“In questo momento stanno avvenendo cambiamenti che non si vedevano da 100 anni. E stiamo guidando questi cambiamenti insieme”. Queste le parole che ha usato il presidente cinese Xi Jinping, nell’ultimo brindisi con Vladimir Putin nella cena di martedì sera prima di ripartire per la capitale cinese mercoledì mattina. Già da molti anni, per Pechino, “il limite della cooperazione con la Russia è il cielo” ma a differenza degli oltre 40 incontri bilaterali che si sono succeduti negli ultimi dieci anni tra i due Paesi, oggi Cina e Russia appaiono sempre più vicine, impegnate a ridisegnare un nuovo ordine mondiale utilizzando lo scontro con l’Occidente per la crisi ucraina. In due giorni pieni di incontri Putin e Xi si sono mostrati uniti nel creare “un nuovo modello di relazioni” che supera l’interdipendenza economica e le forniture energetiche e assume tutti gli aspetti di una vera partnership strategica dal carattere globale.
Le nuove ambizioni politiche della Cina
“Stiamo assistendo all’emergere della Cina come attore politico più capace” ha commentato non a caso il Washington Post al termine della visita di Xi Jinping a Mosca. Per anni, afferma il quotidiano americano, l’economia è stata al centro di questo nuovo ‘ordine cinese’ che ha messo in campo “sforzi massicci” compiuti come nel caso della Belt and Road Initiative, sulla base della quale le società statali cinesi investono in grandi progetti infrastrutturali in tutto il mondo dall’Europa all’Africa all’Asia. Ora il dragone cinese mostra nuove ambizioni politiche come dimostra il piano di pace in 12 punti formulato da Pechino per la fine della guerra in Ucraina o come testimonia la mediazione di Pechino per il riavvicinamento tra l’Arabia Saudita e l’Iran.
Cina-Occidente: rapporti già incrinati prima della guerra in Ucraina
Nella capitale russa è andato in scena l’ultimo atto di un asse tra il presidente cinese, Xi Jinping, e il presidente russo, Vladimir Putin, che si è andato rafforzando dal 2013, quando Xi andò a Mosca per la prima volta. Ma Xi è tornato in Russia proprio all’inizio del suo terzo mandato presidenziale che lo ha reso il presidente cinese più potente dai tempi di Mao Zedong. Ma c’è fa dire che le ambizioni egemoniche di Pechino risalgono a ben prima della crisi ucraina. I rapporti di Pechino con l’Occidente erano già critici ai tempi della disputa commerciale e tecnologica con gli Usa e le tensioni su Taiwan mentre aprivano un profondo solco nelle relazioni con Washington si registrava una sintonia sempre maggiore con Mosca.
L’economia al centro dei rapporti Pechino-Mosca
Nei rapporti tra Pechino e Mosca l’economia resta tuttavia il piatto forte nelle relazioni bilaterali. Per l’energia è ancora in vigore il maxi-accordo tra Cnpc e Gazprom da 400 miliardi di dollari, siglato da Cina e Russia durante la visita a Shanghai del presidente russo, Vladimir Putin, nel maggio 2014. Lo scorso anno, quando Putin si recò a Pechino per la cerimonia di apertura delle Olimpiadi invernali, Gazprom e Cnpc siglarono un’intesa per altri dieci miliardi di metri cubi di gas all’anno. Ma entro il 2030, ha detto Putin, la Russia porterà le forniture di gas russo alla Cina a quota 98 miliardi di metri cubi, a cui si aggiungeranno cento milioni di tonnellate di Lng (gas naturale liquefatto). Con la visita di Xi a Mosca sono stati fissati a quota 50 miliardi di metri cubi i livelli della fornitura della “Power of Siberia 2”, la seconda condotta, dopo la prima Power of Siberia, che porta il gas russo in Cina.
Scambi commerciali: nel 2023 si punta a toccare i 200 miliardi di dollari
La Cina, ha spiegato Xi, “attribuisce grande importanza alla costruzione congiunta della Belt and Road”, la Nuova Via della Seta lanciata nel 2013, “e dell’Unione Economica Eurasiatica”, l’iniziativa che comprende Bielorussia, Kazakistan, Russia, Armenia e Kirghizistan. Xi ha anche invitato Putin in Cina nel corso di quest’anno in occasione della terza edizione del Belt and Road Forum, dedicata ai dieci anni dal lancio della
Nuova Via della Seta. Putin ha dichiarato che Russia e Cina coopereranno anche per sviluppare la rotta artica e tra i documenti bilaterali firmati durante la visita di Xi c’è anche quello sulla cooperazione industriale e infrastrutturale nell’estremo Oriente della Federazione Russa.
Se il volume degli scambi tra Cina e Russia è cresciuto del 116% negli ultimi dieci anni per il 2023 si punta a tagliare il traguardo dei duecento miliardi di dollari. Lo scorso anno l’interscambio ha toccato i 190 miliardi di dollari, e nei primi due mesi del 2023 la Russia si è confermata il primo fornitore di greggio alla Cina, davanti all’Arabia Saudita, con un aumento delle forniture del 23,8% anno su anno.
Il “club dei dittatori”
Ma anche sul piano politico Pechino e Mosca sempre sono sempre più vicine essendo entrambe membri della Shanghai Cooperation Organization, il gruppo che comprende anche quattro ex repubbliche sovietiche (Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan e Uzbekistan) e a cui si sono aggiunte India e Pakistan nel 2017, e l’Iran, dallo scorso anno. Un “club dei dittatori” secondo i più critici, ma di fatto un oppositore alla Nato, che Mosca e Pechino vorrebbero espandere nell’Asia-Pacifico.
Xi pronto a giocare un ruolo più attivo nella crisi ucraina
La visita di due giorni di Xi a Mosca che si è conclusa mercoledì 22 marzo, mentre tutto il territorio ucraino è stato oggetto di attacchi russi. Dalla città di Zaporizhzhia a Kiev dove è salito a quattro il bilancio delle vittime dell’attacco russo lanciato con droni nella città di Rzhyshchiv, a sud-est della capitale. Xi Jinping ha confermato la neutralità cinese nel conflitto e la sua disponibilità a fare da mediatore per riaprire il dialogo tra Kiev e Mosca. Secondo Putin il piano cinese potrebbe fungere da base per eventuali accordi con l’Ucraina, “ma solo quando l’occidente sarà pronto” ha specificato. Mosca ha apprezzato la posizione “obiettiva e imparziale” di Pechino, si legge nel comunicato congiunto emesso da Xi e Putin. I colloqui di pace sono la via per la soluzione della crisi, convengono i due leader, che si oppongono, invece, a qualsiasi mossa – compresa l’imposizione di sanzioni, che definiscono “unilaterali” – che possa innalzare le tensioni e prolungare i combattimenti.
Solo un anno fa Xi aveva fatto ricorso a un proverbio cinese per definire la situazione ed ossia che «spetta a chi ha legato il sonaglio al collo della tigre il compito di toglierlo». La tigre essendo Putin e il sonaglio l’allargamento a Est della Nato che avrebbe minato la sicurezza russa. Oggi, rafforzato dal suo terzo mandato, Xi appare meno criptico e sembra pronto a giocare un ruolo molto più diretto nella crisi ucraina.
Guardando a Kiev ma pensando soprattutto a Taiwan.