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Chagall, Paris-New York: la sua lunga storia in una mostra immersiva all’Atelièr des Lumières di Parigi

Atelier de Lumiere Press

Durante questa mostra immersiva (Atelièr des Lumieres aperta fino al 7 gennaio 2024) tutti i temi che compongono l’immaginazione di Chagall abiteranno all’Atelier des Lumières, come ritagli intrecciati. Saranno punteggiati da estratti di musica classica, klezmer o jazz, che sono anche parte integrante del suo universo culturale. Il suo bestiario fantastico, così come i meravigliosi personaggi del circo, delle favole o dell’opera, ma anche episodi biblici e riferimenti alla cultura russa, traducono poeticamente la ricca esperienza personale dell’artista, che risuona in modo del tutto naturale in quella del suo popolo e della sua generazione. Testimone dei grandi avvenimenti storici del Novecento, dai più oscuri ai più radiosi, Chagall ha fatto così della sua arte audace e immaginifica il suo primo strumento di impegno, di pace e di speranza.

Pittore prolifico e inclassificabile, Marc Chagall (1887-1985) in una mostra digitale presenta tutta la sua creazione, svelando un’opera radicata nel suo tempo, all’incrocio tra le novità italiane e culturali del suo secolo e in costante rinnovamento.
Parigi e New York, capitali emblematiche dell’arte moderna, rappresentano due tappe cruciali nel lungo percorso dell’artista. Parigi è la sua città d’elezione, offrendo, grazie alle avanguardie degli anni Dieci, un terreno fertile per la ricerca sperimentale al giovane pittore di origine russa, che le nutre con i propri riferimenti culturali. New York fu prima di tutto un luogo di esilio nei difficili anni Quaranta, che diedero tuttavia nuovo slancio alla creatività dell’artista. Dopo la guerra, diverse mostre e importanti commissioni d’arte creeranno ancora legami tra Parigi e New York e ricorderanno Chagall negli Stati Uniti, fino agli anni ’70. Pur cercando la propria strada stilistica e senza potersi rinchiudere in una scuola o in un movimento tra quelli con cui si confrontava e osservava, Chagall ha saputo nutrire la sua opera con le esperienze più diversificate e aggiornate, in ognuna delle delle città e dei continenti in cui visse. Così, mentre a Parigi si confrontava con i movimenti cubisti e fauve, sperimentava una nuova luce e sviluppava la sua ricca e intensa tavolozza, a Vitebsk si univa alle autorità delle avanguardie russe, battendosi in particolare per il rinnovamento dell’arte della scena e arredo urbano. Ma è a New York che l’esperienza dello spazio e dell’architettura del Nuovo Mondo arricchisce vantaggiosamente questa esplorazione rivoluzionaria. Spiegandosi ben oltre la pittura, ora abbraccia il palcoscenico e i costumi del balletto, la scultura, la ceramica, il vetro colorato, il mosaico, il collage… in una cosa multidisciplinare e una risoluzione monumentale, che porta anche il Visitatore, immerso in questa creazione digitale.

Parigi, capitale della modernità

In questo primo capitolo ci troviamo subito a Parigi, città d’elezione dell’artista, dove giunse nel 1911, all’età di 24 anni. Come molti artisti russi, e di tante altre nazionalità, il giovane pittore unisce questa brulicante capitale di incontri e sperimentazioni artistiche con un incanto che si riflette nelle tante vedute della città che dipinge, dai colori intensi e luminosi. Il fauvismo, il cubismo, il futurismo e le altre avanguardie di inizio secolo alimentano rapidamente il suo modo di concepire i ritratti e le figure di questo periodo. Installato in uno studio a La Ruche, Chagall non solo ha frequentato pittori (Picasso, Delaunay, Gris, Soutine…) e scultori (Laurens, Zadkine, Lipchitz…), ma anche poeti come Cendrars e Apollinaire e registi come Diaghileff. Così, senza però aderire a nessuno dei movimenti artistici, partecipa a questo vasto laboratorio multidisciplinare che è il Montparnasse degli anni Dieci, accogliendo nei suoi quadri tutte le suggestioni a cui è ricettivo, ma che traduce nel suo universo e nella sua stile che è già diventato molto personale.

Tra tradizione e avanguardia a Vitebsk

Marc Chagall, La Maison Bleue, 1920, huile sur toile, 66 x 97 cm, musée des Beaux-Arts de la ville de Liège, Belgique, Photo: akg images, © Adagp, Paris 2023

Partito per un breve soggiorno a Vitebsk, sua città natale, Chagall fu detenuto in Russia in seguito alla dichiarazione di guerra del 1914. Gli eventi storici acuirono la necessità di testimoniarlo quotidianamente e di documentare il più fedelmente possibile le sofferenze patite da tutti cittadino. Così, il suo paese dispiega nuove visioni, in risonanza con l’urgenza di far rivivere nel suo lavoro l’energia di luoghi e tradizioni in via di scomparsa. È attraverso il prisma della sua esperienza parigina che Chagall rivisita la tradizione pittorica russa, l’arte popolare e il “neoprimitivismo”, rappresentando i suoi parenti, gli abitanti del suo villaggio ei luoghi della sua infanzia. Sempre aperto alle istanze più attuali, condivide alcune preoccupazioni e progetti delle avanguardie russe, come il riconoscimento dello status dell’artista, l’arte collaborativa e progetti di decorazione urbana. Quando il costruttivismo rivendica un’arte utilitaristica al servizio della comunità, Chagall si rivolge in particolare all’arte della scena. La sua collaborazione con il Teatro Ebraico di Mosca, dal 1919, segna la sua prima esperienza di arte architettonica, seguita dalla realizzazione di sette murales, del sipario e del soffitto del Teatro Kamerny di Mosca.

Le favole e il circo

Marc Chagall, Cirque Vollard : L’Acrobate à cheval, vers 1927- 1928, gouache et encre sur papier coloré noir, 62, 9 x 47, 6 cm, collection privée, Photo © Archives Marc et Ida Chagall, Paris, © Adagp, Paris, 2023

Dopo il suo definitivo ritorno a Parigi nel 1923, troviamo Chagall nel suo studio, che dipinge la moglie Bella, sposata a Vitebsk nel 1915, che sarà la protagonista essenziale di molti quadri. Fu lei a leggergli, in francese, le Favole di La Fontaine, per le quali Ambroise Vollard commissionò a Chagall una nuova edizione illustrata all’acquaforte nel 1927. Quest’opera è uno dei tanti progetti di illustrazione di testi letterari, che portano Chagall a una nuova successione di esperimenti tecnici, dal guazzo al bianco e nero. Diversi soggiorni in Alvernia gli permettono di catturare, in queste illustrazioni, l’essenziale del paesaggio rurale francese.
Il gran numero di gouaches e stati preparatori delle incisioni testimonia la costruzione nell’elaborazione ciclica di forme e soggetti. La fluidità e la spontaneità della linea costituiscono la firma dell’artista ed è ancora con gouache e stampa che Chagall realizza, poco dopo, un gran numero di opere dedicate al circo. Questo tema della tradizione pittorica gli offre una parentesi incantata con i suoi colori vivaci e soggetti divertenti. Chagall gioca con il simbolismo di cui è investito il circo per incarnare al meglio la sua personale visione del losco futuro del suo popolo e dell’Europa, annunciato dalle prime manifestazioni antisemite.

Tempi minacciosi

Marc Chagall, La chute de l’ange, 1923-1933-1947, huile sur toile, 147,5 x 188,5 cm, collection privée en dépôt au Kunstmuseum Basel, Bâle, Photo © Archives Marc et Ida Chagall, Paris, © Adagp, Paris, 2023

Improvvisamente, con La caduta dell’angelo, un’imponente figura rossa appare su sfondo nero e annuncia la minaccia della guerra e il dramma dell’Olocausto. Costantemente vigile, Chagall ha colto gli avvenimenti drammatici del suo tempo e, nelle tre parti del celebre trittico Resistenza, Liberazione, Resurrezione, dove racconta le sofferenze della persecuzione, della distruzione e dell’esodo, si presenta come testimone. I riferimenti a Vitebsk e alla sua storia personale si uniscono a un’esperienza collettiva rappresentata dalla folla di personaggi che evocano una comunità umana più ampia. In questa sequenza dal forte impatto emotivo, si coglie inequivocabilmente l’evidente legame stabilito tra le vicende del suo tempo e i soggetti trattati da Chagall con la sua scrittura pittorica di grande potenza.
I soggetti biblici (Antico e Nuovo Testamento) riaffiorano con urgenza, quando l’artista dichiara di “dover servirsi dei profeti” – in questi tempi poco profetici – per uno scopo veramente politico. L’uso drammatico del colore, così come del bianco e nero, dà piena forza a queste rappresentazioni di eventi tragici. Ma al di là della denuncia, i colori accesi e forti di questi dipinti testimoniano tanto il desiderio di ammonire e di allertare quanto la necessità di credere nella speranza e nella vita.

Alla scoperta di New York

Il contesto politico, con l’istituzione delle leggi antisemite in Francia e la snaturalizzazione pronunciata da Pétain, costringono Chagall all’esilio alla fine del 1940. Nel 1941 si trasferisce con la moglie a New York, come diversi artisti e artisti russi ed ebrei. poeti che entrano a far parte di una dinamica comunità artistica e letteraria. Provenendo da Parigi, New York, con i suoi grattacieli e gli ampi viali, è una metropoli impressionante, persino vertiginosa per l’artista russo abituato agli spazi europei. Ma, ancora una volta, Chagall si riprende di fronte alle nuove opportunità nel Nuovo Mondo. Il fascino per la città e la sua architettura rinnova la sua concezione e la sua visione dello spazio, così come le aveva altrimenti vissute a Vitebsk. Seguendo il nuovo ritmo newyorkese, Chagall si riconnette con il mondo del teatro e della musica. Nelle scenografie e nei costumi di balletto che ha prodotto in questo periodo, l’artista si è liberato da ogni vincolo, mentre il colore si è ora dispiegato come elemento architettonico. La sua ricerca non trascura le espressioni popolari che lo hanno accompagnato fin dalla giovinezza. Si interessa così all’arte e ai mestieri popolari del Messico, scoperti grazie a un soggiorno di lavoro in questo paese, in risonanza con un immaginario tradizionale russo, messo a disposizione, a New York, dall’importante comunità immigrata dal suo paese.

Il ritorno in Francia e le nuove partenze

Nel 1948, finalmente, Chagall poteva immaginare un ritorno in Europa. Nel dopoguerra ritrova una nuova serenità nella sua “seconda patria”, la Francia, dove una nuova generazione di artisti forma ormai quella che viene definita la “nuova Scuola di Parigi”. Ricco della sua vasta esperienza newyorkese e messicana, sempre al passo con i tempi e desideroso di sorprendere le aspettative del pubblico europeo, Chagall si avvia su una nuova tappa artistica orientata alla sperimentazione. Fu quindi introdotto a nuove tecniche e materiali, quali acquerello, ceramica, pietra, marmo, gesso e bronzo, che gli offrirono mezzi espressivi ancora inesplorati, alimentando nel contempo la ricerca del pittore sulla materia e sul colore, sugli spessori e sulle trasparenze , nonché sui rapporti luminosi offerti dai rilievi e dai volumi. L’esplorazione del bianco e nero, in queste diverse tecniche, gli permette di reinventare i colori tanto più vividi e profondi che caratterizzano la maturità del suo lavoro.
Da questo grande laboratorio multidisciplinare, scandito dal miglioramento e costante rinnovamento del colore, elemento primario della sua arte, ma anche di una profonda e prolungata riflessione sui valori spaziali e architettonici della pittura.

Pittura di luce e materia

Come la creazione di grandi pannelli murali dipinti o in ceramica, l’esplorazione dei mosaici, dal 1955, e del vetro, dal 1958, arricchisce notevolmente la visione monumentale dell’artista. Queste tecniche gli consentono di rivisitare e rinnovare il trattamento della materia e della luce nella sua opera: le gamme traslucide e i monocromi aerei delle vetrate la ravvivano di mille trasparenze, mentre le tessere dei mosaici corrispondono a una gamma di colori è già materiale luminoso, di cui l’artista dispone con la massima libertà, grazie alla sua profonda conoscenza della sua resa spaziale.
La sperimentazione è presente anche nei cicli di collage. Queste sorprendenti composizioni di carta e tessuto vengono utilizzate dall’artista come bozzetti preparatori per composizioni monumentali, dove si articolano forme geometriche e colori accesi – dal giallo solare al blu indaco, dal rosa magenta al verde assenzio. Questo approccio giocoso e sensoriale eredita certamente la scultura e la ceramica, soprattutto quando l’artista introduce sul supporto sabbia, segatura o piante, rivelando una materia plastica vibrante e organica. Ancora una volta il colore emerge in forme libere ed effervescenti che sembrano respingere i limiti spaziali imposti dalla tela.

Marc Chagall, Le Cantique des Cantiques IV, 1958, huile sur papier marouflé sur toile, 144,5 x 210,5 cm, musée national Marc Chagall, Nice, Dépôt du Centre Pompidou, France, Photo © RMN-Grand Palais (musée Marc Chagall) / Adrien Didierjean, © Adagp, Paris, 2023

Il messaggio biblico

Il percorso della mostra immersiva si conclude con le 17 composizioni monumentali che adornano le ringhiere del Museo Nazionale Marc Chagall di Nizza, ovvero la serie Messaggio biblico. Realizzati negli anni ’50 e ’60, questi dipinti evocano scene della Genesi e dell’Esodo, così come il Cantico dei Cantici. I primi piani sulla materia pittorica permettono di immergersi in diversi decenni di sperimentazione con tutte le tecniche e i supporti, che a loro volta hanno nutrito la pittura, la prima tecnica adottata da Chagall. Si trasforma e si arricchisce grazie allo studio del bianco e nero e delle sfumature di grigio rese possibili dalla pratica della stampa e dell’acquerello, alle trasparenze e ai riflessi delle vetrate e dei mosaici monumentali e ancora al lavoro sugli spessori, rilievi e materiali offerti dalla scultura e dalla ceramica. In queste rappresentazioni di scene bibliche, si apprezza anche, ancora una volta, la ricchezza delle fonti di questo artista cosmopolita, sempre attento all’arte del suo tempo, che seppe conciliare suggestioni molto diverse dell’arte antica, moderna e contemporanea, espressioni tradizionali e popolari, in un’opera accattivante e unica nel suo genere.

Marc Chagall à New York, 1941, Photo © Archives Marc et Ida Chagall, Paris

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