Gli industriali delle piastrelle, a partire da quelli di Sassuolo, lo hanno detto in tutti i modi e in tutti contesti: i costi dell’energia ci stanno strangolando, facciamo qualcosa o la crisi potrebbe travolgere una delle realtà più fiorenti del made in Italy e che ha fatto della sostenibilità ecologica della produzione il suo mantra e il suo vanto. I costi di gas ed elettricità sono esplosi e rischiano di mettere in ginocchio un settore che conta 131 aziende, per un giro d’affari di 6,2 miliardi e quasi 20mila lavoratori. Questo comparto, solo per l’energia, spende oggi quanto spendeva per l’intera produzione nel 2019. E di mezzo c’è stato il Covid, con tutto quel che segue in termini di criticità. Il primo semestre del 2022 è stato positivo per le vendite, ma il futuro può diventare nero a causa dell’esplosione del prezzo del gas.
Il grido d’allarme potrà essere ripetuto lunedì, a Bologna, dal presidente di Confindustria ceramica Giovanni Savorani al ministro dell’ambiente Roberto Cingolani, in occasione del convegno inaugurale della 39esima edizione di Cersaie, Salone Internazionale della Ceramica per l’Architettura e dell’Arredobagno.
Per un gioco del destino, però, lunedì sarà anche il “day after” delle elezioni, il giorno in cui si conoscerà l’esito delle politiche a seguito delle quali cambieranno gli interlocutori. Chiunque andrà al governo, comunque, si troverà davanti immutato il problema di chi deve far quadrare i conti per continuare a produrre e dare lavoro. E le risposte dovranno arrivare in fretta. Ecco il punto di vista di Savorani e le speranze che le aziende ripongono nell’appuntamento bolognese, al quale parteciperanno 624 espositori, il 38% dei quali esteri, provenienti da 26 nazioni.
Presidente Savorani, ci può chiarire qual è la situazione di chi opera nel vostro settore?
«Credo non siano state ancora percepite la reale dimensione del problema energetico e l’urgenza delle risposte necessarie. Per il settore ceramico, oggi il costo dell’energia supera il costo totale industriale che avevamo nel 2019. È chiaro? I recenti provvedimenti inseriti nel decreto Aiuti Ter vanno nella giusta direzione, ma sono lontani dalla soluzione del problema. Produrre un metro quadro di piastrelle oggi costa 9 euro solo di gas. Se pensiamo che l’aumento di un euro va moltiplicato per ognuno dei 70 miliardi metri cubi di metano consumati in Italia ogni anno, ci rendiamo conto che solo il problema del metano ha la dimensione di due leggi finanziarie. Questa Impennata ha colpito soprattutto l’Europa. Di fronte a questo io credo che andrebbero sospese le contrattazioni del gas sul TtF di Amsterdam, come succede in Borsa quando un titolo sale o scende troppo».
Se la situazione non cambia cosa potrà succedervi?
«Rischiamo di rimanere fuori da tutti i mercati e l’urgenza riguarda l’oggi, non il domani. Molte aziende sono in sofferenza già adesso. Tardano o hanno tardato a riaprire dopo la pausa estiva e temo che prima della fine dell’anno possa esserci un peggioramento della situazione. Se per difenderci dobbiamo aumentare i prezzi, poi dobbiamo aspettarci che calino le vendite. Inoltre la crescita dei prezzi crea inflazione e ci rende meno competitivi. Quando si perderà competitività, di conseguenza, si perderanno gli ordini sui mercati internazionali, in primis quelli non sottoposti al regime Emission Trading System come il nostro».
In questo contesto la sostenibilità resta per voi un valore?
«Certamente, siamo convinti che la sostenibilità sia un fattore strategico del settore sulla competitività internazionale, per la quale abbiamo fatto e continuiamo a fare significativi investimenti e che ci pone in una posizione di leadership rispetto ai nostri competitor internazionali. Noi siamo energivori per 30 minuti per creare un prodotto che ha una vita di oltre 50 anni. La ceramica italiana è leader nella transizione energetica perché investe da sempre nel rispetto dell’ambiente, ma si devono creare anche le condizioni per mantenere la nostra competitività sui mercati globali. Non vogliamo una transizione ecologica che faccia perdere posti di lavoro. Quindi non vogliamo sospendere la transizione energetica o la transizione ecologica, ma vogliamo che cambi. Abbiamo già messo in moto tutta una serie di investimenti e di ricerche per portare avanti questo processo, però per ogni progetto di sostenibilità, che sia esso sanitario, ecologico o sociale, a monte ci deve essere una sostenibilità economica, altrimenti non si può fare niente. Dobbiamo anche metterci nei panni di un acquirente che deve pagare 20 euro a metro quadro per piastrelle prodotte a questi costi energetici e nel rispetto dell’ambiente, quando può spendere magari la metà per un prodotto non europeo, che viene da un’azienda che paga l’energia molto meno e non si pone problemi d’inquinamento».
Per fronteggiare l’aumento dei costi pensate di ricorrere alla cassa integrazione?
«Previsioni di cassa integrazione non ne faccio. I dipendenti delle ceramiche italiane sono 19.500, con un indotto che conta più o meno altrettante persone. Esportiamo l’85% di ciò che produciamo. Vediamo se con questo Cersaie riusciamo a mantenere un flusso di ordinativi sufficiente. L’urgenza sta nel salvaguardare famiglie e imprese, due cose che vanno di pari passo. Se le persone finiscono in cassa integrazione, con gli stipendi ridotti, i problemi delle famiglie esplodono».
Voi cosa suggerite?
«Oltre a una generale moratoria sui mutui, sia per le famiglie sia per le imprese, chiediamo una maggiore estrazione di gas nazionale, che ci consenta di avere il metano a un prezzo più congruo e compatibile col mercato».