X

Cinema: “I figli del Fiume Giallo”, noir cinese alla Gomorra

Wikipedia

Giudizio dell’autore: 3/5

La Cina è molto più vicina di quanto possiamo immaginare e il film che proponiamo questa settimana rende benissimo questo pensiero. La storia che si racconta sullo schermo è quella di un uno e una donna legati da un amore complicato in un ambiente malavitoso di onore e rispetto, non molto diverso dalle nostrane associazioni mafiose o malavitose. I figli del fiume giallo firmato alla regia da Jia Zhangke (è anche sceneggiatore e produttore) è una pellicola che contiene diversi racconti incrociati: il primo e più rilevante  riguarda i due protagonisti (due eccellenti attori: Zhao Tao e Liao Fan), la loro unione drammatica e contrastata. Il secondo racconto, seppure tratteggiato, riguarda quell’ambientazione tipica dei noir orientali dove ambienti fumosi, bische clandestine e violenza e clan criminali sono i soggetti principale. Infine il terzo racconto tutto per immagini, simboli e icone, riguarda la Cina moderna che, almeno per chi scrive, appare  talmente simile al mondo occidentale da suscitare un diffuso  senso di confusione.  

Per quanto riguarda la storia d’amore è difficile trovare una capacità espressiva dei sentimenti per come sono rappresentati. Gesti, contatti fugaci, sguardi e silenzi che dicono molto di più di mille parole e rendono benissimo il senso di un amore complesso e difficile dove lei raggiunge livelli di intensità raro da vedere, una prova d’artista di altissimo livello. Il secondo filone, quello della cosiddetta jianghu ci riporta a immagini e racconti molti simili a quelli ai quali da tempo siamo abituati con le varie gomorre e storie criminali, con la sola differenza che, in questo caso, sembra di essere ai primordi dove gli scontri tra bande rivali ancora avvenivano con le mani invece che con le mitragliette da guerra. Rimangono però impressi sguardi e ritratti dei vari malavitosi che colpiscono per la loro apparente semplicità.

Questa considerazione ci porta poi nel cuore del terzo livello del racconto cinematografico: le immagini di un paese ormai per molti aspetti pressoché completamente occidentalizzato: dall’evocazione di una nota macchina lussuosa come mito al ballo scatenato di YMCA dei Village people, al berretto con la pubblicità di una nota macchina fuoristrada all’accendino prezioso di marca francese e il tutto condito da sequenze con i cellulari che sembrano tratte pari pari dalla nostra vita quotidiana. Si vede una Cina molto simile al nostro mondo che sorprende e stupisce per chi la immagina ancora come un paese potente ma ancora, per molti aspetti, arretrato e preindustriale. Infine, il fiume giallo, lo Huang He, uno dei più lunghi del mondo, considerato culla della civiltà cinese che si staglia sul fondo di un racconto che vede il lento ma inesorabile scorrere delle sue acque insieme allo sviluppo del suo paese.  

Il regista Jia Zhangke ha presentato questo film lo scorso anno a Cannes, dove aveva vinto un premio per la migliore sceneggiatura nel 2013 e prima ancora, nel 2006, aveva vinto il Leone d’oro a Venezia con Still life che lo ha reso noto sulla scena internazionale. Indubbiamente, conosce il mestiere del cinema e padroneggia perfettamente la macchina da presa e la direzione degli attori. A quanto sembra, non è affatto facile realizzare film in Cina se prima non si ottiene un sorta di “imprimatur” da parte delle autorità competenti. Evidentemente, questa pellicola risponde ad una certa lettura, un tipo di narrazione del paese asiatico gradito al governo di Pechino. I fin dei conti, è bene averlo sempre bene in mente, stiamo parlando di una delle potenze politiche ed economiche più rilevanti del mondo dove vivono oltre un miliardo di persone. In questo film, seppure a tratti, si vede benissimo e se ne intuisce il peso. Merita ampiamente i riconoscimenti della critica e di pubblico che sta riscuotendo.

Related Post
Categories: Cultura
Tags: CinaCinema