La crisi pesa sempre di più sulle imprese italiane. Nei primi sei mesi del 2012 sono state aperte 6.500 procedure fallimentari, un numero superiore a quello registrato nello stesso periodo del 2011, che a sua volta era stato un anno record per i fallimenti. Il dato è stato diffuso oggi dall’Osservatorio sulla crisi d’impresa Cerved Group, a poche ore dall’incontro a Palazzo Chigi fra il premier Mario Monti e i presidenti di Confindustria, Rete Imprese Italia, Abi, Ania e Alleanza delle Cooperative.
L’andamento del fenomeno non è tuttavia regolare. Nel secondo trimestre di quest’anno sono state aperte circa 3.300 procedure fallimentari, il 3,2% in meno rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso.
Quasi tre quarti dei fallimenti riguardano società di capitali, la forma giuridica che ha sofferto maggiormente durante la crisi e che ha evidenziato un aumento dei default del 4,6% nei primi sei mesi del 2012. Per quanto riguarda gli altri tipi di imprese, il dato è in calo del 7,3% tra le società di persone e del 9,8% tra quelle individuali.
Sull’andamento di questo semestre pesano soprattutto i fallimenti nel settore delle costruzioni (+4,8%) e dei servizi (+1,2%), mentre continua la discesa delle procedure nel comparto dell’industria (-8,6%).
A livello territoriale la situazione non è affatto omogenea: mentre nel Nord Ovest e al Centro i default continuano a crescere (rispettivamente +5,5% e +7,1%), nel Nord Est e nel Sud diminuiscono (-9,8% e -1,7%). Il dato è particolarmente negativo in Lombardia (+6,2%), mentre continua a migliorare in Veneto (-13,2%) e in Emilia- Romagna (-10,2%), nonostante la situazione d’emergenza legata al terremoto.
“L’alto numero di fallimenti osservato nella prima metà dell’anno riflette un momento particolarmente critico per il nostro sistema produttivo – commenta Gianandrea De Bernardis, amministratore delegato di Cerved Group -. La recessione iniziata nella seconda metà del 2011 sta investendo un sistema di imprese già indebolito dalla prima fase della crisi, seguita da una ripresa troppo debole e breve”.
L’incremento dei default è stato accompagnato da una nuova fiammata dei concordati preventivi, la procedura con cui l’imprenditore può tentare di trovare un accordo con i suoi creditori per evitare il fallimento e superare il momento di crisi. Nella prima metà dell’anno le domande di concordato sono tornate a crescere a ritmi preoccupanti: tra marzo e giugno si contano 312 concordati, il 17% in più rispetto al secondo trimestre 2011. Un dato che porta a 575 il totale delle procedure aperte nei primi sei mesi dell’anno, contro le 518 rilevate nei primi sei mesi del 2011 (+11,6%). Il ricorso a questo strumento è aumentato nell’industria (+6%) e soprattutto nell’edilizia (+49%), mentre risulta in lieve calo nel terziario (-1,4%).
“I concordati preventivi – continua De Berardinis – pur coinvolgendo un numero meno significativo di imprese rispetto ai fallimenti, sono un termometro importante dello stato di difficoltà. Da un lato perché coinvolgono aziende mediamente più grandi e quindi con effetti più negativi su occupazione e indotto, dall’altro perché reagiscono prima alla congiuntura. Questo forte aumento può quindi anticipare un ulteriore peggioramento sul fronte dei fallimenti”.