Mark Cavendish in caso di arrivo in volata e Fabian Cancellara in caso di un assolo negli ultimi chilometri a ridosso o al di là del Poggio. Sono loro i due grandi favoriti per la prossima Milano-Sanremo che sabato 17 marzo aprirà la stagione delle grandi classiche primaverili. Per entrambi, il britannico campione del mondo apparso già in gran forma alla Tirenno-Adriatica e lo svizzero trionfatore domenica scorsa nella suggestiva corsa delle “Strade bianche” sugli sterrati del Chianti senese si tratterebbe di fare il bis. Nella seconda fascia dei favoriti con il vecchio ma sempre temibile spagnolo Oscar Freire (già tre successi sul traguardo di Sanremo), l’australiano Matthew Goos (primo l’anno scorso), lo sprinter americano Tyler Farrar e il redivivo Tom Boonen si potrebbe collocare – anche solo per onor di patria – Filippo Pozzato, che nelle recenti interviste non nasconde l’ambizione, malgrado il danno subito alla clavicola, di rinverdire la vittoria ottenuta nel 2005. In questa rosa sarebbe entrato di diritto anche il belga Philippe Gilbert se alla Parigi-Nizza di questa settimana non fosse apparso in condizioni di forma del tutto precarie.
Citati i più gettonati, le sorprese sono però sempre all’ordine del giorno. E un vincitore che ci faccia dire “chi è mai costui” come fu lo svizzero Maechler nel 1987 non è mai da escludere anche se non augurabile per un ciclismo che mai come oggi ha bisogno del campione che sa ripetersi per emozionare. E cco perché chi a cuore il mondo delle due ruote spera che la Sanremo abbia un vincitore nobile tale da far dimenticare, semmai fosse possibile, che ancora una volta il ciclismo è costretto ad affrontare una stagione senza il suo migliore rappresentante, cioè quell’Alberto Contador, messo al bando per una non meglio accertata infinitesimale traccia di clenbuterolo emersa a nel Tour 2010. Una sentenza arrivata con un ritardo di oltre un anno e mezzo, tra tanti dubbi e nessuna certezza, che ha tolto a Contador non solo la vittoria del Tour di due anni fa (a vantaggio di Andy Schleck, il più autorevole rivale dello spagnolo) ma anche quella del Giro d’Italia dell’anno scorso (finito per la prima volta a tavolino a Michele Scarponi), anche se nella corsa rosa della Gazzetta Contador, controllato praticamente ogni giorno, non è mai stato pescato in fallo.
Tant’è, non c’è disciplina sportiva come il ciclismo che trova gusto a farsi male da solo come se sentisse il bisogno di espiare, più di tutti, il peccato originale del doping. Non c’è dubbio che il doping nella bici sia stato e lo è tuttora (si veda clamoroso il caso di Riccò) una piaga recidiva da perseguire e estirpare. Ma a causa dello spirito talebano che aleggia nei tribunali del ciclismo – uno degli sport più faticosi per la durata dello sforzo – è venuto meno del tutto il dosaggio delle pene e delle punizioni. Togliere il Tour a Contador ok, ma perché anche il Giro? Giro corso e stravinto dal corridore madrileno che si era regolarmente iscritto alla corsa italiana mentre il Tas rinviava di mese in mese la decisione se dopato fosse davvero lui o il vitello della famosa bistecca.
Un pasticcio le cui conseguenze rischiano di pagarle anche gli organizzatori del Giro d’Italia che hanno scelto – novità assoluta – la Danimarca come luogo dove svolgere le prime tre tappe della corsa rosa che inizierà a maggio. Una scelta sponsorizzata anche dalla Saxobank, la squadra danese, diretta da Bjarne Riis in cui corre Contador. Oggi di fatto, con la sua squalifica e la perdita dei tantissimi punti guadagnati dall’asso spagnolo, la Saxobank non avrebbe nemmeno i requisiti per essere iscritta al Giro e al Tour secondo i regolamenti in vigore. Un bel rebus per un team che per tre anni aveva vinto la classifica a squadre del circuito Pro Tour e che riavrà il suo uomo di punta solo dal 5 agosto prossimo, giusto in tempo per Contador, dopo aver perso Giro, Tour e Olimpiadi di Londra, per provare a vincere la Vuelta. Ma questo è il ciclismo d’oggi dove l’esito di ogni gara è legato non solo alla forza delle gambe ma al responso della provetta.