Fine della corsa. La Juventus non va oltre il 2-1 contro il Lione e saluta mestamente la Champions League, senza nemmeno accedere alla Final Eight di Lisbona. Un disastro a cui, a dire il vero, ha contribuito pure l’arbitro tedesco Zwayer, colpevole di aver concesso un rigore molto dubbio ai francesi: anche quello dato ai bianconeri poco dopo lo è, ma il primo ha inciso molto di più sulla partita, costringendo la squadra di Sarri a dover segnare tre gol per evitare l’eliminazione. Ne sono arrivati soltanto due e questi, guarda un po’, portano la firma di Ronaldo, l’ultimo ad arrendersi all’idea di non giocare la fase finale nella sua Lisbona.
È chiaro però che l’analisi sul flop della Juve non può limitarsi solo all’arbitro: troppo grosso il divario con il Lione (soprattutto a livello economico) per giustificare un simile risultato, figlio anche, è bene ricordarlo, di una partita d’andata disastrosa. Il dibattito si concentrerà tutto su Maurizio Sarri, già fortemente a rischio prima dell’eliminazione e ora a un passo dall’esonero, come confermato tra le righe da Andrea Agnelli in persona. “Uscire in questo modo ci deve lasciare tutti quanti delusi, quindi ci prenderemo qualche giorno per riflettere – le parole del presidente –. Faremo delle valutazioni, dobbiamo capire come affrontare la prossima stagione con un rinnovato entusiasmo. Se questo riguarda anche l’allenatore? Certo, assolutamente…”.
Laconico anche il commento del diretto interessato, presentatosi davanti alle telecamere oltre un’ora dopo la fine del match, a dimostrazione di un nervosismo difficile da contenere. “Ho già detto quello che penso, dirigenti di alto livello non prendono decisioni in base a una partita – ha ribadito ricalcando il concetto della vigilia. – Domande di questo genere mi sembrano offensive, fossi in loro interverrei… Credo che la dirigenza della Juventus sappia valutare le cose con un ampio raggio, a favore o contro. Io comunque non mi aspetto niente dalla società, ho un contratto e intendo rispettarlo…”.
E adesso cosa succederà? La sensazione è che Agnelli si prenderà qualche giorno di tempo, soprattutto per vagliare i nomi del possibile sostituto (attenzione a Zidane, anch’egli eliminato dalla Champions, a Mancini, i cui rapporti con la FIGC non sono più idilliaci e a Simone Inzaghi, che non ha ancora rinnovato con la Lazio), tenendo a mente che Sarri ha altri due anni di contratto (5,5 milioni a stagione più bonus) e non ha nessuna intenzione di dimettersi. E dire che Paratici (“lui e Nedved me li tengo stretti” ha sottolineato il presidente), prima della partita, aveva confermato l’attuale allenatore a prescindere, ma è chiaro che si trattava soprattutto di frasi di circostanza, volte a compattare una squadra apparsa già fragile in tanti, troppi, momenti.
Resta l’amarezza per non essere riusciti a completare una rimonta che, a un certo punto, sembrava possibile: Ronaldo infatti, dopo il rigore generosissimo che aveva portato in vantaggio il Lione (13’ Depay), aveva trovato il pari dal dischetto (43’, anche qui tantissimi dubbi), ma soprattutto il 2-1 con un gran tiro dalla distanza (60’). L’illusione però è rimasta tale, anche perché Dybala, buttato nella mischia per gli ultimi 20 minuti, si è subito rifatto male, consegnando di fatto ai francesi il pass per Lisbona: alla Juve, invece, resta solo una grande amarezza, che quasi certamente porterà a un’altra rivoluzione tecnica dopo quella di un anno fa.
Al Napoli il compito di riscattare il calcio italiano, per quanto la missione del Camp Nou (si parte dall’1-1 dell’andata, serve una vittoria o, in alternativa, un pareggio segnando almeno due gol) sia molto difficile, anche se non impossibile. Il Barça visto nelle ultime settimane, infatti, è apparso tutt’altro che di ferro, come del resto in tutta la stagione che, non a caso, lo ha visto cambiare un allenatore (via Valverde, dentro Setien) e gestire una marea di polemiche, molte delle quali extra-campo (su tutte quelle relative ai malumori della “Pulce”).
“Sappiamo che sarà una partita difficilissima, conosciamo bene la loro forza e la loro qualità – ha sospirato Gattuso. – Dovremo fare una grande prestazione sia a livello tecnico che tattico, forse non ci basterà nemmeno perché loro hanno campioni eccezionali: sarà come scalare l’Everest”. Il tecnico azzurro però, al di là delle dichiarazioni, ci crede eccome, anche se il Napoli dell’ultimo periodo non è stato particolarmente brillante, complice una vittoria in Coppa Italia che, di fatto, ha azzerato le motivazioni del campionato. La bella notizia è che Insigne sarà del match: il capitano, a rischio dopo l’infortunio rimediato una settimana fa contro la Lazio, ha recuperato ed è pronto a scendere in campo dall’inizio, anche se la decisione finale verrà presa solo in mattinata (in caso negativo toccherebbe a Lozano).
Il 4-3-3 azzurro vedrà dunque Ospina in porta, Di Lorenzo, Manolas, Koulibaly e Mario Rui in difesa, Fabian Ruiz, Demme e Zielinski a centrocampo, Callejon, Mertens e, appunto, Insigne in attacco. “Il Napoli è una grande squadra, ma passeremo noi” ha tuonato Quique Setien, un po’ per reale convinzione, molto per caricare un ambiente insolitamente preoccupato, oltre che poco convinto sulla sua figura. Il tecnico blaugrana sa di giocarsi la panchina, inoltre dovrà fare a meno di due elementi importanti come Busquets e Vidal, entrambi squalificati: ad ogni modo potrà schierare un 4-3-3 più che competitivo con Ter Stegen tra i pali, Semedo, Piqué, Lenglet e Jordi Alba nel reparto arretrato, De Jong, Sergi Roberto e Rakitic in mediana, Messi, Suarez e Griezmann nel tridente offensivo.