Se offriamo uno sguardo alle prospettive del gigante cinese all’alba di quest’anno, possiamo notare come le relazioni internazionali si attestino su un sentiero stabile, nonostante alcune tensioni che emergono dalla vendita di armi alla vicina Taiwan da parte degli USA e le questioni legate ai diritti civili. In questo senso, Washington è diventata sempre più preoccupata per l’aumento degli arsenali militari cinesi, si veda il rafforzamento dell’aeronautica e della marina negli equilibri del Pacifico. Le relazioni con il Giappone si sono deteriorate dal 2012 a causa della sovranità sulle Isole Diaoyu rivendicata da entrambi i lati: regolari incursioni di navi cinesi nelle acque territoriali giapponesi intorno a questi territori hanno aumentato il pericolo di un scontro.
La sfida principale che si profila per quest’anno è il riequilibrio dell’economia. Negli ultimi anni, la crescita economica della Cina si è basata prevalentemente sugli investimenti che, in percentuale sul PIL, hanno superato quota 50%, alimentando l’espansione di patrimonio immobiliare, infrastrutture locali e capacità produttiva. Insieme alla massiccia espansione del credito dal 2008/2009, investimenti inefficienti hanno creato bolle nel mercato immobiliare e portato ad alti livelli di indebitamento per imprese e amministrazioni locali. Ecco allora che l’amministrazione centrale cinese ha ripetutamente sottolineato di essere pronta ad accettare stime di crescita più lenta in grado di riequilibrare un’economia basata sulle esportazioni, dunque dipendente dagli investimenti, ad un sistema più orientato ai servizi e basato sui consumi. Questo implica dal lato dell’offerta una crescita innovativa e a produttività crescente, accanto all’eliminazione dello spreco di investimenti improduttivi mentre, dal lato della domanda, lo sforzo sarà quello di aumentare reddito e consumi per creare un equilibrio più sostenibile. La crescita economica della Cina continua infatti a rallentare, dal momento in cui gli sforzi delle autorità per frenare la crescita del credito e investimento cominciano a dare i loro effetti. Nel terzo trimestre del 2014, la crescita del PIL ha rallentato al 7,3% dal 7,5% in quello precedente, mentre il tasso di crescita medio da gennaio a settembre è stato del 7.4%. Se guardiamo all’anno appena trascorso, il PIL è destinato a crescere 7,3%, vale a dire il più lento tasso di crescita dal 1999. E a causa della bassa crescita degli investimenti, l’economia cinese è prevista in aumento del 7,0% nel 2015. In questo scenario sono state introdotte alcune misure mirate di stimolo per sostenere il rallentamento economico, aumentando la spesa per infrastrutture, ferrovie e edilizia sociale. Sono state introdotte inoltre misure monetarie (taglio di 40 punti base al tasso di riferimento per la prima volta dal luglio 2012, ora a 5,60%) per sostenere piccole e medie imprese (PMI) e il settore agricolo, con sgravi fiscali alle imprese e controlli sulle vendite di proprietà a sostegno del debole settore immobiliare.
E anche se la Cina non è affatto immune alla debole dinamica della domanda estera, i principali rischi per la crescita futura provengono dal mercato interno, in particolare dai costi derivanti dall’uso inefficiente delle risorse, conseguente all’eccesso di capacità in diversi settori. Le vulnerabilità finanziarie visibili nei settori finanziario, aziendale e immobiliari e nelle amministrazioni locali sono interconnesse, così che uno shock in un settore potrebbe portare a una reazione a catena. Particolarmente critica in questo senso è la situazione del mercato immobiliare.
Il settore bancario cinese rimane debole e la crescita elevata del credito negli anni precedenti potrebbe portare al deterioramento della qualità dell’attivo nel settore finanziario. I problemi del settore bancario potrebbero ripercuotersi sull’intero sistema economico o persino condurre all’intervento statale. Anche se il numero di insolvenze risulta essere attualmente basso (1%), questo percentuale salirà inevitabilmente nel medio termine. A preoccupare è soprattutto la discutibile qualità degli attivi nel settore bancario. In particolare, una fonte importante della massiccia espansione dei prestiti è arrivata dalle cosiddette “banche ombra” le cui attività fuori bilancio sono esplose a causa della pesante regolamentazione del sistema finanziario. Ma senza dati precisi sulle attività-ombra, i rischi per l’economia sono difficili da valutare. Tuttavia, la maggior parte delle attività è legata al settore immobiliare e vi sono preoccupazioni circa l’esposizione delle grandi banche al mercato immobiliare. Pertanto le autorità cinesi hanno già introdotto misure per frenarne l’attività bancaria, con conseguente minore crescita del credito. E strettamente collegate ai potenziali problemi del settore bancario sono le finanze degli enti di governo locale, che hanno svolto un ruolo importante nella politica di enorme stimolo all’economia del 2008 e 2009. L’onere del debito delle amministrazioni locali è aumentato a causa degli elevati investimenti in infrastrutture e immobili, finanziati attraverso prestiti di governo locale spesso tramite il settore bancario ombra.
In questo contesto, secondo Atradius la sfida per le autorità cinesi è quello di attuare riforme per ridurre la vulnerabilità dell’economia e riequilibrare la crescita economica a medio termine senza rallentare eccessivamente la crescita del PIL. I livelli di debito pubblico ed esterno sono molto bassi e la Cina possiede enormi riserve internazionali. Il risparmio domestico si attesta su alti livelli e non ci sono controlli sui capitali in atto per limitarne il rischio di fuga. Tutto questo in modo da creare un cuscino per l’economia in caso di shock esterni o interni. Allo stesso tempo, il governo dovrebbe continuare a prendere misure mirate di stimolo per impedire un aggravarsi della decelerazione in atto. La situazione del mercato del lavoro è fondamentale a questo proposito, laddove generare e sostenere un numero sufficiente di posti di lavoro è fondamentale per la prevenzione di potenziali malumori e agitazioni sociali. Senza tuttavia il aggravare la sostenibilità dell’economia e dunque aumentare il rischio di un ulteriore rallentamento.