Se ne è andato anche Ferdi Kubler, l’ultimo sopravvissuto di quei corridori che hanno fatto la leggenda del grande ciclismo degli anni Quaranta e Cinquanta. Campione del mondo nella corsa iridata di Varese nel 1951, due volte dominatore della Liegi-Bastogne-Liegi, Kubler fu anche il primo svizzero a vincere il Tour nel 1950 – quello amaro per gli italiani che abbandonarono la corsa con Magni in maglia gialla per l’ostilità del pubblico francese sul Col d’Aspin.
Erano i tempi di Bartali e di Coppi, di Louison Bobet e di Hugo Koblet e di tanti altri campioni indimenticabili. Tifo alle stelle, il ciclismo infiammava l’Europa che usciva dalle distruzioni della guerra. L’Italia impazziva per Fausto e Gino, la Svizzera per i suoi due “K”, Kubler e Koblet, Ferdi il brutto con il nasone ricurvo e Hugo il bello come un semidio capitato tra i forzati della strada, imprendibile maglia gialla nella Grande Boucle del 1951.
Il Giro della Svizzera divenne il palcoscenico di casa della loro rivalità, assumendo nel calendario un’importanza che oggi non ha più. Acerrimi avversari sui pedali fino a danneggiarsi, amici subito dopo la corsa, per Mario Fossati, cantore delle imprese ciclistiche sul Giorno di Italo Pietra, Kubler era il cioccolato fondente, Koblet quello al latte: entrambi salirono ai vertici del ciclismo mondiale regalando alla Svizzera gli unici due Tour vinti da ciclisti elvetici. Due assi in assoluto, solo Fabian Cancellara, dopo decenni di attesa, avrebbe di nuovo riscaldato gli entusiasmi rossocrociati. Kubler era nato il 24 luglio 1919, lo stesso anno di Fausto Coppi.
Professionista dal 1940, chiuse la sua carriera nel 1957, un anno prima dell’addio alle corse di Koblet. Con i suoi 97 era il più anziano vincitore di Tour e di un mondiale ancora vivente, la memoria storica di un periodo irripetibile, tanti protagonisti del quale sono volati via dalla vita anzi tempo a cominciare da Coppi (1960), Koblet (1964), Bobet (1983). Morti talune anche tragiche, di certo premature. Gli ultimi ad andarsene sono stati Bartali (2000) e Magni (2012). Il vecchio Ferdi da anni si sentiva solo. Ormai a correre era solo il tempo.