Ci mancava un mondiale nel deserto, ma l’Uci alla metodica caccia di proventi l’ha organizzato prontamente quest’anno nel Qatar poco badando alle caratteristiche del percorso, piatto che più piatto non si può, tanto da indurre i più forti corridori del momento a disertarlo lasciando campo libero ai velocisti. Ma c’è il fascino del deserto, l’attrazione di un arrivo a Doha nella fantasmagorica isola artificiale di Pearl, ci sono i soldi, tanti, dell’emiro: che si vuol di più. Pazienza se Froome, Nibali, Contador e Quintana, i dominatori delle tre grandi corse a tappe – 10 vittorie su 12 negli ultimi quattro anni di Tour, Giro e Vuelta – sono rimasti a casa e con loro tanti altri protagonisti della stagione come Chaves e Valverde. Fatta questa premessa, questa domenica è pur sempre in palio la maglia iridata, un titolo che vale una vita, indossata almeno una volta in carriera dai grandi del passato, da Binda a Coppi, da Kubler a Bobet, da Merckx a Hinault, da Van Looy a Gimondi, con pochissime eccezioni come Anquetil, Bartali, Magni, Koblet e Indurain.
Favoriti di questa edizione sono ovviamente i grandi sprinter che hanno messo Doha in cima ai loro programmi da quando hanno conosciuto la “non” altimetria del percorso. Anche i commissari tecnici delle 59 nazioni partecipanti alla gara hanno fatto una selezione ad hoc. Un compito ingrato per il selezionatore tedesco che ha dovuto assegnare a André Greipel i galloni di capitano di un’equipe che include altri due superfavoriti della gara come Marcel Kittel e John Degenkolb. La Gran Bretagna non ha avuto dubbi a riporre tutte le sue speranze di successo su Mark Cavendish rigenerato dai trionfi colti all’ultimo Tour. La Norvegia muove una pedina importante come Alexander Kristoff, alla ricerca di un successo che cancelli una stagione in deludente.
La Francia si affida ai suoi due migliori alfieri dello sprint, Arnaud Démare, il vincitore della Sanremo, e Nacer Bouhanni, l’ex boxeur con il dente avvelenato per le troppe disavventure che gli sono capitate quest’anno, a partire dal salto di catena nella volata quando già pregustava di vincere la Sanremo. Soltanto un anno fa, nessuno avrebbe scommesso un centesimo su un possibile successo di un colombiano a Doha, ma la Colombia del pedale, abituata a produrre solo grimpeur fin dai tempi di Lucho Herrera, ha scoperto, nato a La Ceja, un piccolo centro sulle propaggini delle Ande non lontano da Medellin, un nuovo talento delle volate: Fernando Gaviria, 22 anni, che dopo quel che ha fatto vedere nella Parigi-Tours vinta domenica scorsa, si candida come uno dei più probabili successori di Peter Sagan, il campione del mondo uscente che guida la sparuta squadra slovacca (composta di soli tre elementi) e che tenterà di difendere una maglia magistralmente onorata quest’anno vincendo il Giro delle Fiandre e la maglia verde per la quinta volta al Tour.
La Spagna non ha ancora scoperto l’erede di Freire: puntava sull’oro nella crono con Castroviejo ma il tedesco Tony Martin ha messo d’accordo tutti vincendo per la quarta volta il titolo iridato della specialità, pareggiando il primato di Fabian Cancellara, un altro grande che non ha atteso Doha per appendere la bici al chiodo dopo la splendida vittoria nella crono olimpica di Rio. Quanto all’Italia anche il Ct. Davide Cassani ha costruito una squadra al servizio di Elia Viviani e Giacomo Nizzolo, i nostri migliori velocisti. Sconfitte in partenza non sono nemmeno l’Australia con Ewan e Matthews e l’Olanda con Tom Dumoulin e Dyla Groenewegen. Last but not least, ecco il Belgio. Un tempo nelle lontane stagioni dei due grandi Rik, Van Steenbergen e Van Looy, e di Merckx – a proposito del grande Eddy, c’è da scommettere che a differenza di Froome e C. avrebbe certamente corso anche nel piatto del deserto dopo aver vinto Giro e Tour – la squadra fiamminga sarebbe stata i cima ai favori dei bookmakers davanti alla corazzata tedesca.
A Doha il Belgio, a corto di giovani leve della volata, deve affidarsi a un grande vecchio, Tom Boonen, spalleggiato da Greg Avermaet, il trionfatore dell’oro olimpico anche approfittando della jella di NIbali caduto a un passo dalla vitoria. Tom Boonen, oltre ad aver vinto nel freddo tre volte la Roubaix e tante classiche nel Nord, da anni si è abituato a vincere anche nel caldo del Qatar e dintorni. Tom, detto il Tornado, è un grande conoscitore di ventagli e nei 150 km di deserto che presenta la gara mondiale di quest’anno oltre al caldo, il vento di traverso la fa spesso da padrone. Se il gruppo si spezza in tanti tronconi, magari mettendo fuori gioco alcuni dei nomi più gettonati tra i velocisti, ecco che la stella di Tom Boonen potrebbe tornare a brillare sul podio più alto della gara più importante dell’anno. Per il belga sarebbe la sua seconda maglia iridata, unico corridore a conquistarla dopo oltre dieci anni dalla prima.