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Ceci neri delle Murge: un condensato di salute riscoperto da poco

Foto Prosciam ceci lisci di cassano delle murge

Fino ad oggi era nota per la Foresta Mercadante, una vasta pineta attrezzata che risale al 1928 quando fu realizzata allo scopo di evitare il dissesto idrogeologico della Murgia, e poi per essere terra fertile di produzione di mandorle, olive e uva e prodotti lavorati dell’agricoltura, ma anche per essere stata teatro naturale di uno dei primi film del cinema muto italiano realizzato fra il 1930 e il 1931 dal regista messinese Febo Mauri dal titolo, che è tutto un programma, Idillio Infranto, poi per aver fornito una meravigliosa scenografia al regista Francesco Rosi per il grandioso affresco rurale rappresentato dal suo film i tre fratelli del 1981 con Michele Placido, Filippe Noiret e Vittorio Mezzogiorno, e più recentemente per il film L’Amore ritorna del regista Sergio Rubini con Margherita Buy e Mariangela Melato.

Ma ora Cassano delle Murge, paese di 14000 abitanti compreso nell’aria metropolitana di Bari lega il suo nome alla riscoperta di un prodotto eccellente dell’agrobiodiversità italiana, i Ceci lisci di Cassano che sono entrati di diritto a far parte dei presidi Slow Food del nostro paese. Recuperati grazie al ritrovamento di un pugno di semi nella cantina di un anziano contadino.

Una vera e propria operazione di archeologia delle sementi

Quella dei ceci lisci di Cassano delle Murge può essere definita una vera e propria operazione di archeologia delle sementi come sostiene con felice espressione Nicola Curci, fiduciario della Condotta Slow Food delle Murge, nel Barese. E il paragone in effetti regge: basti pensare al modo in cui sono stati rinvenuti. Erano pressoché scomparsi, dai terreni di questo angolo di Puglia.

Poi fortunosamente, una decina d’anni fa, due benemeriti imprenditori locali, appassionati di storia dei costumi, delle tradizioni contadine, dei prodotti della terra che avevano dato vita ad una Associazione culturale di sviluppo del territorio, Vito Proscia, e Eustachio Racano, perlustrando le campagne del murgese si imbatterono in un anziano contadino di Cassano.. Ma lasciamo la parola a Vito Proscia: “chiacchierando, finimmo a parlare dei tradizionali ceci lisci. In cantina, dentro a due boccacci (barattoli di vetro per conservare gli alimenti, ndr), ne aveva un paio di chili. Ce li ha affidati, ci ha spiegato come seminarli e noi l’abbiamo fatto. Col tempo abbiamo imparato le caratteristiche di questa coltura e le attenzioni e le cure di cui necessita, coinvolgendo altre persone che, negli anni, hanno scelto di reinventarsi aprendo aziende agricole proprie».

Come sempre accade in questi casi, la diffidenza è sovrana rispetto al recupero di specie antiche uscite dal mercato. Ma l’entusiasmo debordante di Proscia per la sua terra è risultato alla fine vincente.

«I primi tempi, nessuno credeva che avessimo ricominciato per davvero a coltivare il cece nero liscio di Cassano» prosegue Proscia. Nella zona, infatti, questa varietà aveva da tempo lasciato spazio a cultivar più adatte alla meccanizzazione, e di conseguenza maggiormente redditizie. «Non solo. Proseguendo nella nostra ricerca, cinque o sei anni fa abbiamo ritrovato anche il cece rosso».

Il recupero, in questo caso, è ancora in corso, pertanto la produzione continua ad avere numeri piuttosto bassi: il raccolto del cece rosso si attesta intorno ai 120 chilogrammi all’anno, mentre per quanto riguarda quello nero (che ha una decina d’anni in più di lavoro alle spalle) si supera la dozzina di quintali, sufficienti per metterlo in commercio anche sotto forma di farina.

I produttori che coltivano i ceci lisci di Cassano delle Murge riconosciuti Presidio Slow Food, oggi, sono una decina. A loro, nella Comunità Slow Food nata nel 2019 per valorizzare questa coltura tradizionale, si aggiungono due ristoratori e un agronomo. «Si incontrano, si scambiano informazioni, si prestano gli attrezzi – racconta Curci -. Sono una dozzina di persone, molto legate tra loro anche da un retroterra culturale, e colturale, comune».

I coltivatori si impegnano a rispettare un rigido disciplinare di produzione: i semi si interrano tra dicembre e febbraio rigorosamente a mano, così come manuale è la raccolta che avviene tra giugno e luglio. Le piante estirpate vengono prima raggruppate in covoni, poi battute con l’ausilio di bastoni di legno, infine agitate sotto vento per separare la granella da eventuali residui di pianta, foglie e baccelli.

Il riconoscimento come Presidio Slow Food non è il primo attestato ricevuto dal cece liscio di Cassano: «Rappresenta la nostra città nel Paniere del Parco dell’Alta Murgia, il progetto nato per far conoscere e apprezzare le produzioni tipiche dei 13 comuni che rientrano nell’area» ricorda Curci. Per Proscia, che della riscoperta del cece liscio è stato uno dei protagonisti, questo legume ha un valore importante: «Mi sono cimentato nella sua valorizzazione per le caratteristiche che ha, ma soprattutto perché è qualcosa che ci è stato tramandato dai nostri avi. Per questa ragione continuerò a farlo, senza la presunzione di dire che il nostro cece sia migliore di altri».

L’area di produzione dei ceci lisci di Cassano delle Murge Presidio Slow Food comprende il comune di Cassano delle Murge e alcuni territori dei comuni limitrofi di Grumo Appula, Santeramo in Colle, Altamura e Sannicandro di Bari, provincia di Bari.

Apprezzato anticamente per le sue capacità nutritive e salutari

Se a qualcuno dovesse a questo punto sorgere la domanda, ma perché sprecare energie per un legume che il mercato stesso ha fatto cadere nell’oblio? La risposta, al di là dell’obbligo che abbiamo di salvaguardare ogni espressione della biodiversità italiana per tramandarla ai posteri, e dell’esigenza di conciliare un’agricoltura produttiva con la tutela degli ecosistemi, mantenendo la complessità e la ricchezza genetica delle specie agricole, sia quelle coltivate che quelle selvatiche, sta nelle qualità del cece nero che non solo risulta essere particolarmente saporito ma anche particolarmente ricco di sostanze nutritive, molte più del parente bianco, ed è quindi in grado di assicurare molti benefici al nostro organismo. Intanto contengono più ferro rispetto alla qualità più chiara, e già questo in tempi di Covid dovrebbe indurre a un consumo più consistente di questo legume nella nostra dieta. sono inoltre ricchi di vitamine (B, C, K, E) e sali minerali (fosforo, magnesio e potassio). Il loro consumo aiuta a regolare la quantità di glucosio presente nel sangue e, in virtù della grande quantità di ferro che contengono, tradizionalmente nelle campagne venivano consigliati alle donne in gravidanza o che avevano partorito da poco. Il consumo di ceci è consigliato soprattutto per mantenere le ossa in salute, per via della loro ricchezza di sali minerali, e per abbassare il colesterolo. Grazie al loro contenuto di potassio infine i ceci sono ritenuti benefici per preservare la salute del cuore e la buona circolazione del sangue. Ancora c’è da sottolineare che sono particolarmente ricchi di fibre, addirittura il triplo rispetto ai ceci chiari, cosa che ha notevoli effetti sulla motilità intestinale. E non da ultimo che sono fondamentali nell’alimentazione di chi soffre di celiachia.

Infine come tutti i ceci hanno capacità di saziare lo stomaco, per cui sono stati largamente usati nei tempi antichi in sostituzione della carne.

E a proposito di tempi antichi val la pena di ricordare che i ceci avrebbero offerto nutrimento addirittura ai nostri antenati dell’età del bronzo. E furono poi molto apprezzati dagli egizi, dai greci e dai romani unitamente alla soia e ai fagioli.

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