Piatto povero, ma molto nutriente, i ceci – come tutti i legumi – hanno una antica storia. Orazio ne parla nelle sue Satire esaltando nel I secolo a.C, al ritorno da una passeggiata serale al Foro, un gustoso un piatto di ceci, porri e lagana, una sorta di anticipazione della pasta e ceci che poi diventerà un classico della cucina regionale italiana: “inde domum me ad porri et ciceris refero laganique catinum”.
Piatto povero ma molto apprezzato per il suo sapore e soprattutto per le sue proprietà energetiche al punto che non mancava mai nelle diete di soldati e gladiatori, già allora non temeva di confrontarsi con piatti più nobili e costosi come emerge dalla testimonianza di un crapulesco pranzo-spettacolo allestito dal liberto Trimalcione nel Satyricon di Petronio in cui venivano serviti assieme a uova di pavone, ghiri al miele, aragoste…
Saporiti, gustosi ma anche…afrodisiaci, almeno i romani ne erano convinti, sicché, stando a quanto riferito da Plinio, erano chiamati “ceci di Venere” e venivano consumati in veglie rituali licenziose dove sacro e profano convivevano felicemente.
Utili per ridurre i livelli di colesterolo e trigliceridi nel sangue ricchi di omega 3 particolarmente salutari per il cuore.
Abbiamo detto delle loro proprietà nutraceutiche dei loro effetti benefici sull’organismo che possono essere sintetizzati così: oltre a essere ottime fonti di proteine vegetali, fibre e vitamine (soprattutto del gruppo B) e di due minerali molto importanti per il benessere dell’organismo, il magnesio e il fosforo, contengono inoltre molte saponine, sostanze utili per ridurre i livelli di colesterolo e trigliceridi nel sangue. La quantità di acidi grassi omega 3 (soprattutto acido linoleico) in essi contenuti, inoltre, rende i ceci particolarmente salutari per il cuore.
Il sito dell’Humanitas entra più nello specifico fornendo uno spetto esauriente delle sostanze e delle vitamine contenute in un piatto di ceci: fra i minerali troviamo sodio, potassio, ferro, calcio, fosforo, magnesio, zinco, rame e selenio. Ma poi contengono anche tiamina (vitamina B1), riboflavina (vitamina B2), niacina (vitamina B3 o vitamina PP), vitamina A retinolo eq. tracce di vitamina C e vitamina E.
Storicamente sono molto diffusi in tutta la Basilicata, dove sono protagonisti del piatto del brigante, poiché si narra che fosse una leccornìa per i briganti lucani dell’Ottocento; in Campania dove sono molto comuni nel sud della provincia di Salerno ed in particolare nel Cilento dove vengono spesso preparati con le lagàne, antico formato di pasta simile a delle tagliatelle più corte e larghe, citate nelle opere di Orazio, da cui prende il nome usuale di Lagàne e ceci.
In Puglia, diventano ciceri e tria, il primo piatto più antico e simbolo della cucina salentina in cui una parte della pasta viene fritta per poi essere aggiunta al piatto assieme alla rimanente e ai ceci, parte integrante delle Tavole di San Giuseppe.
Nonostante la loro storia, tuttavia, la produzione di alcune preziose qualità di ceci, orgoglio della biodiversità tutta italiana, stava pericolosamente riducendosi non reggendo all’assalto di produzioni estere più convenienti economicamente per il mercato ma certamente di qualità organoletticamente inferiore. È il caso del Cece di Navelli in Abruzzo, borgo in provincia de L’Aquila di cui porta il nome, che, con i suoi 500 abitanti, si trova a circa 700 metri sul livello del mare e domina l’omonima piana, ai piedi del Gran Sasso, fortunatamente entrato a far parte dei Presidi Slow Food.
Il Presidio ha coinvolto i pochi produttori rimasti a Navelli e nei borghi limitrofi, in un’area che subisce da decenni un lento processo di spopolamento, che si è intensificato dopo il terremoto del 2009. La produzione arriva ai 10 – 15 quintali ad ettaro e proviene solo dai campi, ben drenati ed esposti al sole, che sono stati scelti per questa coltivazione. I produttori si sono riuniti e si sono dati un disciplinare di produzione che garantisce la sostenibilità naturale di questa coltivazione. Il loro obiettivo è la valorizzazione del prodotto non solo sul mercato locale, ma anche il recupero gastronomico di questo legume nella ristorazione.
Il recupero dei Ceci di Navelli che garantisce la sostenibilità naturale di questa coltivazione
La coltivazione dei ceci insieme a quella delle cicerchie e delle lenticchie era radicata in Abruzzo sin da epoca medievale. Documenti storici, accertano la produzione di tale tipologia di legume, nella zona di Navelli fin dal 1800, quando pare fossero in uso tre varietà di ceci: bianchi, rossi e negri. Intorno alla metà del 1700, i monaci del convento di San Domenico a Chieti acquistavano sia ceci rossi che bianchi e, nel 1836, Mozzetti, annotava che Navelli era ancora interessata dalla coltivazione del legume introdotto dalla Spagna dove era in uso una varietà che si distingueva per le dimensioni dei semi. Di solito i ceci venivano consumati in minestra, cotti con la pasta o ridotti in farina per farne la fracchiata, una polenta di farine di altri legumi e cereali. I ceci arrostiti in una pentola con il vino erano un cibo preparato durante i momenti conviviali, in cantine, tra amici e non mancavamo mai anche sulle bancarelle delle festività religiose.
Lo storico teramano Quartapelle scriveva nel 1801 “colla farina di ceci si fa una sorta di polenta, che piace assai ai nostri contadini; se ne fanno ancora delle buone fritture. La medesima si unisce colla farina di frumento per farne del pane. Coi ceci bianchi cotti nell’acqua, e poscia pestati se ne fanno dei ravioli, vivanda di ceci pestati condita col pepe e col miele o collo zucchero e chiusa in piccoli pezzetti di pasta”. Una curiosità. Il Trigramma (ovvero la trascrizione latina del nome greco di Gesù, IHS o JJS) presente all’interno della Basilica di San Bernardino de L’Aquila, ha un legame con il cece di Navelli. In base agli studi condotti, infatti, sembra che i ceci siano stati incollati al tavolato ligneo che sorregge l’opera per rendere la superficie irregolare e scabra. Dorati e stuccati, i ceci sono stati utilizzati per creare un definito effetto chiaroscurale.
In Abruzzo i ceci vengono utilizzati per molte preparazioni, ma il piatto di rito, sostanzioso e nutriente, che riscaldava il corpo e apriva il cenone della Vigilia di Natale era, ed è, la zuppa di ceci.
I ceci bolliti, schiacciati e mescolati con il miele, costituiscono anche la farcia di squisiti dolcetti natalizi abruzzesi, chiamati calcionetti.
I Produttori del Cece di Navelli
Tommaso Angelone
Navelli (Aq) Via dei Mori, 5
Tel. 339.6223456
tommaso.angelone57@gmail.com
Tommaso Cantalini
Navelli (Aq), Via del Commercio, 3
Tel. 338.3304194
Giuliana Di Luzio
Navelli (Aq) Via Fontevecchia, 5
Tel. 338.5865607 – 339 7797235
giuliana.diluzio@gmail.com
Berardino Di Felice
Navelli (Aq) Via Spiagge Grandi, 26
Tel. 329.6121814
berardino.difelice@libero.it
Agnese Di Iorio
Civitarenga (Aq) Via Cavour, 3
tel. 334.9038827
napoleonegianfranco@gmail.com
Mario Federico
Navelli (Aq) Via Roma, 10
Tel. 339.2806981
federico.mario79@tiscali.it
Alfonso Papaoli
Navelli (Aq) Via Spiagge Piccole 2
Tel. 347.9331731
info@papaolizafferano.com
Giuseppino Petrucci
Navelli (Aq) Via Pereto, 11
Tel. 329.2806981
giuseppinopetrucci@libero.it