Dietro il gigantesco tsunami del chip shortage ci sono molti segreti della finanza e delle multinazionali oltre che dei cybercriminali. Che stanno incendiando i listini prezzo di quasi tutti i beni e i servizi che usiamo ogni giorno. Negli ultimi mesi, il prezzo di molti prodotti elettronici, alimentari, dell’abbigliamento, dell’energia, dei trasporti e dei combustibili è aumentato tra il 20 e il 100 per cento. Secondo BFM TV , Whirlpool China ha tagliato del 25 per cento le sue esportazioni verso l’Europa e gli Stati Uniti e quasi tutte le multinazionali che producono qualsiasi tipo di merce in Asia hanno ridotto la capacità produttiva (mancano i mezzi di trasporto e il personale) e alzato i prezzi. Quelli dei semiconduttori in meno di un anno sono saliti del 100 per cento (Journal de 20 heures de TF1). Ma il record va ai trasporti via nave con una impennata per container dall’Asia da 9 a 16mila dollari in pochi mesi. E parlando in questi giorni con i vertici delle catene della distribuzione italiana abbiamo sentito allarmanti previsioni per Natale: “Mancherà di tutto, non avremo la merce ordinata, devices elettronici, gaming, tv, pc…siamo molto preoccupati”. All’origine c’è ovviamente la pandemia che ha generato una carenza crescente di merce ma soprattutto di una micro-merce, micro ma preziosa come poche: il chip che è ormai alla base dell’80 per cento di ogni nostra attività. E la cui mancanza andrà ben oltre il 2022.
La pandemia è climatica e politica. Chi ha dimestichezza con l’elettronica, chi ha visitato qualche fabs, come vengono chiamate le fonderie di chip e di informatica, in Asia, in particolare in Cina, Korea del Sud e Taiwan, chi ha seguito le grandi fiere di elettronica di consumo, quelle della smart home e building, ha una visione molto più completa di ciò che sta dietro il chip shortage. E sa che il Covid è stato solo il picco drammaticamente enfatizzante di una crisi che è in atto da tempo e che ha visto accentuarsi le dominanti climatica e politica.
Chip e semiconduttori, cosa vuol dire? In parole un po’ banalizzanti, i semiconduttori sono semimetalli necessari per fabbricare i chip. Che sono micropiastrine che contengono i circuiti integrati. Il chip è stato inventato –dicono gli americani-negli Stati Uniti. In realtà il padre dei circuiti integrati è l’italiano Federico Faggin ma le prime fabbriche sono state fondate in America.
Chi comanda nei chip? La faccenda è molto complicata e ben pochi la conoscono: una parte dei software di tutti questi componenti è progettato in Usa, poi viene inviato nelle fabs per fare i chip (la fase più redditizia) che poi sono assemblati in Cina, da dove partono per le centinaia e centinaia di siti produttivi di beni di consumo di tutto il mondo. Trasporti e covid permettendo. Il che spiega perchè si stanno fermando tantissime fabbriche, a secco di componentistica.
La delocalizzazione, che errore! Poi, diversi decenni fa, per tagliare i costi i finanziatori e gli azionisti hanno delocalizzato la produzione in Asia, così oggi il potere, cioè le forniture vitali di elettronica per qualsiasi manifattura, è detenuto dalle fabs, cioè dai giganti asiatici, soprattutto da Taiwan, Korea e Cina (quella che cresce di più e diventerà il n.1). In America è rimasto il design dei software che, comunque, è sempre meno decisivo. E poichè tutti questi preziosi chip vanno anche nell’industria militare e sanitaria occidentale e americana, in America si è scatenato il terrore di aver affidato la security nazionale a Taiwan, un’isola che la Cina vuole e che sta assediando, e che, checchè se ne dica, non vale nessuna guerra nucleare. Oltre al fatto che nessun dazio ha vietato per esempio in Usa e in Europa ai cinesi di far man bassa in questi due anni di laboratori e aziende di settori strategici per farli diventare del tutto cinesi con i loro segreti.
La ricchezza è la fabbrica. L’inverso di quanto gli esperti di finanza hanno sempre scritto, nascondendo spesso la realtà. Taiwan con la TSMC è diventato il primo produttore mondiale di chip (50-60 per cento del totale), seguita dalla Samsung e dalla Huawei (per quello il Trump ce l’aveva tanto con la Huawei). E anche il design del software Usa è sempre meno necessario. L’esempio classico è quello delle manifatture di auto, elettrodomestici, pc, tv, che in modo miope sono state delocalizzate in Asia, in est Europa, in Turchia. “La R&D resterà quii, in patria” si affannavano a raccontare nei decenni scorsi i portavoce dei produttori europei e americani. “E resterà in patria anche la fabbricazione di fascia alta”. Due cretinate smentite totalmente: Oggi in Asia si progettano e si producono sempre di più merci e componenti di fascia alta e medio alta e sono attivi i migliori centri di R&D delle tecnologie più sofisticate. Perché è dimostrato che se si delocalizza la manifattura prima o poi si perde tutto. E che è la fabbrica che “nutre” la ricerca non l’inverso. E il reshoring è una pietosa bugia. Le multinazionali come Intel hanno fabbriche ovunque. Verissimo ma il potere lo ha solo chi fabbrica i chip e gli altri sono fuori gioco. Tutto questo significa che il chip shortage è molto più complicato di quanto si vuol far credere perché, all’origine, non c’è solo il Covid.
LE 10 CAUSE DEL CHIP SHORTAGE
1-2017/2018- I big dell’elettronica investono in nuovi siti produttivi per il 50-70% nei chip sofisticati del futuro, per l’Intelligenza artificiale, il 5 e il 6 G, eccetera. Sfrondando brutalmente le linee dei chip tradizionali. I più usati.
2-2018/2019- Pandemia politica: Trump applica dazi del 25% sulle importazioni dalla Cina di chip, microprocessori e circuiti stampati che, da allora, si dimezzano. Le fabbriche Usa fanno incetta di questi componenti sul mercato mondiale, per aumentare le scorte. Chi ha dichiarato e scritto che una delle cause era il blocco dei software Usa di chip verso la Cina, è stato clamorosamente smentito. La Cina è sempre più autonoma.
3-2020-Lockdown mondiale e blocco totale della produzione.
4-Fine 2020, prima previsione sbagliata: gli esperti prevedevano una ripresa morbida della domanda di semiconduttori. Che è invece esplosa crescendo del 25-35% ogni mese (Bloomberg, WSJ) perchè la ripresa dei consumi è stata ed è in tutti i continenti molto rapida e imponente. C’è un blocco costante dei trasporti che diventano costosissimi. Parte una gigantesca riffa mondiale, i chip spariscono. Operatori finanziari ne fanno incetta per gigantesche speculazioni. Anche i produttori cinesi di semiconduttori e in particolare Huawei creano enormi stock che creano disastrose penurie (dalle dichiarazioni di EricXu, presidente di Huawei). Per di più l’obsolescenza in questo settore è rapidissima, ogni sei mesi le innovazioni sconvolgono i mercati e gli investimenti.
5-Seconda previsione sbagliata – I Think Thank della finanza avevano previsto una domanda di prodotti molto sofisticati. Da tutto il mondo, invece la ripresa dei consumi provoca una forsennata ricerca di chip tradizionali per beni usati quotidianamente.
6-I costi dei trasporti schizzano alle stelle; il canale di Suez rimane bloccato a lungo per la nave Evergreen. Si scatenano gli attacchi hacker e i ransomware contro le fabs. Intere filiere produttive rimangono ferme molto a lungo. Conseguenti fallimenti di piccoli e medi produttori e anche di uno dei primi produttori cinesi di chip.
7-2020-2021 – La pandemia climatica blocca l’erogazione dell’elettricità e delle fabbriche: in Usa per lunghe gelate, in Texas e in Giappone per giganteschi incendi, a Taiwan per l’eccezionale siccità che dura tuttora, in tutta l’Asia per sconvolgimenti climatici e terremoti.
8-Reshoring, Impossibile -”Bene-affermano il governo Usa, quelli europei e i vertici delle multinazionali Usa del settore- riportiamo allora le fabbriche in patria, aumentiamo quelle esistenti….” Impossibile prima di tre anni: per i tempi, per la carenza di risorse finaziarie, idriche, di ingegneri, di trasporti e di materie prime. L’Intel, dopo aver lasciato l’Inghilterra a causa della Brexit, ha dichiarato alla BBC di voler investire 95 miliardi di dollari per realizzare in Europa 8 stabilimenti di chip dei quali 1 in italia, anche con finanziamenti europei, per far fronte alla domanda europea e mondiale. Lo ha dichiarato….
9-3 anni e Boeing 747 per una fabbrica di chip– Occorrono da 2 a 3 anni, una gigantesca superficie (la nuova fabbrica della TSMC di Taiwan misura 22 campi di calcio e sarà pronta solo nel 2024). I cicli produttivi richiedono 160mila circa tonnellate d’acqua al giorno che esce tossica e costa molto depurarla, una lunga formazione di tecnici e ingegneri, 3 Boeing 747 per il trasporto di ogni linea e un conto finale superiore ai 100 milioni di dollari, ordinativi già disponibili e un lungo periodo prima di ammortizzare il tutto.
10-2021-Niente chip? Arrivano quelli contraffatti -Sul dark web finanziarie criminali e operatori del settore (molti di Hong Kong e russi) e anche su motori di ricerca “regolari”, offrono enormi quantità di semiconduttori e chip contraffatti; altri incassano miliardi di dollari ma spariscono con il bottino (Diganta Das, ricercatrice in elettronica contraffatta presso il Center for Advanced Life Cycle Engineering, CALCE). Gli acquirenti di oltre 40 paesi denunciano ogni giorno, come dichiara ERAI Inc., di essere stati frodati. La piattaforma Aliexpress di Alibaba ne annovera parecchi di questi operatori tanto che deve rimborsare i compratori incauti. I componenti contraffatti provocano gravissimi danni e incidenti che quasi mai vengono denunciati. Scoppiano, per esempio, negli ospedali, macchinari per i raggi X; costano miliardi i danni in tutti i settori manifatturieri a causa di chip “marci” (The Wall Street Journal, Scientist). I settori critici come la difesa, la sanità e l’automotive sono i più colpiti e nei prossimi sei mesi le conseguenze saranno talmente pesanti da non poter più essere nascoste.