Per anni, le multinazionali estere si sono appoggiate al mercato cinese che, a sua volta, ha sempre offerto basso costo dei fattori di produzione, stabilità infrastrutture e la promessa di un mercato sterminato. Tuttavia, il matrimonio tra la Cina e le multinazionali estere sembra ormai essere finito. In una corrispondenza da Pechino il Financial Times racconta fatti che stanno inquinando l’intero clima degli affari in Cina.
Molte multinazionali operanti in settori strategici come l’informatica, l’automotive, l’alimentare e il farmaceutico sono entrate nel mirino delle autorità cinesi con procedure amministrative, campagne stampa e proteste dei consumatori. Alla Bmw, ad esempio, non è stata concessa l’autorizzazione per aprire un nuovo impianto e 140.000 sue vetture sono state richiamate per difetti meccanici; la Apple è stata sottoposta ad una gogna mediatica per aver praticato prezzi alti e offerto un servizio scadente ai clienti cinesi; la GlaxoSmithKline è stata denunciata per aver corrotto medici e funzionari pubblici. I grandi nomi coinvolti segnalano che è in atto un’offensiva e che tutto questo non è frutto di coincidenze.
Seppure non si hanno prove di quanto affermato dalle multinazionali, si possono distinguere diversi motivi alla base di questo atteggiamento della Cina. Il primo è quello di regolare i rapporti con la forza. Le multinazionali sono utili quando bisogna industrializzare il paese; in questo caso si può infatti chiudere un occhio sulle violazioni di legge, sugli standard da lavoro, su quelli ambientali nonché sul trattamento fiscale. Tuttavia, quando il compito delle multinazionali è ormai esaurito, quando la loro tecnologia non è più assorbibile, oppure quando queste rappresentano un pericolo per l’industria locale, scattano i meccanismi di autodifesa. Ad oggi, il Paese si sente sufficientemente forte, non vuole più essere considerato il “paradiso delle multinazionali”, ma spera di utilizzarle per costruire un polo mondiale di eccellenza. Per questo le aziende straniere sono utili ma è necessario che perdano la loro superiorità tecnologia e finanziaria.
Tutte le multinazionali hanno accettato le decisioni cinesi promettendo rispetto e chiedendo scusa al Paese e ad i suoi cittadini. Questo sembra essere una vittoria di Pechino, tuttavia, le decisioni potrebbero nascondere una debolezza di fondo: la Cina non è ancora riuscita a vincere la battaglia della qualità. Salvo alcune eccezioni (Huawei, Haier e Lenovo) i prodotti cinesi stentano a conquistare i consumatori occidentali. Inoltre, anche gli stessi cittadini cinesi considerano migliori i prodotti stranieri: il latte condensato è solo d’importazione, le scuole all’estero sono frequentate dai cinesi, i viaggi per lo shopping sono sempre affollati e, chi può, compra immobili a New York o sulla Costa Azzurra.
Tutto ciò sembra convergere verso la linea del partito che pone l’accento sul “China dream”, utile strumento per scaricare a terzi le contraddizioni generate dallo sviluppo cinese.