Giudizio dell’autore:
È successo spesso di vedere film francesi che dalle nostre parti non sempre hanno incontrato consenso. Ci sono di mezzo culture diverse, scuole di cinema ed esperienze differenti. Non ultimo, c’è sempre di mezzo una sana gelosia, talvolta antagonismo, su chi riesce meglio a padroneggiare la cinepresa. Un po’ come avviene con la cucina: ognuno rivendica a se il piatto migliore. Chi vi scrive, spesso si è trovato a disagio con un certo modo di fare cinema d’oltralpe, specie sul genere commedia.
Questa volta, invece, chapeau!!! Un gran bel film, importante, duro, di enorme capacità narrativa, decisamente sopra le righe anche rispetto a tanto cinema nostrano, indulgente e buonista. Parliamo di L’affido – una storia di violenza, firmato dal giovane regista Xavier Legrand che all’esordio con questo lavoro ha vinto un meritatissimo Leone d’argento a Venezia. Il genere di pellicola è “sociale” e si riferisce a quel mondo basico, fondamentale, composto dalla famiglia più o meno consolidata dove spesso avvengono fatti e misfatti di ogni tipo.
La storia è di ordinaria quanto diffusa violenza fisica ed emotiva: due coniugi si separano ed ognuno di loro rivendica l’affidamento dei figli, un giovane di 11 anni (di rarissima espressività) e la sorella adolescente non meno brava. Il padre, inizialmente mosso da apparente affetto e premura cerca e chiede di passare quanto più tempo possibile con i figli che invece non vogliono affatto (lo chiamano “quello”). La vicenda si inerpica lungo un sentiero in salita carico di forti tensioni con la ex moglie che cerca in ogni modo di tener fuori i ragazzi dallo scontro emotivo con l’ex marito. L’uomo vive con crescente avversione sia la donna, quanto i ragazzi che decisamente sono dalla parte della madre. La storia si conclude in modo tragico, ma non inaspettato.
Si tratta della rappresentazione di quanto avviene drammaticamente, troppo spesso, tra le mura domestiche, sulle macerie di nuclei familiari devastati da figure maschili oppressive, violente, possessive oltre ogni limite che degenerano facilmente in fatti di sangue. È il vecchio padre padrone, nonché falso marito premuroso, che dietro la finzione dell’affetto verso i figli o la donna che ritiene di amare, maschera la sua natura selvaggia e bestiale. Non è facile trasmettere con le immagini quanto dolore, quanta sofferenza, possono provare le vittime di tanti soprusi e il regista, in questo caso, è riuscito perfettamente. Lo sguardo di chi vive in prima persona l’aggressione prima sottile e subdola, poi diretta e brutale, richiede una forte sensibilità da parte di chi ha in mano la cinepresa e pari forza da parte di chi recita. Bravi, decisamente bravi tutti i protagonisti, a partire dal giovane Thomas Gioria nelle vesti del figlio minore: alcuni tra i suoi primi piani raccontano tutto il film! È stato, giustamente, definito come un “manifesto” cinematografico contro il femminicidio ma è anche di più: è una denuncia forte contro una cultura della violenza familiare che magari non arriva al suo culmine violento, ma rimane sottotraccia, sottile e silenziosa ma altrettanto devastante.
Un film sull’affido condiviso premiato a Venezia…..un film da boicottare, contestare e schifare.
…la trama……
Affido condiviso: …..Un giudice decide di affidare i figli ad entrambi i genitori.
Il tentativo del padre di avere un rapporto con il figlio si trasforma in una pericolosa violenza psicologica e fisica per vendicarsi contro la ex moglie che ha una sola grande colpa, non amarlo più per la violenza subita nel passato.
……..il film è il film……accade oggi in una regione del sud:
Lui torna a casa e non trova più la moglie che è scappata con il compagno della madre (madre di lei) ed i suoi figli.
Lui viene picchiato e accoltellato, denuncia ai carabinieri ( Certif ospedaliero)…….moglie e figli in altro paese, il padre non riesce ad avere i suoi piccoli……Questo non è un film è la realtà non premiata a Venezia………Ogni giorno, tutti i giorni decine,decine e decine di migliaia di uomini violenati dalle donne, scrivono su internet.