Classe 1990, primo polacco e tra i più giovani a vincere un mondiale su strada, Mikhal Kwiatkowski ha trovato sul tracciato di Ponferrada la sua consacrazione dopo quattro anni di apprendistato tra i professioinisti che lo avevano visto segnalato come una delle new entry più promettenti del ciclismo d’oggi. A dargli il successo è stato un azzeccato allungo nell’ultimo giro dei 14 in programmi per complessivi 254,8 km con cui Kwiatkoswki guadagnava un centinaio di metri sul gruppo ancora compatto dei migliori mettendosi a caccia del quartetto di testa formato da Gautier, Andersen, Kiryienka e il nostro De Marchi. Il polacco raggiungeva e staccava i quattro sull’ultima salita del Mirador per poi lanciarsi imprendibile verso il traguardo.
Troppo tardi la reazione degli spagnoli prima con Rodriguez e poi con Valverde. Beffati anche gli altri favoriti della vigilia: dall’australiano Simon Gerrans al belga Van Avermaet, dal norvegese Kristoff allo svizzero Cancellara. Il rettilineo d’arrivo è lungo circa mezzo chilometro: Kwiatkoski lo imbocca con un vantaggio di cinque secondi: visivamente è una lepre braccata dai cacciatori ma il traguardo è troppo vicino per dare speranze agli inseguitori. Il polacco dà uno sguardo rapidissimo all’indietro e capisce che è fatta, tanto che a una decina di metri dall’iride quasi non pedala più, alzando, quasi rilassato, le braccia al cielo per esultare mentre dietro è per un secondo è ancora bagarre per i due posti rimanenti sul podio: medaglia d’argento è Gerrans, quella di bronzo Valverde.
Per il murciano, leader dell’equipe di casa è il sesto podio in un mondiale che non ha mai vinto: quattro volte terzo, due volte secondo. A 34 anni suonati, dopo 12 stagioni vissute sempre combattendo su più fronti, Ponferrada probabilmente era la sua ultima grande e la sua espressione al momento della premiazione rivelava la sua cocente delusione. Se gli spagnoli sono i grandi sconfitti correndo in casa, gli italiani, pur con tutte le attenuanti che si può concedere a un Ct esordiente come il simpatico Davide Cassani, devono tornare a casa con le orecchie di un cocker: il primo dei nostri, Sonny Colbelli, si è piazzato 13esimo. Nibali – al pari di un Froome totalmente anonimo – non è mai entrato in azione intruppato nelle retrovie del gruppo che si era frazionato nel forcing finale nella discesa del Mirador.
Aru, che probabilmente era quello più in forma dei nostri, è andato all’attacco quando ancora mancavano oltre 80 km all’arrivo sciupando preziose energie in una corsa come il mondiale che di solito si decide nei giri finali, se non nell’ultimo come è stato il caso di quest’anno. Anche l’azione coraggiosa di De Marchi non ha avuto un seguito tattico. Ma Cassani è apparso ugualmente sereno e soddisfatto. “Non eravamo tra i favoriti, non avendo un finalizzatore se la corsa si fosse decisa, come è avvenuto, sull’ultima salita, ma la squadra è stata esemplare”.
Archiviato il Mondiale, il ciclismo si prepara a chiudere la stagione domenica prossima con il Lombardia, la classica-monumento delle foglie morte, da due anni regno incontrastato di Joaquim Rodriguez che cercherà un clamoroso tris per dimenticare Ponferrada e una stagione segnata soprattutto da cadute e infortuni. Purito avrà tutti contro, anche Alberto Contador, che dopo la rinuncia tra polemiche alla nazionale spagnola, cerca – lui dominatore delle grandi corse a tappe – la sua prima vittoria in una classicissima di un solo giorno.