Volatilità massima per le Borse asiatiche. L’indice di Shanghai, dopo una flessione che ha toccato il 3,8%, ha recuperato chiudendo con un +5,66%, il maggior rialzo dal 2009. Decolla anche l’altra piazza cinese, Shenzen (+6,67%).
In scia all’andamento del mercato cinese, l’indice Nikkei della Borsa di Tokyo ha aperto le contrattazioni in rosso del2,05% (a quota 19.332,77), poi è arrivato a cedere fino al 3,2% (a 19.115,20) ma alla fine ha recuperato fino a chiudere con un guadagno dello 0,6% (19.855,50 punti).
Un discorso analogo vale per Hong Kong, dove l’indice Hang Seng segna un progresso del 3,76% dopo aver aperto in territorio negativo.
La chiusura positiva dei mercati è legata alle decisioni del governo di Pechino, che, per porre fine ai crolli iniziati dopo il picco del 12 giugno, che, tra l’altro, ha vietato ai grandi azionisti (detentori di quote azionarie superiori al 5%) e agli amministratori delegati delle società quotate di vendere i propri i titoli per sei mesi.
La polizia cinese ha anche aperto un’inchiesta su possibili vendite allo scoperto “criminali” dei titoli azionari.
Intanto, dalla Cina sono arrivati numeri incoraggianti anche sul fronte macroeconomico: l’inflazione a giugno ha accelerato, arrivando al +1,4%, contro il +1,2% di maggio e il +1,3% previsto in media dagli analisti. Sono invece calati del 4,8% i prezzi alla produzione, in rosso per il trentanovesimo mese di fila.
In Giappone, invece, gli ordini di macchinari sono aumentati a maggio dello 0,6%, a 907,6 miliardi di yen, rispetto al precedente mese. Si tratta del più alto livello degli ultimi sette anni. Gli analisti avevano previsto un crollo del 4,9%.