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Cina, anche Jp Morgan cambia rotta sulle Borse del Dragone: deludente la situazione economica. Dubbi sul target del Pil

Pixabay

La barca fa acqua, meglio prendere il largo. La Cina continua a mandare segnali di un’economia in difficoltà e le borse sono in calo: anche Jp Morgan ha deciso di gettare la spugna e di abbandonare la sua raccomandazione di acquisto di azioni cinesi.

Jp Morgan Chase & Co. ha citato in particolare l’elevata volatilità intorno alle prossime elezioni statunitensi, oltre ai venti contrari alla crescita e al tiepido supporto politico, ha così declassato la Cina da “overweight” a “neutral”, hanno scritto in una nota gli analisti della banca staunitense guidati da Pedro Martins. JPMorgan si unisce a un coro crescente di broker che hanno abbassato le aspettative per il mercato azionario cinese e segue mosse simili di ex rialzisti come UBS Global Wealth Management e Nomura Holdings nelle ultime settimane.

L’indice CSI 300, l’indice del mercato azionario ponderato con i 300 principali titoli negoziati alla Borsa di Shanghai e alla Borsa di Shenzhen, si muove intorno alla parità oggi, ma da inizio anno ha perso il 5,6%, una delle peggiori performance a livello mondiale.

I timori per il Pil: analisti dubbiosi sul target del 5%

La scorsa settimana l’indice Pmi manifatturiero ha mostrato ad agosto un calo a 49,1, a fronte del 49,4 di luglio e del 49,5 atteso dagli analisti. Si tratta, in base ai dati dell’Ufficio nazionale di statistica, del quarto mese di fila di contrazione del ciclo sotto quota 50 e del livello più basso da febbraio 2024, a conferma delle persistenti difficoltà dell’economia cinese, incapace di rafforzare la ripresa tra consumi deboli, rischi di deflazione e crisi del mercato immobiliare. L’analista della NBS, Zhao Qinghe ha attribuito l’ultima contrazione alle alte temperature, alle forti piogge e al rallentamento stagionale della produzione in alcuni settori. Quanto ai servizi, invece, l’indice Pmi non manifatturiero si è rafforzato a 50,3 dai minimi degli ultimi 8 mesi di luglio (50,2), battendo le stime della vigilia di 50.

Ma preoccupa il dato sul Pil: nel secondo trimestre è crollato al 4,7%, dopo il 5,3% del trimestre precedente, sotto il 5,1% del consensus. La produzione industriale, parallelamente, ha dato segni di rallentamento, attestandosi a giugno al 5,3% dal 5,6% precedente, anche se n questo caso il dato è risultato superiore alle attese (+4,9%). Dati decisamente deboli, che asciano presupporre il lancio di ulteriori stimoli fiscali da parte del governo e di un allentamento della politica monetaria da parte della People Bank of China.

Intanto sono sempre più gli analisti che temono che Pechino non riesca a raggiungere l’obiettivo ufficiale di una crescita al 5%. Già lo scorso anno la Cina ha mancato l’obiettivo di crescita annuale nel 2022, arrivando al 5,2%, quando i lockdown per il Covid e i cambiamenti di politica improvvisi hanno reso quell’obiettivo irraggiungibile.

Il peso dei dazi sull’economia cinese

“Il potenziale per un’altra guerra commerciale tra Washington e Pechino potrebbe pesare sulle azioni,” scrive ancora JP Morgan, “mentre le mosse della Cina per sollevarsi dalla sua crisi economica rimangono deludenti. L’impatto di una potenziale “Guerra tariffaria 2.0″, con tariffe in aumento dal 20% al 60%, potrebbe essere più significativo della prima guerra tariffaria”, hanno scritto gli analisti. “Ci aspettiamo che la crescita a lungo termine della Cina tenda a diminuire strutturalmente a causa dello spostamento della catena di approvvigionamento, dell’espansione dei conflitti USA-Cina e dei continui problemi interni”. Nei giorni scorsi anche il Canada ha annunciato dazi del 100% sui veicoli elettrici made in China, sulla scia dell’identica decisione presa dagli Stati Uniti, e, in misura ridotta, dall’Unione Europea.

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