“Non vedi? Le case sono vuote”. I palazzoni del centro di Dalian, città portuale di sette milioni di abitanti, tra le più grandi in Cina, ad agosto dell’anno scorso sembravano alveari disabitati. Gli economisti già da qualche anno avevano cominciato a discutere del rischio della bolla immobiliare. Daniel, nome inglese di uno studente cinese di ingegneria informatica della Lianing Normal University, indicava le case e non nascondeva una certa preoccupazione. Nessun segno di vita tranne una gigantesca insegna in cristalli liquidi che pubblicizza un energy drink. Tutto il palazzo sembra essere stato costruito solo per reggerla. E dopo nove mesi, quell’insegna è ancora lì e, dice Daniel “gli appartamenti sono sempre vuoti”.
Da almeno otto mesi il prezzo delle case in Cina continua a scendere. E la caduta sembra inarrestabile. Ad aprile il prezzo è sceso ancora in 46 delle 70 principali città del Dragone. Secondo le statistiche ufficiali diffuse oggi dal governo di Pechino i prezzi lo scorso mese sono scesi ancora su dell’1,2%. Uno scivolone che si aggiunge a quello dello 0,7% di marzo, registrato però solo in 38 città. Un dato che ha allarmato Pechino che prevede una crescita per il prossimo anno in frenata al 7,5% proprio sulla scia del crollo delle vendite. Mezzo punto percentuale al di sotto del limite di sicurezza che gli investitori hanno fissato all’8% di crescita, sotto il quale la Cina potrebbe soffrire troppo in termini di domanda interna e investimenti infrastrutturali necessari per creare posti di lavoro.
Un dato che fa riaffacciare vecchi fantasmi, mai scacciati per la verità. Le prime avvisaglie si erano avute alla fine del 2010 quando il termometro dell’aumento dei prezzi delle case aveva segnato negli ultimi 4 anni aumenti medi del 90%, con punte del 200% nella regione del Guangdong. Shenzen, Shanghai, Pechino, Dandong. Fino a Ordos, una città deserta nel deserto cinese del Hanyu Pinyin, nella Mongolia interna, zona stepposa di argilla e sabbia. Costruita in poco tempo, la città di Ordos è stata immortalata a marzo dagli scatti della Bbc. Palazzi vuoti per due milioni di persone in una città che conta un centinaio di abitanti. Quasi tutti rappresentanti governativi in una zona di importanza strategica cruciale per via dell’abbondanza di uno dei business più prolifici della Cina, quello delle terre rare.
Bolla e crescita rallentata, due cause legate tra loro. Un rischio affatto slegato all’altro dato che allarma le economie globali, che riguarda la crescita della Cina, che continua ad andare ma ha tirato il freno all’8,1%. Se la crescita ad alti ritmi poteva permettere il “soft lending” dei prezzi, ora la frenata del pil e il crollo dei prezzi rischiano di creare una spirale che porti quel “soft” a diventare “hard”.
Secondo un report di Citi il prezzo delle case continuerà a scendere di un altro 10% entro l’anno, insieme ad un crollo delle vendite stimato intorno al 15%. Stime che Jp Morgan invece rivede al ribasso, immaginando un crollo dei prezzi del 20% entro i prossimi 18 mesi. Il messaggio comunque è chiaro è sta nella convinzione che il prezzo continuerà a scendere, con il pericolo che i danni per l’economia del dragone si rifletteranno a livello globale.