Khmelnitsky, Ucraina del Sud, Rivne e Zaporizhzhia. Sono quattro le centrali nucleari attive in Ucraina a cui si aggiunge Chernobyl, la più nota al mondo, ma non più in funzione dopo il disastro del 1986. In totale ci sono 15 i reattori funzionanti che producono complessivamente 13.823 megawatt, coprendo il 55% del fabbisogno energetico del Paese.
Non è difficile comprendere dunque quanto sia elevata la preoccupazione degli osservatori internazionali dopo l’invasione della Russia in Ucraina e i combattimenti di Chernobyl e Zaporizhzhia. In gioco non c’è solo il futuro dell’Ucraina, ma dall’Europa intera.
L’attacco alla centrale nucleare Zaporizhzhia
Nelle prime ore di venerdì l’esercito russo ha attaccato un edificio vicino alla centrale nucleare di Zaporizhzhia, nel sud-est dell’Ucraina, il più grande impianto nucleare d’Europa, il nono più grande al mondo, che ospita 6 dei 15 reattori nucleari dell’Ucraina.
Dopo ore di intensi combattimenti e un grosso incendio divampato in una parte della centrale dedicata agli addestramenti, la situazione sarebbe tornata sotto controllo, ma le truppe russe avrebbero preso il controllo dell’impianto.
Le autorità ucraine hanno reso noto che l’impianto non avrebbe subito danni. Una notizia confermata anche dall’Aiea, l’Agenzia internazionale per l’energia atomica. “Non ci sono fughe radioattive”, ha affermato il direttore Rafael Mariano Grossi, dicendosi però “profondamente preoccupato” per la battaglia. Grossi ha riferito che “l’edificio dove è scoppiato l’incendio è vicinissimo all’impianto; l’incendio è stato domato”. Gli impianti di sicurezza dei sei reattori “non sono stati compromessi”. Ma la situazione “resta tesa”.
Il motivo non è difficile da intuire. Il ministro degli Esteri ucraino infatti ha fatto sapere che un’eventuale esplosione della centrale nucleare di Zaporizhzhia causerebbe un disastro “dieci volte più grave di quello di Chernobyl”
Secondo, Claire Corkhill, un’esperta di energia nucleare intervistata dalla Bbc, l’attacco russo all’impianto avrebbe però un’altro scopo: quello di privare l’Ucraina dell’energia elettrica prodotta dalla centrale. Normalmente, infatti, Zaporizhzhia genera circa un quinto dell’elettricità dell’Ucraina e quasi la metà dell’energia elettrica derivante dal nucleare nel Paese.
Le altre centrali nucleari in Ucraina
Oltre a Zaporizhzhia, in Ucraina ci sono altre tre centrali nucleari attive. La prima è Ucraina del Sud, situata nei pressi della città di Južnoukraïns’k, nell’oblast di Mykolaïv. Ospita tre reattori funzionanti e, data la sua posizione, potrebbe ben presto diventare la terza centrale nucleare (dopo Chernobyl e Zaporizhzhia) attaccata dall’esercito russo in pochi giorni.
Le altre due centrali nucleari ucraine sono a Rivne e a Khmelnitsky, situate nella parte nord-ovest del Paese, la prima molto vicina al confine con la Polonia. A Rivne sono attivi 4 reattori nucleari che producono 2.657 Mw, a Khmelnitsky ce ne sono altri due per 1.900 Mw.
Se tutte e quattro le centrali attive fossero conquistate dai russi, l’intero patrimonio energetico dell’Ucraina sarebbe nelle mani di Mosca, diventando un’arma potentissima nel corso dei negoziati.
Alle centrale attive sopra descritte occorre ovviamente aggiungere Chernobyl. La centrale non funziona più dalla famosa tragedia del 1986, quando l’esplosione del reattore numero 4 sprigionò una nuvola di materiale radioattivo che provocò la contaminazione di gran parte dell’Europa. L’impianto (e il suo celebre “sarcofago” che copre il reattore 4) è finito sotto il controllo dell’esercito russo nei giorni scorsi.
Quali sono i rischi?
In un’intervista al Corriere della Sera, il dirigente di ricerca del Cnr ha spiegato che “esistono diversi pericoli. È la prima volta che un territorio che ospita centrali nucleari si trova in uno scenario di guerra. Queste centrali non sono state pensate per resistere a un attacco militare, anche convenzionale”.
Un altro rischio è legato al funzionamento degli impianti nucleari “che hanno bisogno in continuazione di elettricità e di essere raffreddati ad acqua”, ha aggiunto Armaroli. Senza queste operazioni e un attento monitoraggio, la situazione potrebbe deflagrare.
C’è poi un terzo rischio che ha direttamente a che fare con “l’uomo”. “Come può un personale che già in condizioni normali lavora sotto stress operare in questa situazione? Ricordiamo che anche a Chernobyl l’errore umano fu determinante”, conclude Armaroli.