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Cina e petrolio, due incognite per i mercati in attesa della Fed

I futures indicano per oggi un rimbalzo per le Borse europee ma l’altalena del petrolio e i segnali cinesi non cancellano l’inquietudine dei mercati in vista delle decisioni della Fed di settimana prossima sul rialzo dei tassi – Commodities allo sbando – Dow e Dupont: nozze chimiche da 120 miliardi – La discesa di Rcs non si arresta, in calo anche Mondadori.

Cina e petrolio, due incognite per i mercati in attesa della Fed

A una settimana esatta dall’avvio del meeting della Fed che darà il via all’aumento dei tassi, i mercati fanno i primi conti con la nuova situazione: crollano le materie prime, il petrolio si mantiene sui minimi. Piazza Affari soffre, oltre che per i problemi comuni, anche per le tensioni sul fronte bancario. 

Borse deboli in Asia, nonostante un mini rally dei prezzi del greggio, tornato poco sopra quota 40 dollari nella versione Brent (39,81 il minimo di ieri, ai minimi dal 2009). Il Wti risale sopra i 37 dollari. La Borsa di Tokyo sta perdendo poco meno di 1 punto percentuale, nonostante l’inattesa forte crescita degli ordinativi per le macchine utensili (+10,7%). Giù anche Hong Kong (-0,3%). In terreno positivo Shanghai e Shenzhen.

In calo anche Wall Street: Dow Jones -0,9%, S&P 500 -0,6%. Quasi invariato il Nasdaq -0,07%, impermeabili alla discesa di petrolio e materie prime. 

In sensibile ribasso anche i mercati europei. Ieri a Milano l’indice FtseMib ha terminato la seduta in calo del 2,2%, le Borse di Parigi e Francoforte rispettivamente -1,5% e -1,9%, Londra -1,4%. Sui mercati obbligazionari domina l’attesa per le decisioni della Fed. Il rendimento del decennale italiano sale a 1,57% da 1,558% ieri sera. Lo spread è stabile a 98 punti base.

Stamane è prevista un rimbalzo in apertura per i mercati europei: Londra +20 punti a 6.155, Parigi +9 pb a 4.690, Francoforte +16 pb a 10.689 

DOW E DUPONT: MATRIMONIO CHIMICO DA 120 MILIARDI

Le tensioni sul fronte delle materie prime, a partire dal petrolio, aiutano a spiegare il nuovo affare del secolo che, stavolta, ha investito in settore chimico. Sotto la spinta di hedge e gestori avtivist due gruppi leader Usa, Dow Chemical e Du Pont, hanno deciso di dar vita ad un merger da 120 miliardi di dollari. Ma all’operazione di fusione alla pari (la capitalizzazione dei due gruppi è simile) seguirà lo scorporo delle attività secondo nuove linee di business: petrolchimica, agrobusiness e chimica delle specialità. 

MISTER BITCOIN (FORSE) STA A SIDNEY

Forse il mistero dell’identità di Satoshi Nakamoto, nome d’arte del padre dei bitcoin, sta per essere svelato. Stamane la polizia australiana ha fatto irruzione nella casa di un informatico, Craig Wright, che guida alcune società legate alla moneta virtuale. L’operazione segue la pubblicazione di un’inchiesta di Wired che ha scatenato l’interesse della polizia australiana, a caccia di redditi occultati al fisco.

POPOLARI NEL MIRINO, BTG VENDE I TITOLI MPS

La performance negativa registrata ieri da Milano, fanalino di coda in Europa, è legata in parte alle preoccupazioni sulle banche italiane, le peggiori in una giornata difficile: l’indice Eurostoxx di settore registra -2,2%. Diverse le ragioni di una giornata negativa. Pesa ancora il malumore dei mercati per il costo del Salva Banche, così come la frenata sul fronte dei merger nel settore delle Popolari e la mancata nascita di una o più Bad Bank. 

Intanto il Sole 24 Ore ha dato la notizia che a gennaio gli ispettori del joint supervisory team della Bce, arriveranno nelle sedi delle principali banche popolari italiane per verificare se abbiano concesso, in occasione degli aumenti del 2014, prestiti in cambio dell’acquisto di nuove azioni come si è verificato in Veneto Banca ed alla Popolare di Vicenza.

Tra gli istituti di credito attualmente quotati, cinque hanno portato a termine aumenti di capitale a partire dal 2014: Banco Popolare (ieri-3%), Banca Popolare di Milano ( -2%), Banca Popolare dell’Emilia Romagna ( -1,5%), Creval (-2,6%) e Banca Popolare di Sondrio (invariata). In ribasso anche Ubi Banca (-3,6%) e i big Intesa (-1,8%) e Unicredit (-3,6%). 

Sotto pressione gli istituti ritenuti più fragili: MontePaschi ha perduto l 5,5%. Intanto Btg Pactual, travolta dallo scandalo Petrobras in Brasile, ha ridotto la sua partecipazione a meno dell’1% dall’1,9% nei giorni che hanno seguito l’arresto (il 25 novembre) dell’amministratore delegato André Esteves. Carige perde il 3,4%.

Scendono anche le società del risparmio gestito: Azimut -2,7%. Generali -1,4%: l’agenzia Fitch ha confermato i rating e l’outlook sul settore italiano a stabile sulle attese di una buona tenuta dei livelli di crescita e di redditività delle compagnie nonostante la debolezza nelle Rc auto, la concentrazione di rischi e le pressioni regolamentari.

I PETROLIFERI PROVANO A LIMITARE LE PERDITE

Giornata difficile per il petrolio e, di riflesso, per i petroliferi, nonostante il rimbalzo a fine seduta dei prezzi americani. A Wall Street Chevron ha limitato le perdite all’1%, contro -2,5% in avvio di seduta. Exxon-Mobil -2,8%. Nel segmento delle società dei servizi ai produttori di petrolio, rimbalzano Schlumberger (-0,5%, da -3%) e Halliburton (in rialzo dello 0,3%). 

L’indice Eurostoxx Oil & Gas europeo ha limitato le perdite all’1,2%, recuperando circa un punto e mezzo dai minimi intraday. Piazza Affari ha approfittato solo in parte dell’inversione di tendenza: Eni è scesa del 2,5%, Saipem -2,5%, Tenaris -1,5%. 

COMMODITIES ALLO SBANDO: ANGLO AMERICAN -12%

Più fragoroso il tonfo dei titoli minerari, trascinati all’ingiù dal calo dell’import cinese di materie prime. A Londra Anglo American ha perduto ieri il 12%, a 332 pence, minimo della sua storia: la società ha annunciato un drastico piano di taglio costi che prevede l’eliminazione di 85mila posti di lavoro (oggi i dipendenti sono 135mila). Sarà sospeso il pagamento del dividendo e saranno vendute attività per un totale di 4 miliardi di dollari, mentre il vecchio piano prevedeva di venderne per 3 miliardi. 

Il crollo ha coinvolto gli altri Big: Glencore -6%, RioTinto -7,9%. ArcelorMittal, il primo produttore al mondo di acciaio, segna ad Amsterdam un ribasso del 4,7%.

IN ROSSO TUTTE LE BLUE CHIPS: TELECOM -2,3%

Netto ribasso di Telecom Italia (-2,3%). La notizia di oggi è che la banca americana JP Morgan ha una partecipazione potenziale del 10,1%, costruita con opzioni call. L’interrogativo è se parte di queste opzioni siano da riferirsi alla partecipazione potenziale del 15% del francese Xavier Niel. L’assemblea degli azionisti sarà fra una settimana, martedì prossimo 15 dicembre.

Mediaset-2,6%. Enel arretra del 2,3%. Deboli gli industriali: Fiat Chrysler arretra del 2,1%, in forte ribasso anche Stm (-3,4%) e Finmeccanica (-2,7%). Buzzi perde il 3%. Enel arretra del 2,3%. 

IL LUSSO TORNA A SOFFRIRE IL MAL DI CINA 

Tornano a soffrire tutti i titoli del lusso: Moncler -4,2%, Ferragamo -3,3%, Luxottica -2,7%, Yoox -3%. Un report degli analisti di Barclays ha evidenziato che i consumatori cinesi hanno contribuito per circa i due terzi alla crescita del settore del lusso negli ultimi dieci anni, così i timori di un rallentamento hanno portato volatilità sui prezzi del comparto. Gli analisti, comunque, dopo un viaggio in Cina restano fiduciosi sulla crescita di lungo termine.

RCS, LA DISCESA NON SI FERMA. GIU ANCHE MONDADORI 

Rcs -2,10%: si è trattato del sesto ribasso di seguito per per il titolo che aggiorna il minimo record facendo segnare un prezzo di 0,49 euro. Il titolo perde il 48% da inizio anno. La caduta ha ridotto la capitalizzazione di Borsa a meno di 250 milioni di euro. A impensierire gli investitori è la fragilità dei conti del gruppo e il conseguente timore che sia necessario procedere con un aumento di capitale per rafforzarli. In forte calo anche Mondadori (-6,3%).

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