La Cina frena ma non troppo. L’economia di Pechino è cresciuta nel terzo trimestre del 6,9%, il dato più basso dal 2009, in calo sia rispetto al dato di fine giugno (+7%) sia a quello di un anno fa (+7,3%). Ma è andata comunque meglio del previsto, grazie a un buon andamento dei servizi, rispetto all’industria manifatturiera in forte decelerazione. I mercati scommettono ora su nuovi stimoli, non escluso un nuovo taglio del tasso di sconto, entro dicembre. Di riflesso, è positiva la reazione delle Borse: Shangai +0,5%, Shenzhen +0,3%. Debole Hong Kong. La Borsa di Tokyo apre invece i battenti in ribasso dello 0,6%.
PIAZZA AFFARI TIENE
Il saggio è colui che sa di non sapere. Il detto socratico va tenuto presente in queste settimane scandite da reazioni dei mercati impreviste e, in parte, imprevedibili. La conferma arriva dall’esito contrastante del sondaggio del Financial Times sui tassi Usa. Nessuno prevede un aumento ad ottobre, ma per dicembre i pareri si dividono: i due terzi degli economisti punta ad un aumento a dicembre. Al contrario, i grandi operatori sono convinti che la Fed non si muoverà.
Molto dipenderà dall’inflazione, a sua volta collegata all’andamento del petrolio: mercoledì si terrà a Vienna il summit straordinario dell’Opec allargato per l’occasione anche ad altri grandi produttori, come la Russia. Al centro del dibattito ci sarà la proposta del Venezuela di tornare a un regime di tagli della produzione automatici che tengano il barile sopra quota 70 dollari. Nell’attesa la diga dei mercati ha retto all’incertezza dilagante. In Usa l’indice S&P è salito dello 0,9% ai massimi da 8 settimane. La buona performance di General Electric (+3,2%) ha compensato i dati pessimi di Wal Mart (-10% giovedì) e l’andamento contrastato dei titoli finanziari.
In Europa l’indice Stoxx 600 ha chiuso in parità. A Milano l’indice FtseMib ha chiuso con un rialzo dello 0,36%, recuperando nelle ultime tre sedute il 3% perduto in avvio di settimana. Staffetta stamane nel paniere Mid Cap. Si congeda dalla Borsa italiana Sorin, dopo la fusione con Cyberonics. Al suo posto subentra Esprinet.
L’ATTESA Di DRAGHI SPINGE I BTP
I segnali di frenata dell’economia globale sono stati compensati dall’attesa delle decisioni delle banche centrali. La pioggia di dati contrastanti in arrivo dall’economia americana ha consolidato la sensazione che l’aumento dei tassi sia rinviato quantomeno a dicembre se non più in là. Intanto l’attenzione degli operatori è concentrata sulla prossima riunione della Bce, in programma per giovedì: cresce l’attesa per l’annuncio di un aumento degli acquisti del quantitative easing.
Nel frattempo lo spread Btp/Bund è sceso a 105 punti base. Si tratta del minimo da metà aprile. Il tasso del decennale è calato a 1,60%, minimo dai primi di maggio. Le emissioni di titoli di Stato nel 2016 saranno inferiori a quelle effettuate quest’anno, ha detto la responsabile per la gestione del debito, Maria Cannata. Nel 2015 il Tesoro ha registrato un aumento della domanda nelle aste di titoli di Stato italiani da parte degli investitori internazionali, in particolare il ritorno di quelli giapponesi “dopo un bel po’ di tempo” e l’interesse “molto buono” di quelli statunitensi.
FERRARI, DOMANI ARRIVA IL PREZZO
Cresce l’attesa per il debutto, mercoledì 21, di Ferrari sul listino di Wall Street. Il book delle prenotazioni, vista l’eccezionale richiesta degli investitori confermata dall’andamento del road show che si è chiuso venerdì a Maranello, registra prenotazioni largamente superiori all’offerta. Non è escluso, a questo punto, che il prezzo possa risultare più alto della forchetta di prezzo (48-52 dollari) già comunicata. In tal caso il valore dell’Ipo potrebbe risultare più alto del miliardo di dollari finora ipotizzato. Il prezzo sarà comunicato domani, alla vigilia dell’esordio della Rossa sotto il simbolo “Race”. Per vedere il debutto a Piazza Affari occorrerà attendere lo scorporo di Ferrari da Fca e il suo passaggio sotto il controllo diretto di Exor, previsto per l’inizio del 2016. Solo allora diventerà d’attualità l’eventuale quotazione a Milano.
La scuderia Agnelli si è già mossa in Piazza Affari. La finanziaria Exor ha registrato un rialzo del 5,5%. La società ha anche perfezionato l’acquisto del 27,8% delle ordinarie (più il 100% delle azioni speciali) del gruppo The Economist per 287 milioni di sterline, pari a 392 milioni di euro. Sale anche Fiat Chrysler (+3,3%): l’uscita da Ferrari vale, tra Ipo e scorporo, circa 4 miliardi di dollari. I risultati del terzo trimestre saranno esaminati dal cda il prossimo 28 ottobre. L’unica nota dolente resta la difficile congiuntura di Cnh Industrial (-8,65%), ancora una volta tra le peggiori blue chip, sotto la pressione della crisi del Brasile e dei dati deludenti d Caterpillar.
POSTE NEL PANIERE FTSE MIB GIA’ IL 21 DICEMBRE
A proposito di blue chip è scontato che Poste Italiane abbia già prenotato un posto nel Ftse Mib già dal 21 dicembre in occasione della prima revisione del paniere. Intanto l’Ipo procede a buon ritmo. La prima settimana ha registrato una domanda superiore di due volte l’offerta (il 38% del capitale) da parte degli investitori istituzionali, nonostante la parte americana del road show cominci solo stamane. Bene anche la risposta dei risparmiatori che potrebbe salire al 30% del totale. Più tiepida, per ora, la risposta dei dipendenti. Il prezzo sarà annunciato venerdì, ad operazione conclusa, e corrisponderà al valore inferiore tra quello proposto agli investitori istituzionali e il massimo fissato a 7,5 euro.
METROWEB E ARGENTINA, DUE INCOGNITE PER TELECOM
Tra le “vittime” dell’ultima settimana figura Telecom Italia (-5,01%), nonostante il riavvio, condizionato e contrastato, del tavolo di trattative sul fronte Metroweb. Il Cda guidato da Marco Patuano chiede il controllo totale della società ad investimenti ultimati ma anche l’esclusiva del negoziato che non potrà così riprendere prima che scada (31 ottobre) la lettera d’intenti già siglata con Vodafone e Wind.
Ma a frenare l’ex incumbent è soprattutto l’Argentina. Lo stop delle autorità di Buenos Aires all’acquisto da parte di Fintech di Telecom Argentina potrebbe modificare i piani: nel caso Fintech debba rinunciare all’operazione Telecom potrà cercare di riacquistare, come da contratti, il 17% già ceduto un anno fa al fondo controllato da Martinez per 215,7 milioni di dollari, oppure cercare un acquirente alternativo.
Il mancato incasso potrebbe accelerare la conversione delle risparmio in ordinarie con un conguaglio che potrebbe raggiungere i 550 milioni di euro, poco meno di quanto previsto per la cessione della controllata sudamericana. Una soluzione che non dovrebbe dispiacere a Vivendi che si ritroverebbe a controllare il 25% del capitale senza ulteriori esborsi. Ma, d’altro canto, il rafforzamento di Ti in Sud America sbarra la strada al progetto di fusione tra la società italiana e Telefonica, come non dispiacerebbe a Vincent Bolloré: l’antitrust di Buenos Aires e quello di Rio non accetteranno mai una soluzione del genere.
LA FINANZA SAIPEM FA IL LIFTING IN ATTESA DI CDP
Conto alla rovescia per la sistemazione di Saipem (-7,09%) uno dei titoli che più hanno sofferto nel corso delle ultime cinque sedute. Pesa l’incertezza sul futuro aumento di capitale oltre alla convinzione che la società non parteciperà all’ondata di M&A che sta interessando il settore. Entro il 27 ottobre, data di presentazione del nuovo piano industriale, sarà necessario definire i particolari della strategia che prevede una manovra complessiva di 8 miliardi, parte attraverso un aumento di capitale, parte attraverso la costruzione di linee di finanziamento che sostituiranno quelle garantire finora da Eni.
In cifre, il pool d’istituti capitanato da Goldman Sachs e JP Morgan sta ragionando su un rifinanziamento tra 4,5 e 5 miliardi più un aumento tra 3 e 3,5 miliardi che avrà per protagonista principale la Cassa Depositi e Prestiti che, attraverso il Fondo Strategico, investirà 1-1,5 miliardi acquisendo una quota tra il 15 ed il 20% mentre Eni, una vota raggiunto l’obiettivo di deconsolidare la partecipazione in Saipem, resterà comunque nel capitale.
PROVE DI RIPRESA DEL LUSSO COPO IL PIL CINESE
Il lusso proverà oggi a invertire la rotta dopo l’ennesima settimana nera. Moncler (-13%) e Ferragamo sono stati i fanalini di coda del principale paniere della Borsa italiana. A Borse chiuse è arrivato venerdì il taglio delle stime su utili e ricavi 2015 della tedesca Hugo Boss, che si aggiunge alla delusione generata nei giorni scorsi dai conti trimestrali di Lvmh e Burberry. Sotto i riflettori A2A: il Montenegro ha esteso per cinque anni il contratto di gestione congiunta della utility dell’energia Elektroprivreda Cme Gore (Epcg).
In evidenza Pininfarina dopo il balzo di venerdì (+4,95%). Il mercato scommette sull’arrivo di novità nelle trattative per la cessione della società al gruppo indiano Mahindra&Mahindra.