Il Tour è partito lasciandosi alle spalle una vigilia agitata dal caso Armstrong. Il magnetismo della corsa a tappe francese si rinnova per incanto ogni anno anche se i fantasmi del doping rischiano di avere effetti devastanti sulla veridicità della classifica stilata sulla strada. Anche ieri l’atmosfera che si respirava a Liegi per la partenza del 99° edizione era elettrizzante. Non importa se non c’è il campione che catalizza ed entusiasma le folle. Il ciclismo d’oggi ci ha abituato a corse più aperte, con un ventaglio di outsider che possono all’improvviso emergere fino a trionfare in un Giro (è il caso del canadese Tyler Hesjedal, che cerca conferme in terra di Francia) o in un Tour. Non è un caso che la Grande Boucle di quest’anno, priva non solo di Contador (che rientrerà alle corse il 5 agosto) ma anche di Andy Schleck, veda in Bradley Wiggins il favorito numero uno, davanti allo stesso Cadel Evans, il vincitore dell’ultima edizione.
Pistard di classe, campione mondiale e olimpico dell’inseguimento, Wiggins a 32 anni si è convinto di poter vincere il Tour dove peraltro è già arrivato quarto nel 2009. Gli oltre cento chilometri di cronometro previsti dall’edizione scattata ieri gli danno un vantaggio non da poco su tutti gli altri possibili rivali per la vittoria finale. Solo Fabian Cancellara, con il tedesco Tony Martin, è uno dei pochi che lo possono battere nelle gare contro il tempo, come in effetti è avvenuto ieri nel cronoprologo di Liegi con il campione svizzero che ha distanziato di 7 secondi l’inglese, giunto secondo. Ma Cancellara – per la quinta volta prima maglia gialla del Tour – sulle Alpi e Pirenei è destinato, come Martin. a un ruolo di secondo piano. Invece Wiggins, vincendo quest’anno la Parigi-Nizza, il Tour de Romandie e il Giro del Delfinato, si è convinto di essere anche uno scalatore e quindi un uomo Tour.
Una convinzione, la sua, che nasce anche dalla considerazione di essere un corridore “pulito” che adesso può meglio competere in un ciclismo più controllato. Wiggins, in una recente intervista a L’Equipe, ha detto chiaro e tondo che troppi vincitori degli ultimi Tour sono fasulli. Unica eccezione è proprio Cadel Evans. Bisognerà vedere se il britannico, abile nelle corse di una settimana, avrà la forza di reggere e brillare in una competizione massacrante come il Tour che dura oltre venti giorni, sotto la calura di luglio: la crisi, quella che i francesi chiamano “l’homme au marteau” può colpire chiunque e ovunque. Ed è proprio su questa “incognita” che contano tutti i rivali di Wiggins, da Evans al nostro Vincenzo Nibali, che si è presentato al Tour forte di luogotenente d’eccezione: Ivan Basso. Nibali più di Michele Scarponi e dello stesso Basso, due big deludenti al Giro, è l’uomo di punta della spedizione italiana al Tour, che si affida ad Alessandro Petacchi per le volate ( Cavendish e Goss permettendo). Nibali, che attende le montagne, si è difeso meglio del previsto nel cronoprologo di Liegi perdendo solo 18” da Cancellara e appena 11” da Wiggins. In pratica ha corso nello stesso tempo di Evans. Un inizio promettente per lo scalatore siciliano, capitano della Liquigas che ha nello slovacco Peter Sagan. classe 1990, un altro imprevedibile jolly, fin dalla seconda tappa di oggi, ancora in Belgio, con un arrivo impegnativo a Seraing, centro della Vallonia, non lontano da Liegi.