Niente da dire: la Cina è tornata e promette di trainare la ripresa globale, più e meglio della locomotiva Usa, imballata dalla lotta all’inflazione, sotto la minaccia di una possibile recessione. E’ quanto si ricava a legger le previsioni del Fondo Monetario: se il mondo continuerà a crescere nel 2023 il merito sarà della Cina +5%, preceduta solo dall’India (+5,9%). L’Europa, nel migliore dei casi, mostrerà percentuali da prefisso telefonico in linea con gli Usa.
Cina e crescita: si muovono i grandi gestori
Ad annusare il clima prima di tutti sono stati i grandi gestori del denaro. Non a caso il mese di marzo si è chiuso con investimenti netti stranieri sulle Borse cinesi per 35,4 miliardi di yuan, in forte crescita dai 9,2 miliardi di yuan di febbraio, dati che portano il totale del primo trimestre al livello record di 186 miliardi di yuan (27 miliardi di dollari). Dall’inizio dell’anno l’indice CSI 300 è salito del 5,4%, compresso prima dalle ultime battute della politica anti-pandemia, poi dai venti di guerra su Taiwan. Ma le minacce geopolitiche non hanno impedito il balzo a due cifre dell’export (+14%) che in settimana ha riportato alla ribalta la forza dell’industria cinese, che resta la vera fabbrica del mondo nonostante i venti anti-global. Certo, in parte la ripresa può essere collegata alla ricostituzione delle scorte oltre che alla scelta di drogare l’economia con una pioggia di aiuti. Ma la lista dei beni esportati testimonia una forte crescita dei pannelli solari, indispensabili per sostenere lr politiche ambientali dell’Occidente, che ha colpevolmente permesso alla Cina di conquistare in pratica il monopolio del mercato. E lo stesso minaccia di avvenire sul fronte delle auto elettriche. A partire dalla supremazia cinese sul fronte delle batterie al litio nonché su quello della disponibilità delle terre rare, vero tallone d’Achille dei gruppi occidentali a quattro ruote.
Cina: al Salone di Shanghai arrivano le batterie al sodio. Una rivoluzione?
Anzi, la prossima settimana, al salone di Shanghai, il colosso delle batterie Catl promette di presentare un’altra novità rivoluzionaria: la batteria al sodio, che promette di stoccare almeno il doppio dell’energia di una assai più costosa batteria al litio. Il nuovo prodotto, più ingombrante, avrà un impatto modesto sul mercato delle auto elettriche, ma promette di rivoluzionare l’intera geografia degli accumuli di energia eolica e solare. Sarà assai più facile e conveniente immagazzinare i volt ricavati dal sole e dal vento per poi immetterli al momento voluto nella rete. Un primato cinese maturato nei grandi laboratori di Changsha, dove si trovano anche i centri di ricerca della compagnia chimica tedesca BASF che in settimana ha annunciato nuovi investimenti per 11 miliardi di euro nella Repubblica Popolare, ormai un centro di sviluppo nel futuro della mobilità unico al mondo, come attestano i recenti accordi con la Tesla di Elon Musk. La lunga marcia dell’auto elettrica cinese, avviata all’inizio del millennio quando il partito decise di puntare da zero ad una tecnologia più “facile”, nella convinzione che sarebbe stato impossibile inseguire tedeschi e giapponesi nei motori a combustione, ha consentito un grande salto di qualità reso possibile da piani di sviluppo imposti dal governo alla faccia del mercato.
Cina: l’embargo sui chip pesa sulla difesa, ma….
Certo, sullo sviluppo cinese pesa l’embargo dell’Occidente sui chips più evoluti, necessari per sviluppare la macchina bellica nonché il calcolo quantistico. Ma la leadership nelle batterie è altrettanto importante per la transizione ecologica, la chiave con cui interpretare l’avvicinamento a tappe forzate della repubblica cinese alle casseforti del gas e del petrolio del Medio Oriente. Sia Usa che Cina rischiano peraltro di pagare un alto prezzo sull’altare della competizione per la leadership assoluta: la frammentazione del commercio globale dovuta allo scontro tra le due superpotenze può costare a lungo termine, secondo il Fondo, il 7% del Pil globale.
….il rilancio del Drago interessa settori-chiave, lusso in testa
Per ora, però, si è realizzata una convergenza di interessi tra settori interessati al rilancio del Drago (prima fra tutti l’industria del lusso), il governo di Pechino, intenzionato a rilanciare l’economia del Paese dopo la pesante frenata per il Covid, e gli investitori internazionali che puntano sempre di più sulla Cina per diversificare geograficamente gli investimenti rispetto a Usa ed Europa, dove salgono i rischi di recessione e di crisi bancarie come conseguenza dell’impennata dei tassi di interesse.
Goldman Sachs si aspetta un rialzo del 24% della Borsa cinese
Goldman Sachs, in particolare, si aspetta che nel 2023 la Borsa cinese metta a segno un rialzo del 24% grazie alla forte ripresa dell’economia nazionale dopo le restrizioni della politica dello zero-Covid. Kinger Lau, il Chief China equity strategist della banca newyorchese, ha recentemente scritto che gli ultimi dati sull’attività industriale e sui livelli dei consumi mostrano “chiari segni di normalizzazione dell’attività, anche se da livelli molto bassi”. Per Goldman Sachs il Pil cinese crescerà quest’anno del 5,5% con punte del 9% e del 7% nel secondo e nel terzo trimestre. L’impulso alla crescita, si legge nel report della banca, verrà dai consumi interni fortemente depressi negli anni della pandemia. Le famiglie cinesi hanno accumulato complessivamente un eccesso di risparmio di oltre 3.000 miliardi di yuan, pari a 437 miliardi di dollari.
Anche per Carmignac, società francese di gestione patrimoniale, dopo due anni difficili il 2023 è l’anno della ripresa, un anno promettente per gli investitori in Cina. Su cinque fattori di rischio che gravavano sulle azioni cinesi nel 2021 e 2022 (verifiche normative rigorose, crisi immobiliare, politica zero-Covid, politiche locali, tensioni tra Cina e Stati Uniti), quattro si sono in larga misura risolti ora che Pechino ha posto fine al giro di vite normativo decidendo anche di sostenere il settore privato, compresi i colossi internet e i costruttori immobiliari.
Restano le tensioni tra i due Big, Usa e Cina, in forte crescita nonostante i solidi legami tra le due economie che lasciano sperare in un’evoluzione pacifica delle tensioni che investono anche l’Italia che presto dovrà decidere la sorte della partecipazione alla Via della Seta, improvvidamente imboccata ai tempi del governo giallo verde.
Nel frattempo, non è da escludere l’idea di puntare un chip su un mercato che conta su una capitalizzazione di oltre 19mila miliardi di dollari, con un rapporto prezzo/utili di 11 volte, più basso della media dei mercati globali (attorno a 15). Anche perché, sostiene Carmignac, la maggior parte delle società cinesi ha tagliato i costi negli ultimi tre anni, quindi la crescita del fatturato dovrebbe tramutarsi in un aumento degli utili 2023.