L’ultima ad esporsi è stata Hsbc, la banca anglo-cinese sempre più cinese. Il Congresso del Partito Comunista in Cina si apre domenica e Hsbc ha pubblicato un report assai positivo sulle prospettive della Borsa cinese: le valutazioni dei titoli sono a forte sconto, si legge, condizionate dalle misure di contenimento del Covid-19. Ma presto l’economia ripartirà, si assicura, grazie agli stimoli che verranno immessi nel sistema che, a differenza dell’Occidente, non ha grossi problemi di inflazione.
Si apre il Congresso del Partito Comunista in Cina: gestori positivi sulle prospettive di Borsa
Giudizi più o meno simili sono arrivati nei giorni scorsi da altri gestori. Da Comgest a Ubs, per fare qualche nome, si allunga la fila di chi consiglia di puntare un chip sui mercati della grande Cina, in attesa che la Fed e la Bce allentino la morsa sui mercati occidentali. Del resto, nota Davis Soh di Rbc, la legge dei grandi numeri gioca a favore dell’ingresso delle azioni cinesi A share negli indici dei grandi fondi internazionali, Msci in testa. Un’evoluzione scontata dopo il lancio di Stock Connect, il programma che ha collegato gli investitori internazionali con i mercati cinesi onshore di Shanghai e Shenzhen attraverso Hong Kong.
La frenata dell’economia smentisce l’ottimismo dei gestori
Peccato che stavolta, e non è la sola volta, gli auspici dei gestori non trovano riscontro sui mercati. Anzi. Alla vigilia dell’apertura domenica del Congresso del centenario del Partito Comunista la Borsa di Hong Kong accusa un ribasso decennale, a conferma delle difficoltà del listino/vetrina della tecnologia made in China. Va meglio, ma non troppo, all’indice Csi 300 di Shanghai e Shenzhen, zavorrato dai problemi del settore immobiliare nonché della guerra al Covid, ovvero dalla frenata dell’economia che quest’anno si fermerà assai al di sotto del 5,5%, già promesso a fine estate, dato comunque deludente per la seconda economia del pianeta.
Tre spine per Xi Jinping: la crisi Evergrande in Cina
Le previsioni, insomma, sono state abbondantemente smentite. In economia, ma non solo. Gli esperti in questi mesi hanno invano cercato invano di individuare una chiave per capire le scelte del gigante in per venir fuori dalla trappola della crisi di Evergrande, con un settore che pesa per il 30% del Pil. Ma finora gli interventi sono stati modesti: soffre il mercato dei bond così come la finanza locale che dipendeva quasi solo dai permessi di costruzione; sale la protesta delle migliaia e migliaia di piccoli proprietari che hanno versato anticipi per alloggi rimasti a metà. In almeno 320 casi, i cittadini si sono rifiutati di pagare le rate per un appartamento che non abiteranno forse mai. Nemmeno l’avvicinarsi del Congresso ha permesso di trovare una soluzione a questo e ad altri problemi che sembrano ormai incancreniti.
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Xi Jinping e il Congresso del Partito Comunista: epidemia Covid sempre in agguato
A quarantotto ore dall’apertura dell’assise, scrive Le Monde, non è ancora chiaro se i 2.296 delegati al Congresso indosseranno o meno una mascherina anti-Covid. Logica vorrebbe che sì, la Cina resta come chiesto dal presidente Xi JingPing, il Paese della tolleranza zero. Ma l’obiettivo di sgominare l’epidemia prima del Congresso è stato clamorosamente fallito. E la Cina deve osservare con amarezza che i Paesi che hanno adottato tecniche e terapie all’occidentale, vedi il Vietnam (+7,2% il Pil di settembre), hanno largamente approfittato della svolta di Xi che, in contraddizione con quanto fatto da Deng Xiao Ping in poi, ha ridimensionato la spinta dei privati a vantaggio dei colossi di Stato.
Presidente Xi verso il terzo mandato ma i nodi vengono al pettine
Difficile che questo, come altri nodi, possa complicare l’ascesa all’empireo del presidente Xi avviato ad una riconferma trionfale ai vertici del Partito Comunista in Cina per il suo terzo mandato. Ma, al di sotto della vernice ufficiale, come sempre le novità vere si nasconderanno nei dettagli, ovvero nel rinnovo delle cariche e delle carriere dell’immenso apparato della seconda potenza economica del mondo. Tra Shanghai, Shenzhen e Pechino, ad esempio, circola in queste ore una profonda inquietudine a fronte dell’ultimo blitz della Casa Bianca. Joe Biden ha deciso di cancellare la cittadinanza e/o revocare permesso di soggiorno (nonché il diritto a comprare immobili in Usa) a coloro che intendono cedere il licensing su una larga selezione di chip sviluppati con il contributo della ricerca americana: un buon modo per colpire migliaia di tecnici cinesi che vantano una laurea ed un Ph.d negli States e non intendono rinunciare alle doppie relazioni. Un caso particolare, certo, ma che ben sottolinea il distacco crescente tra nomenklatura rossa e la generazione di Jack Ma, il campione della Cina di Alibaba e Tencent.
Queste e mille altre questioni saranno al centro del confronto tra i delegati di piazza Tien An Men. Anche se una cosa sola sembra certa: ben poco del dibattito vero filtrerà all’esterno. Del resto, la storia è appena cominciata, come testimonia l’immenso museo del Partito edificato davanti allo stadio olimpico: il primo piano è dedicato alla vittoria della rivoluzione dal 1921 al 1949; il secondo alla vita della Repubblica Popolare da Mao in poi. Ma il terzo piano, 147 mila metri quarti, per ora è vuoto: toccherà a Xi, il nuovo imperatore, riempirlo di contenuti.