L’Italia non è un paese per giovani. O perlomeno non lo sono le grandi società. Da un’analisi di Spencer Stuart, società privata statunitense di consulenza aziendale, specializzata nel reclutamento di figure dirigenziali e di alto-funzionariale, risulta che i Ceo under 40 nelle top 100 aziende italiane sono solo il 2%, percentuale inferiore anche a quella degli over 80 (3%). Manca così un vero e proprio ricambio generazionale.
Il Board Index 2023 di Spencer Stuart ha analizzato le prime 100 società italiane per capitalizzazione, di cui 38 quotate nell’indice FtseMib.
Cresce l’età media dei CdA
L’età media dei membri dei Consigli di Amministrazione è in aumento. L’età media è aumentata da 57,7 a 59,2 anni tra il 2022 e il 2023, con le donne più giovani, 57,4 anni in media, rispetto agli uomini con 60,5 anni.
La maggior concentrazione di età, il 42%, si trova tra i 51 e i 60 anni. Vi è anche una differenza significativa tra l’età dei presidenti (64,6 anni in media) e quella degli amministratori delegati (57,9 anni).
L’inclusione dei giovani nei consigli di amministrazione in Italia è attualmente limitata, con i “Next Gen Directors” (consiglieri sotto i 40 anni) che costituiscono solo il 2% del totale, mentre i consiglieri sopra i 80 anni sono il 3%.
Mancano piani di successione strutturati
L’assenza di un ricambio generazionale nei board è correlato a quello della mancanza di piani di successione strutturati. Secondo Spencer Stuart, in futuro, le aziende dovranno concentrarsi non solo sull’integrazione delle nuove generazioni nei consigli, ma anche su processi di inserimento e formazione ben strutturati per consentire ai giovani di contribuire in modo significativo alle organizzazioni di vertice.
Nonostante il Codice di Corporate Governance richieda ai consigli di definire un piano di successione per il CEO e gli esecutivi che si attivi in caso di emergenza, solo 17 società, meno del 20%, hanno un piano strutturato per questo scopo. Circa la metà, 57 società, dichiarano di avere un “contingency plan” per situazioni di emergenza, mentre 37 non ne hanno uno. Questo evidenzia una resistenza culturale in Italia nel trattare il tema della successione fino a quando non si presenta il problema, con il rischio di sottostimare i pericoli associati.
Oltretutto la mancanza di un piano strutturato di successione per l’amministratore delegato nelle grandi società quotate, comprese quelle del Ftse Mib, è un motivo di preoccupazione per gli stakeholder.
“Nel nostro Paese, in particolare, c’è una resistenza culturale che porta a rinviare il tema finché non si presenta il problema, con una pericolosa sottovalutazione dei rischi che questo può portare. Aver piani strutturati e continuamente aggiornati nel tempo, oltre a rafforzare la società, significa focalizzarsi sui talenti interni che devono essere valorizzati e fatti crescere, così come su quelli esterni con scouting. In questo si esprime anche il ruolo sociale dell’amministratore delegato” spiega Giovanna Gallì, partner e director di Spencer Stuart.
E le donne?
Nell’indice di Spencer Stuart, che comprende oltre 100 società, il numero di donne nei consigli di amministrazione è aumentato leggermente, raggiungendo 397, con una quota del 42%, appena un punto percentuale in più rispetto al 2022 (41%). Tra le 170 nuove nomine, il 49% sono donne, mostrando una quasi parità di genere.
Cambia la questione quando si tratta di ruoli esecutivi. Qui la situazione si deteriora: solo 20 donne ricoprono tali posizioni, 3 in meno rispetto al 2022. Di queste, solo 5 sono amministratrici o amministratori delegati, rappresentando solo il 4,4% del totale dei ruoli di amministratore o consigliere delegato. Delle 16 donne presidenti senza cariche esecutive, soltanto 2 occupano una posizione di presidente con cariche esecutive.
Tabella Spencer Stuart