sceneggiatura forza l’intromissione di un film nel film: Anna è anche scrittrice e durante la villeggiatura avrebbe voluto scrivere la storia cinematografica della sua vita, dove si racconta del fratello morto, insieme ad una sua amica, progressista e di sinistra, anche lei in vacanza e ospite nella villa dove troverà un amore imprevisto.

Per quanto è noto, la storia è per buona parte autobiografica, riferita cioè alla vita reale della Bruni Tedeschi. La sorella, Valeria Golino, vorrebbe essere Carla Bruni, nota per la sua relazione con l’ex premier Sarkozy, la madre Marisa Borini fa la parte di se stessa e così via. Tutto scorre con una lentezza e con una banalità senza limiti, non si coglie spessore e personalità dei vari personaggi che sembrano vagare in cerca di un ruolo senza trovarlo.

Mentre si vede il film, torna facile alla memoria un capolavoro di questo genere (famiglia in vacanza con liti annesse): Ferie d’agosto, di Paolo Virzì. In quel racconto, pure se riferito al mondo del cosiddetto “generone romano”, s’intravedevano spessori di umanità genuina, grezza, non artefatta. Per quanto in modo brutale e spesso volgare, i sentimenti erano raccontati con attenzione e profondità, cosa che invece in questo lavoro della Tedeschi non avviene.

Lei come attrice merita interesse e anche in questo film fornisce una prova convincente delle sue capacità e possibilità espressive, ma, come spesso giustamente si sostiene, un attore molto difficilmente è in grado di cimentarsi in pari misura dietro una macchina da presa. Ognuno dovrebbe fare il proprio mestiere e già questo non è facile. Il film, presentato fuori concorso alla recente rassegna di Venezia, non merita l’attenzione che ha ricevuto (la solita forza del marketing) e forse potrebbe avere miglior fortuna nel mercato francese, dove si rispecchia bene un certo modello di scrittura e di recitazione.

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Categories: Cultura