Due giorni di Champions a dir poco dolorosa per tre dei quattro allenatori italiani alla guida di squadre straniere, protagonisti di risultati deludenti che hanno segnato o potrebbero segnare il loro futuro sulle rispettive panchine. I mister in questione sono i nostri Roberto Di Matteo (Chelsea), Luciano Spalletti (Zenit) e Roberto Mancini (Manchester City), tutti e tre partiti con grandi ambizioni ma usciti con le ossa rotte da quest’ultimo turno europeo, l’unica eccezione è rappresentata da Carlo Ancelotti e il suo PSG, che possono sorridere per il passaggio del girone con un turno d’anticipo. Tutti e tre si sono presentati a questa due giorni con l’obbligo di non sbagliare, viste le brutte situazioni di classifica nei rispettivi gironi, ma tutti hanno clamorosamente bucato l’appuntamento, non riuscendo ad invertire il destino delle proprie squadre, destino che si era terribilmente complicato in seguito ai risultati delle partite precedenti.
Del trio chi ha già pagato caramente è Roberto Di Matteo, esonerato ieri da Abramovich che al suo posto ha chiamato l’ex allenatore dell’Inter Rafa Benitez, nonostante il Chelsea sia la sola che ha ancora una minima speranza di passaggio del turno, mentre per il City di Mancini e lo Zenit di Spalletti c’è la concreta possibilità di arrivare ultimi e non approdare nemmeno in Europa League. A Di Matteo è stata fatale la pesante sconfitta per 3 a 0 rimediata martedì sera a Torino con la Juve, risultato che ora mette il Chelsea con più di un piede fuori dalla Champions e costretto a sperare nella sconfitta dei bianconeri sul campo dello Shakhtar già qualificato e rivelatosi la prima forza del girone, dati per scontati i tre punti degli inglesi con il Nordsjaelland.
Chelsea che si è complicato fin da subito la vita facendosi rimontare nella partita d’esordio in casa due gol dalla Juventus, perdendo poi fuori con lo Shakhtar e rifacendosi nella gara a Stamford Bridge solo grazie a un gol di Moses al 94’, rete che aveva rimandato tutto al match decisivo dell’altra sera, dove però i Blues sono apparsi molli e poco uniti, venendo dominati da una Juve che ha messo in campo un altro ritmo e un’altra cattiveria.
Per il tecnico 42enne di origini svizzere, che l’anno scorso subentrando negli ultimi mesi a Villas Boas era riuscito nell’impresa di portare il Chelsea ad un inatteso e storico primo trionfo proprio in Champions League, oltre alla vittoria in FA Cup, successi che avevano convinto Abramovich a continuare con lui, hanno inciso anche gli ultimi cattivi risultati in campionato. Infatti dopo un grande inizio e alcune giornate passate in testa, nell’ultimo mese sono arrivate quattro partite di fila senza vittoria con due pareggi e due sconfitte (l’ultima sabato scorso 2-1 con il West Bromwich), che hanno portato i londinesi al terzo posto a meno quattro dal Manchester City.
Dopo aver passato gli ultimi sei anni della propria carriera da calciatore tra le fila dei Blues, decide di ritirarsi nel 2002 a solo 31 anni in seguito a un brutto infortunio alla gamba subito quasi due anni prima e dal quale non è riuscito più a recuperare, inizia la carriera da allenatore nelle serie minori alla guida dei Milton Keynes Dons con i quali centra subito ottimi risultati, poi passa al West Bromwich con cui ottiene la promozione in Premier. L’anno successivo viene esonerato a tre quarti di campionato nonostante la classifica più che soddisfacente, allora all’inizio della scorsa stagione torna al Chelsea per fare il vice di Villas Boas, ma in seguito agli scarsi risultati del portoghese si ritrova la grande occasione di guidare lui la squadra e non se la lascia sfuggire, diventando il protagonista dell’incredibile finale di stagione dei Blues. Al momento la favola di Di Matteo sembra quindi avere un brusco stop, con Abramovich che, dopo una campagna acquisti importante come non succedeva da tempo, con acquisti estivi di giocatori tutti di grandissima qualità e dai costi imponenti, come Hazard e Oscar, ha deciso di affidarsi all’ex allenatore del Liverpool Rafa Benitez, che torna a sedersi su una panchina due anni dopo la poco esaltante esperienza interista.
Per Luciano Spalletti e il suo Zenit San Pietroburgo, con il quale finora ha vinto due campionati su due, oltre a una Coppa di Russia e una Supercoppa nazionale, è stata un’edizione di Champions League a dir poco fallimentare, con una serie di prove e risultati deludenti, ultima la partita di ieri, dove non sono andati oltre il 2 a 2 (chiudendo il primo tempo sotto 0-2) in casa contro il Malaga già qualificato e con molte riserve, non sfruttando l’ultima chance di rimanere in corsa e mettere pressione sul Milan impegnato poco dopo a Bruxelles. Ora all’ex allenatore della Roma e ai suoi giocatori, fermi a 4 punti come l’Anderlecht (contro cui è arrivata l’unica vittoria nel girone), non rimane che giocarsi il terzo posto valido per l’Europa League, con l’ultimo turno che li vedrà ospiti del Milan a San Siro e con i belgi impegnati a Malaga.
A Spalletti, che dopo i successi delle prime due stagioni quest’anno ha ottenuto un prolungamento di contratto fino al 2015 con più poteri e un ruolo da manager, a questo punto rimane da concentrarsi sul campionato, dove dopo un inizio un po’ incerto, ha infilato una serie di vittorie che lo hanno riportato al terzo posto subito dietro CSKA Mosca e Anzhi, ma di sicuro la dirigenza russa, dopo aver rafforzato la squadra spendendo circa 80 milioni di euro per i colpi Hulk (dal Porto) e Witsel (dal Benfica), si aspettava una figura diversa anche in campo internazionale.
La delusione maggiore, però, arriva sicuramente da Roberto Mancini e il suo City, alla seconda bocciatura consecutiva in campo europeo. Capitato per due anni di fila in gironi di ferro (l’anno scorso insieme a Bayern Monaco, Napoli e Villarreal, questa volta con Real Madrid, Borussia Dortmund e Ajax), dalla corazzata del tecnico jesino ci si aspettava sicuramente molto di più, minimo in entrambi i casi il raggiungimento degli ottavi. Invece, sia la scorsa edizione ma soprattutto quest’anno, il ManCity è stata la vera sorpresa negativa, se pensiamo a una squadra costruita per arrivare fino in fondo anche in questa competizione, piena zeppa di campioni in ogni reparto e che ogni volta si rafforza aggiungendo alla sua rosa i migliori giocatori in circolazione.
Finora per Mancini e il suo gruppo non è arrivata nemmeno una vittoria, il miracolo nell’ultimo turno contro il Real di Mourinho non è avvenuto e il pareggio agguantato grazie a un rigore generoso nel finale non gli ha impedito di togliersi dall’ultimo posto nel girone con la miseria di tre punti. Il Manchester, comunque, deve ringraziare il Borussia Dortmund, capace di andare a vincere per 4-1 in Olanda con l’Ajax, risultato che lascia ancora aperta la speranza agli inglesi di continuare la stagione nell’Europa minore, visto che gli olandesi sono solo un punto avanti e nell’ultimo turno dovranno andare a giocarsela a Madrid, con il City in campo a Dortmund.
Di certo, l’eventuale approdo in Europa League per la seconda stagione di fila partendo dalla Champions (l’anno scorso fu poi eliminato già agli ottavi dallo Sporting Lisbona) sarebbe comunque considerato uno smacco per una società ambiziosa e ricca come il City di questi anni, con il rischio di diventare più un peso e un intralcio che porta via energie per il campionato, piuttosto che una competizione affrontata con la voglia di arrivare fino in fondo, a meno che Mancini non voglia comunque tentare di portare nella bacheca degli azzurri di Manchester il secondo trofeo internazionale (seppur minore) della loro storia dopo la Coppa delle Coppe del lontano 1970.
Al tecnico italiano si imputa soprattutto il fatto di non essere ancora riuscito a dare la giusta mentalità vincente europea a una squadra infarcita di campioni ma non abituata a questi palcoscenici, di non avergli ancora fatto fare quel salto necessario per essere considerata al pari delle più forti in Europa, tra l’altro mostrando in queste due edizioni un gioco tutt’altro che brillante e venendo messa sotto quasi sempre dai vari avversari anche meno forti sulla carta, come di recente ad Amsterdam con l’Ajax o in casa con il Borussia. La panchina di Mancini, comunque sia, sembra essere ancora ben salda all’Etihad Stadium, forte del successo in Premier della scorsa stagione, arrivato 44 anni dopo l’ultimo titolo, anche se ottenuto all’ultimo minuto dell’ultima giornata dopo aver subito un’incredibile rimonta da parte dei rivali dello United e nonostante una rosa oggettivamente più forte, e visto anche l’attuale primo posto in classifica dopo che nelle prime giornate si erano alternati Chelsea e Manchester United. L’ex tecnico interista, però, d’ora in avanti non può più commettere passi falsi, se vuole essere considerato veramente uno dei migliori allenatori al mondo ed evitare che gli si rinfacci sempre di aver vinto finora in maniera agevolata e fortunosa, prima gli scudetti in Italia grazie a Calciopoli e poi in Inghilterra, non convincendo mai fino in fondo pur avendo tra le mani una formazione dal potenziale enorme. Vedremo come finirà quest’anno in Premier, ma c’è il rischio che prima o poi lo sceicco Mansour possa stufarsi di strapagare il tecnico italiano, vedendo le continue figuracce in campo internazionale e non accontentandosi più di dominare solo entro i confini nazionali, e c’è un certo Pep Guardiola che è ancora libero e disponibile, pronto a valutare la migliore offerta che gli verrà recapitata.
Come detto, l’unico che in campo europeo se la passa bene è l’ex tecnico rossonero Ancelotti, che grazie alla vittoria del suo Paris Saint Germain per 2 a 0 (con i primi due gol con la nuova maglia del pocho Lavezzi) sul campo della Dinamo Kiev ha ottenuto l’accesso agli ottavi (obiettivo minimo dei francesi in questo primo anno del loro ritorno nella massima competizione europea) con un turno d’anticipo e si giocheranno il primo posto del girone nel confronto diretto tra due settimane in casa contro il Porto. Al nuovo ricchissimo e potentissimo PSG dell’emiro del Qatar Nasser-Al Khelaifi non si chiede certo di vincere la coppa già quest’anno al primo tentativo, ma finora Ibra e compagni stanno facendo appieno il loro dovere e si candidano ad essere una delle mine vaganti quando la competizione entrerà nella fase cruciale da febbraio in avanti, pensando ad ulteriori possibili rinforzi nel mercato di gennaio.
Per il buon Carletto quindi tutto bene, ma dopo la beffa dello scorso anno quando, dopo essere stato chiamato con la squadra prima in classifica, perse il campionato all’ultimo superato dalla cenerentola Montpellier (società che con mezzo stipendio di Ibrahimovic si paga tutta la rosa), il tecnico italiano deve stare attento a non perdere troppi punti anche in questa stagione, infatti dopo aver raggiunto la vetta dopo un brutto inizio, la squadra parigina è incappata in due sconfitte e un pareggio nelle ultime tre giornate. Tra l’altro le due sconfitte sono arrivate in casa, entrambe per 2-1, la prima per mano del non irresistibile Saint Etienne, l’ultima nonostante la doppia superiorità numerica con il Rennes, che è riuscito ad espugnare il Parco dei Principi addirittura in nove uomini. In mezzo c’è stato il pareggio per 1-1 a Montpellier, da segnalare come questi risultati siano concisi con l’assenza di Ibrahimovic per l’espulsione rimediata col Saint Etienne, a confermare ancora una volta la Zlatan-dipendenza delle squadre in cui gioca lo svedese.
Questi ultimi passi falsi hanno portato il PSG al terzo posto dietro il Bordeaux e la capolista Lione, alla fine quasi certamente la formazione di Ancelotti vincerà questo campionato, probabilmente anche con un buon margine sulle altre, ma l’allenatore italiano sa benissimo che con una squadra con Ibrahimovic, Thiago Silva, Lavezzi, il nostro giovane Verratti e tutti gli altri campioni acquistati negli ultimi due anni (contando il nuovo fenomeno brasiliano Lucas già bloccato per gennaio), non può permettersi di sbagliare niente e non vincere il campionato anche quest’anno sarebbe un vero e proprio delitto, con l’emiro che non la prenderebbe per niente bene.
Concludendo la panoramica degli allenatori italiani impegnati all’estero, bel momento per l’ex CT della Nazionale Marcello Lippi che, dopo pochi mesi dall’inizio della sua avventura in Cina alla guida del Guangzhou, è riuscito a regalare al suo ricco presidente la soddisfazione della vittoria in campionato con una giornata d’anticipo, seguita dal successo anche nella coppa nazionale, gioie che hanno rinsaldato la panchina del tecnico viareggino dopo che, in seguito all’eliminazione dalla Champions League asiatica (il vero grande obiettivo di questa stagione del proprietario del Guangzhou) erano emersi le prime critiche e i primi dubbi sul lavoro dell’ex allenatore bianconero. Infine c’è Fabio Capello, dallo scorso luglio sulla panchina della nazionale della Russia, chiamato con il compito di condurre la selezione ai prossimi Mondiali del 2014 in Brasile. Finora per lui e la sua squadra 4 vittorie nelle prime 4 partite, testa del girone e Portogallo, l’avversaria più temibile, distanziata di cinque punti, di sicuro i problemi non sono da queste parti.
Momento particolare, quindi, per alcuni dei tanti allenatori italiani in giro per il mondo, che comunque confermano di essere tra i più richiesti dalle grandi squadre europee e non, trend sempre più in voga negli ultimi anni e destinato a non interrompersi solo per qualche passo falso in mezzo a molte vittorie.