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Cina, così Xi frena i tycoon: da Jack Ma a Zhang, ai Big del Web

Imagoeconomica

Non è ancora il colpo di grazia, ma poco ci manca. Il 15 giugno le azioni di Suning, la conglomerata che tra le altre cose controlla l’Inter e la squadra cinese dello Jiangsu nonché la più importante rete di vendita degli elettrodomestici in Cina, sono state sospese dalla Borsa di Shenzhen. E’ la conferma delle difficoltà finanziarie del gruppo, cui fa capo anche la catena di supermercati Carrefour, un colosso che vanta azionisti del calibro di Jack Ma, il tycoon di Alibaba, che a fine del terzo trimestre dello scorso anno accusava un debito pari a 6,6 miliardi di dollari, per due terzi in obbligazioni a breve termine.

Una situazione ad alto rischio che, verosimilmente, è andata peggiorando negli ultimi  mesi, a mano a mano che gli ispettori di Pechino hanno scavato nei rapporto tra Zhang, il proprietario del gruppo, la Huarong finanziaria specializzata nella gestione di prestiti ad alto rischio e l’immobiliare Evergrande, il gigante del mattone che da mesi aspetta invano l’autorizzazione alla quotazione in Borsa, da cui potrebbero arrivare gli yuan necessari per rimpolpare le casse di Suning, in grave crisi di vendita sia online che nella sterminata rete di negozi distribuita nell’intera Repubblica Popolare. Ma il via libera delle autorità di Borsa tarda. Anzi, in sua vece sono arrivati gli ispettori del ministero e le indagini della Procura tese ad accertare i legami tra Huarong, Evergrande e Zhang, fresco di scudetto nerazzurro.

Il successo nel calcio sembrava un lasciapassare a prova di bomba nella Cina di Xi Jingping, grande appassionato di soccer con l’obiettivo di organizzare il Mondiale nel 2030, in tempo per allestire una squadra vincente. Ma anche nel Celeste Impero le cose possono cambiare in fretta, come spiega sul Financial Times un esperto, Bruce Chadwick, della Emlyon School. “L’obiettivo di Xi rimane lo stesso. Ma il presidente ha cambiato strategia: non si passa più dai successi dei singoli uomini d’affari motivati da ragioni commerciali. Semmai si intende far leva sui voti dei Paesi in cui la Cina ha creato le infrastrutture, stadi compresi”.  Di qui una stretta sugli investimenti effettuati in giro per l’Europa dai vari tycoon, dall’Atletico Madrid all’Aston Villa.

La parabola di Zhang, che ha già dovuto rinunciare all’esclusiva in streaming della Premier League sul mercato cinese, è la punta dell’iceberg dell’orientamento più recente del gigante dell’economia mondiale. Dopo i siluri nei confronti di Jack Ma, in pratica ridotto al silenzio dopo aver sfidato le grandi banche di Stato, è arrivato in questi giorni il monito ad un altro grande della new economy cinese: Wang Xing, presidente di Meituan, gigante della distribuzione alimentare, è stato in pratica ridotto agli arresti domiciliari per aver ripubblicato un poema classico sulla persecuzione degli intellettuali messi a tacere da funzionari illetterati. Un richiamo evidente alle indagini avviate da aprile contro la piattaforma Internet, la terza in ordine di importanza dietro Alibaba e Tencent.

Il partito, alla vigilia delle celebrazioni per il centenario dalla fondazione nel quartiere francese di Shanghai, stringe le fila. E ne fanno le spese i Big privati in un momento in cui Pechino, dopo la ripresa ruspante dopo il Covid-19, tende a stringere le briglie ed evitare che inflazione e debiti facciano deragliare la macchina da guerra pronta a sfidare a 360 gradi l’egemonia americana.  Di qui la frenata negli acquisti di materie prime, petrolio ma anche rame, condizionata dai numerosi colli di bottiglia della logistica, specie il collasso del porto di Yantian, sbocco quasi insostituibile per l’hi-tech Usa. La tendenza per ora non influisce più di tanto sull’indice di Borsa (+25% rispetto a 12 mesi fa) o sullo yuan, sostenuto dagli acquisti dei fondi monetari, allettati da rendimenti ben più generosi di quelli dei T- bond Usa.

Ma così la Cina si allontana di giorno in giorno dalla globalizzazione. Nonostante la resistenza di Apple Daily, il quotidiano oggi in edicola ad Hong Kong nonostante l’arresto di buona parte della redazione: 600 mila copie vendute stamane.   

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