Xi Jinping lo aveva detto. Per contrastare i dazi imposti da Trump non serve imporre controdazi: nella sua cassetta degli attrezzi ha ben altre armi in grado di rispondere all’aggressività commerciale del presidente Usa e certamente una di queste è il blocco delle forniture di diversi materiali critici, tra cui alcune terre rare. Un tema che va diretto al cuore di Trump, così ansioso di accaparrarsi quei materiali fondamentali per l’industria Usa che vorrebbe rendere indipendente da tutti gli altri. Da qui quel protervo interesse per la Groelandia e per certe aree dell’Ucraina. Trump ha anche già invocato poteri di emergenza per aumentare la capacità degli Stati Uniti di produrre minerali essenziali. Secondo il Financial Times, l’amministrazione del presidente statunitense Donald Trump sta anche pianificando un ordine esecutivo per consentire l’accumulo di metalli essenziali dai fondali marini del Pacifico.
Cina, stop alle consegne di nuovi aerei Boeing
Ma non è tutto. Nelle ultime ore Pechino ha anche ordinato alle sue compagnie aeree di non accettare ulteriori consegne di jet Boeing, sempre nell’ambito della guerra commerciale “occhio per occhio” che ha visto il presidente americano Donald Trump imporre dazi fino al 145% su tutto l’import di beni made in China. La notizia, riportata da Bloomberg citando fonti vicine al dossier, ha subito fatto il giro del mondo. Pechino ha anche chiesto alle compagnie aeree mandarine “di sospendere qualsiasi acquisto di attrezzature e componenti aeronautici da aziende statunitensi”.
La cassetta degli attrezzi di Xi Jinping per rispondere a Trump
Seguendo il filo rosso che lega i provvedimenti del goveno cinese in controffensiva alla guerra commerciale avviata da Trump, che vanno dalle agevolazioni e stimoli interni, a una progressiva svalutazione dello yuan, a nuovi allacci commerciali con Vietnam, Malesia e Cambogia, ma anche con l’Unione Europea, l’arma delle terre rare è tra le più devastanti perchè va a deflagrare su ampie zone di produzione nel mondo: dalle componenti per l’industria bellica, elettronica, automobilistica, aerospaziale, colpendo droni, robot, missili, ma anche i semiconduttori utilizzati nei server per l’intelligenza artificiale fino agli smartphone.
La Cina sa benissimo di essere di gran lunga il maggiore fornitore mondiale di questi minerali, che comprendono 17 elementi della tavola periodica. Ma di più: non è solo questione di avere i giacimenti, ma anche quella di estrarre e lavorare i materiali, il che comporta un grande impegno in termini di mano d’opera, investimenti e impatto ambientale. Insomma, un lavoro sporco che un po’ tutto l’Occidente, Usa compresi, hanno finora lasciato fare volentieri ai cinesi. La Cina controlla il 60% dell’estrazione mondiale ma soprattutto il 90% della raffinazione, rappresentando una potenziale arma geopolitica. Pechino aveva già introdotto restrizioni simili su altri minerali critici, come gallio, germanio, grafite e antimonio, negli ultimi due anni, a fronte delle crescenti tensioni commerciali.
Ora gli equilibri sono saltati. Pechino, ha riferito il New York Times, sta ora lavorando alla messa a punto di un nuovo sistema regolamentare che, una volta entrato in vigore, potrebbe tagliare fuori alcune aziende, tra cui gli appaltatori militari americani. Intanto le navi container che dovevano spedirne in questi giorni le consuete quantità restano ferme nei porti cinesi. Se il blocco proseguirà, nel giro di due o tre mesi per le industrie americane si troveranno nei guai, viste le limitate alternative a disposizione. I nuovi controlli sulle esportazioni non costituiscono un divieto assoluto, almeno per ora, ma implicano che qualsiasi spedizione all’estero sarà soggetta a controlli più rigorosi per stabilire chi acquista e perché. E si è già visto che altri metalli hanno subito un crollo dei volumi di esportazione a zero dopo l’introduzione dei controlli, perchè gli esportatori hanno bisogno di tempo per ottenere la certificazione.
Nella sua guerra commerciale, Trump lo scorso 9 aprile ha annunciato una pausa di 90 giorni su gran parte del suo programma tariffario “reciproco”, ma ha raddoppiato sulla Cina, aumentando la nuova imposta sulle sue importazioni fino al 145%. La Cina ha risposto aumentando i suoi nuovi dazi sulle spedizioni dall’America al 125% a partire dal 12 aprile e ha affermato che non adeguerà ulteriori aumenti annunciati da Washington perché i numeri crescenti dell’amministrazione Trump sono “diventati una barzelletta”.
L’elenco delle terre rare annunciato include samario, gadolinio, terbio, disprosio, lutezio, scandio e ittrio. Tuttavia, due dei più comuni – neodimio e praseodimio – non sono stati inclusi. Vengono utilizzati in potenti magneti, una delle applicazioni più note per le terre rare. “A differenza delle sette terre rare selezionate, queste sono più facilmente reperibili al di fuori della Cina, il che potrebbe rendere meno impattanti eventuali controlli”, ha detto David Abraham, professore affiliato alla Boise State University in Idaho, come riporta Bloomberg. “Potrebbero essere state escluse per preservare la possibilità di controlli futuri”.
Pechino a Ue: “Difendiamo insieme regole commercio globale”
Pechino si muove anche su altri terreni, diversi da quelli dei dazi. Per esempio la Cina si è detta pronta a rafforzare la cooperazione con l’Unione Europea e con il resto della comunità internazionale per difendere “le regole del commercio internazionale, l’equità e la giustizia”, come ha detto il portavoce del ministero degli Esteri cinese, Lin Jian, rispondendo in conferenza stampa a una domanda sulle consultazioni in corso tra Pechino e Bruxelles in merito ai dazi aggiuntivi imposti dagli Stati Uniti. Lin ha criticato l’approccio di Washington, accusandolo di mettere in pericolo la stabilità globale. “Gli Stati Uniti usano i dazi come arma per esercitare la massima pressione e ottenere vantaggi egoistici, mettendo i propri interessi al di sopra del bene pubblico della comunità internazionale – ha affermato – Questa è una tipica manifestazione di unilateralismo, protezionismo e bullismo economico, che danneggia gravemente gli interessi della Cina, dell’Ue e del resto del mondo”.
Secondo Lin, la Cina e l’Unione Europea, in quanto seconda e terza economia mondiale, “rappresentano insieme oltre un terzo dell’economia globale e più di un quarto del commercio globale” e condividono lo stesso approccio al commercio internazionale: “Entrambe le parti sono sostenitrici della globalizzazione economica e della liberalizzazione commerciale, nonché ferme difensori e sostenitrici del Wto”.
“La leadership dell’Ue ha sottolineato l’importanza vitale della stabilità e della certezza per una sana economia globale – ha aggiunto Lin – Cina e Ue sono impegnate a favore di un sistema commerciale multilaterale equo, libero e centrato sul Wto, e di uno sviluppo sano e stabile del commercio e delle relazioni economiche globali, che è nell’interesse di entrambe le parti e del resto del mondo”.
Solvay potrà tornare a lavorare le terre rare e soddisfare il 30% della domanda europea
Intanto si fa avanti il Gruppo chimico Solvay che ha annunciato di voler riprendere la lavorazione delle terre rare che aveva in passato, per far fronte a eventuali barriere della Cina anche in Europa. L’azienda punta a soddisfare il 30% della domanda europea di terre rare lavorate per magneti entro il 2030. Il suo stabilimento di La Rochelle, sulla costa atlantica francese, era un tempo tra i più grandi al mondo. “Ciò che sta accadendo è un incentivo allo sviluppo di queste catene del valore regionali”, ha dichiarato a Reuters l’amministratore delegato Philippe Kehren in occasione del lancio dell’ampliamento dello stabilimento di 77 anni a La Rochelle. “Il problema non è la capacità produttiva. Possiamo adattarci alle esigenze”, ha affermato An Nuyttens, presidente della divisione di Solvay che produce terre rare. “Le case automobilistiche, i produttori di turbine eoliche, sono loro gli attori che faranno in modo che tutto questo accada o meno.” La produzione finale potrebbe variare dalle 2.000 alle 5.000 tonnellate di ossidi di terre rare, ma Solvay non prevede di proseguire nella filiera di lavorazione per produrre metalli, leghe o magneti di terre rare, ha aggiunto.
Xi corteggia il Vietnam, firmati 45 accordi
L’altro terreno su cui si sta muovendo la Cina è quello dei paesi a lei più vicini, quello che nooi chiamiamo dell’Estremo Oriente. Intanto 45 accordi di cooperazione sono stati firmati da Cina e Vietnam all’inizio del tour nel Sudest asiatico di Xi Jinping, che nei prossimi giorni andrà anche in Malaysia e Vietnam. L’obiettivo della Cina è di arrivare prima di Trump in quei paesi e rafforzare le relazioni commerciali per compensare l’impatto dei dazi. Xi ha incontrato il segretario generale del Partito comunista del Vietnam, To Lam. Gli accordi di cooperazione siglati spaziano dal settore dell’intelligenza artificiale a quello delle ferrovie, dalle catene di approvvigionamento ai pattugliamenti marittimi congiunti. Intese firmate nonostante le dispute territoriali nel Mar cinese meridionale.
Per Xi, Vietnam e Cina sono di fronte a “una svolta” nella loro storia e devono “andare avanti mano nella mano”. E Lam ha assicurato che il Vietnam è “sempre pronto a collaborare con la Cina” per far sì che la cooperazione fra i due Paesi sia “sostanziale, equilibrata e duratura”.