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Cile e Colombia, la crescita accelera a suon di riforme

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Secondo un recente Focus Atradius, l’economia cilena continua a dipendere fortemente dall’esportazione di rame (oltre il 40% del totale export e il 10% del PIL) e dalla relativa domanda cinese. Tuttavia, la dipendenza delle entrate pubbliche dai proventi del rame è diminuita da oltre il 25% a circa il 10% e la diversificazione delle destinazioni dei flussi commerciali ha attenuato i rischi. In questo conteso, il settore dei servizi ora rappresenta oltre il 60% del PIL. Dal secondo semestre del 2017, inoltre, la crescita economica si è ripresa dai bassi prezzi delle materie prime, dagli scioperi nel settore minerario e dall’indebolimento della domanda interna. Ecco allora che nel corso del biennio 2018-19 la crescita del PIL dovrebbe accelerare (+3,1%) grazie a un contesto esterno più favorevole (aumento dei prezzi del rame e della domanda di materie prime), all’impatto dell’allentamento della politica monetaria dello scorso anno e al miglioramento della fiducia di imprese e consumatori. Ma, mentre il settore dei prodotti di base cileno potrebbe trarre beneficio da grandi progetti infrastrutturali negli USA, l’economia potrebbe essere colpita da eventuali politiche protezionistiche in materia di scambi commerciali, sia direttamente dall’attuale amministrazione statunitense che indirettamente, in seguito di un potenziale rallentamento degli scambi con mercati asiatici, Brasile e Messico. 

Nonostante ciò, la resistenza agli shock dell’economia rimane forte, date le prudenti politiche macroeconomiche e finanziarie: il tasso di cambio flessibile si è dimostrato un ammortizzatore efficace in caso di shock, utile a mitigare l’impatto degli esigui prezzi del rame e della debole domanda esterna sulle partite correnti cilene. Il debito estero è sostenibile (stimato a circa il 60% del PIL nel 2018-19) e la liquidità rimane sufficiente con oltre sei mesi di copertura delle importazioni, sostenuta anche da un fondo sovrano che ammonta attualmente a 24 miliardi di dollari, pari al 9% del PIL. Il Cile ha una normativa di bilancio che fissa un obiettivo di avanzo strutturale, dando tuttavia spazio a politiche di stimolo a breve termine. E sebbene il debito pubblico sia aumentato negli ultimi anni, la sua struttura rimane a basso rischio: buona parte è denominata in pesos (82%) e detenuta a livello nazionale (80%, ovvero fondi pensione), il che riduce i rischi di cambio e di rifinanziamento. A detta degli analisti il contesto imprenditoriale cileno è uno dei migliori della regione e il governo locale continua a stimolare gli investimenti esteri. Inoltre, la buona accessibilità dei capitali esteri e nazionali per le imprese locali riduce i rischi di rifinanziamento. Il settore bancario cileno è solido, ben regolamentato e sufficientemente capitalizzato, caratterizzato da un tasso contenuto di prestiti in sofferenza (circa il 2% in media). Il livello di liquidità è buono, tuttavia un rapporto prestiti/depositi relativamente elevato, superiore al 115%, rende il settore bancario vulnerabile ai cambiamenti del clima di mercato. 

Allo stesso tempo, in Colombia a partire dalla seconda metà del 2017 la crescita economica ha ricominciato ad accelerare (+1,8%), grazie a un contesto esterno più favorevole (aumento dei prezzi del petrolio e delle materie prime) e agli effetti degli stimoli della politica monetaria. I consumi privati, gli investimenti e la produzione industriale hanno ripreso a crescere e gli analisti prevedono un aumento del PIL di circa il 2,5% nel 2018. Inoltre, dallo scorso anno l’inflazione è in diminuzione e dovrebbe scendere ulteriormente nel corso di quest’anno, offrendo alla Banca Centrale un maggiore margine di manovra per abbassare ulteriormente i tassi di interesse in modo da sostenere l’espansione economica. 

Il Focus Atradius dedicato al Paese sudamericano mostra come negli ultimi anni sane politiche economiche abbiano contribuito a un incremento della capacità reddituale e della resilienza economica: le riforme fiscali del 2016, con un aumento dell’IVA dal 16% al 19% e una semplificazione del regime fiscale, mostrano sempre più i loro effetti. La maggior parte del debito pubblico è finanziata internamente e a lungo termine, a tassi fissi. A sua volta la posizione economica estera della Colombia resta solida: il governo rappresenta circa il 60% del debito estero e, sebbene i rapporti debito estero e servizio del debito siano aumentati dal 2014 a causa del deprezzamento della valuta e delle minori entrate da esportazione, si prevede che entrambi diminuiranno nuovamente nel 2018. I rischi sono mitigati dalla copertura; inoltre, grazie a rating di investment grade stabili e a record di pagamenti eccellenti, la Colombia è in grado di accedere facilmente ai mercati internazionali dei capitali. La posizione di liquidità internazionale è solida, caratterizzata da riserve internazionali pari a circa 10 mesi di copertura delle importazioni e in grado di soddisfare il requisito di finanziamento esterno. Le riserve ufficiali sono sostenute da una linea di credito precauzionale flessibile del FMI, che fornisce una maggiore assicurazione contro i maggiori rischi esterni, in quanto la Colombia rimane vulnerabile al pessimismo degli investitori a causa di uno stock relativamente elevato di investimenti di portafoglio in entrata (pari al 180% delle riserve ufficiali). Inoltre, il tasso di cambio flessibile funge da ammortizzatore degli shock, sostenuto da una dollarizzazione limitata dell’economia e da un debito estero contenuto.  

Nel 2018 si prevede una graduale svalutazione del peso, che dipenderà dalle tempistiche e dalla rapidità degli aumenti del tasso di interesse statunitense. In questo scenario l’accordo di pace con le FARC potrebbe aumentare i tassi di crescita a medio termine grazie a investimenti in zone precedentemente interessate da conflitti e a una maggiore fiducia dei consumatori. Tuttavia, nonostante i significativi progressi compiuti a livello economico negli ultimi anni, la Colombia registra ancora tassi elevati di povertà e disuguaglianza, soprattutto nelle aree rurali. Ecco allora che, per conseguire una crescita economica sostenibile a lungo termine, non si può prescindere dall’attuazione di misure per promuovere l’occupazione, attuare riforme sociali e migliorare le infrastrutture. 

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