X

Cernobbio, parla Ferragamo: “Cina e Russia non preoccupano. Draghi ok, ma ora tocca a Renzi”

Tra banchieri e politici (categorie sicuramente predominanti), al workshop Ambrosetti di Cernobbio spiccano anche i protagonisti di quell’economia reale che attende ancora i benefici delle acclamate mosse di Mario Draghi, e le conseguenti riforme che ora spettano alla politica “per non sprecare” l’iniezione di fiducia (e di denaro) del presidente della Bce. Anche se si è, come Ferruccio Ferragamo, imprenditori del “made in Italy” e per giunta in settori – come il lusso e la moda – che la crisi non l’hanno conosciuta o che nella peggiore delle ipotesi la stanno già superando. “L’Europa non deve andare col pilota automatico”, dice il presidente del gruppo fiorentino che ha appena pubblicato una semestrale con un fatturato cresciuto nella prima parte del 2014 del 6% a 659 milioni di euro, mentre l’utile netto è sceso del 6% (però senza considerare la plusvalenza straordinaria di un anno fa si registra un incremento del 10%).

La crescita ha riguardato anche il temuto secondo trimestre, quando il rallentamento dell’economia cinese (che rappresenta, insieme agli Stati Uniti, il primo mercato di Ferragamo, e che comunque continua a crescere oltre il 7%, soglia ritenuta decisiva da molti analisti) faceva pensare a possibili ripercussioni che infatti hanno preoccupato non poco gli investitori. Tant’è vero che a Piazza Affari la maison fiorentina ha perso l’11% negli ultimi 12 mesi, ma nell’ultimo mese ha recuperato con un balzo del 17% che la sta riavvicinando alla soglia dei 28 euro per azione. E l’outlook per i conti di fine 2014, salvo turbative di mercato, “è di un’ulteriore crescita. Nel primo semestre, comunque, abbiamo registrato performance superiori alla media dei competitor”. Persino in Giappone, che pure è stato l’unico Paese a far segnare una contrazione del fatturato (-4%), però ampiamente prevista dopo l’inasprimento della tassa sui consumi, partita in aprile scorso.

“Non ci preoccupano né il rallentamento della Cina, che rimane un mercato per noi altamente competitivo, né la situazione in Russia: al momento per noi resta tutto come prima, non ci siamo schierati sulla questione”, dice il numero uno del gruppo che produce il 100% della linea in Italia (a metà tra Toscana, dove è stata fondata la società e Campania, di dove è originaria la famiglia), dove però vende solo il 10%, al cospetto di un 90% destinato all’export (dato superiore alla media delle aziende italiane), che quindi si gioverà della mossa di Draghi, dato che l’indebolimento dell’euro avvantaggerà molte aziende dell’eurozona presenti sui mercati extra-Ue. “Draghi è stato brillante”, osserva Ferragamo – serafico anche sulla Russia, laddove colossi dell’abbigliamento come per esempio Adidas sono già stati costretti a ridurre drasticamente i target – in scia alla valanga di complimenti che il numero uno della Bce ha ricevuto dalla platea di Cernobbio.

Platea che il premier Matteo Renzi, concittadino della famiglia Ferragamo, ha per così dire snobbato ma dalla quale riceve invece in cambio consensi e incoraggiamento. “Sono un ammiratore di Renzi – conferma Ferruccio Ferragamo -, che ha governato bene a Firenze, una città difficile, e col quale mi trovo d’accordo su tutto quello che si sta proponendo di fare anche come premier: bisogna solo sperare che lo faccia davvero”. Firenze, piccolissimo centro per uno abituato a lavorare “in oltre 100 mercati” di tutto il mondo, che gli bastano a restare grande ma che non gli faranno mollare il sogno di un’Italia che torni protagonista. “Continuare a produrre qui, quando ci costerebbe molto meno farlo altrove, è una forma di rispetto per i lavoratori italiani, che nei decenni ci hanno permesso di arrivare dove siamo arrivati. Il made in Italy non è solo uno slogan ma per noi è un secondo marchio, un marchio di garanzia di qualità”.

Non basta Draghi, dunque, ora tocca a Renzi. Perché se è vero che si può vivere di Cina (“e anche di Stati Uniti – tiene a ricordare Ferragamo – mentre tra gli emergenti segnalo il Messico”), è anche vero che non si può non vivere di Italia. Che cosa farebbe lui se fosse al posto del premier? “Priorità assoluta ai giovani è la prima cosa che mi viene in mente. E poi riduzione della spesa pubblica”.

Related Post
Categories: Cultura