“Un piano per la crescita in Europa” è il titolo, tanto suggestivo quanto impegnativo, della lettera (la cui stesura è stata suggerita dal presidente Monti) che il 20 febbraio dodici primi ministri europei hanno inviato a van Rompuy, presidente del Consiglio Europeo, e a Manuel Barroso, presidente della Commissione europea. E’ una lettera le cui indicazioni per la crescita economica, anche dell’Italia, dovrebbero essere tenute in prioritaria considerazione dal presidente Monti nel momento in cui dovesse disvelare alle parti sociali l’esistenza (se ci sarà) e il quantum del tesoretto accumulato per effetto della lotta all’evasione.
Al fine di evitare ogni tentativo di affannosa ”prenotazione”, bene ha fatto per ora il presidente Monti a non impegnarsi a dedicare il tesoretto per la riduzione delle imposte o per perseguire altri fini di carattere sociale o corporativo, che parimenti alla riduzione fiscale coinvolgerebbero una assai vasta moltitudine di soggetti: che conseguentemente beneficerebbero di ammontari pro capite necessariamente modesti.
Certo il consenso sociale sarebbe vasto poiché, nei fatti, risulterebbe quasi impossibile selezionare i pochi beneficiati dalla nuova provvidenza; e quasi certa sarebbe anche la singolar tenzone tra le parti sciali affinché nessuno dei loro rappresentati risultasse escluso. Seguirebbe inevitabilmente la dispersione delle risorse. Un pizzico di equità e qualche effetto positivo sulla domanda di consumo delle famiglie non sarebbero da escludere, ma quasi nulla sarebbe la spinta alla crescita dell’economia italiana: oggi il punto più dolente ed il più invocato
La lettera prima ricordata legittima l’adozione di ciò che i giocatori di scacchi chiamano la “mossa del cavallo”, nel caso si voglia utilizzare, se vi sarà, il tesoretto al fine di evitarne la dispersione fra tanti obiettivi. Meglio sarebbe dunque che il Governo Monti tenesse ben ferma la vecchia regola della politica economica e di bilancio un solo strumento per un solo obiettivo; mai uno strumento per più obiettivi.
Al punto quattro della lettera i dodici firmatari ribadiscono il loro impegno per agire con decisione per migliorare le opportunità di investimento per le start up più innovative e per le imprese idonee a crescere rapidamente. E’ noto che l’Italia è tra gli ultimi posti in queste sfide per la crescita e per la valorizzazione dei giovani che potrebbero affrontarle. Perseguire l’impegno raccomandato nelle lettera ridurrebbe le distanze tra l’Italia e il resto del mondo.
Quale occasione migliore per contrastare le più diffuse e condizionanti aspettative, per concentrare (invece che disperdere) la potenza di fuoco dell’auspicato, ma eventuale, tesoretto sull’unico obiettivo della creazione di nuovi imprenditori (possibilmente giovani e creativi) e dello loro nuove imprese? Occasione favorita anche dal processo delle liberalizzazioni che dovrebbe lasciare spazio alle new entry nei settori liberalizzati.
Sarebbe questo anche il modo migliore per dare contenuto concreto allo Small Business Innovation Research scheme, parimenti raccomandato allo stesso punto quattro della lettera dei dodici primi ministri. Si consideri a questo fine che da quando l’economia italiana è entrata nel-la moneta unica (ben dieci anni orsono) è anche venuta mano la sempre auspicata svalutazione della lira che consentiva agli imprenditori di sostituire con la politica dei prezzi le carenze delle loro mancate innovazioni e ristrutturazioni aziendali interne. Ne è conseguita una sorta di “sciopero degli investimenti” (soprattutto nelle nuove tecnologie) da parte dell’imprenditoria italiana, che, troppo spesso racchiusa e invecchiata entro i perimetri di famiglia più o meno allargata, si accompagna a una fin troppo modesta capitalizzazione delle loro imprese (famiglie ricche, imprese povere si diceva una volta). Le imprese nascono, crescono, ma muoiono se l’imprenditore rinuncia ad investire nelle innovazioni di prodotto e di processo.
Il potenziale tesoretto potrebbe invece portare alla nascita di nuovi imprenditori (possibilmente giovani) con la manifesta volontà di crescere e di creare lavoro. L’effetto della “mossa del cavallo” unitamente a qualcosa di analogo al programma europeo Med “appel aux idées” sarebbe notevole soprattutto sulle nuove generazioni per l’attenzione questa volta loro riservata e per le sfide cui sono chiamate ad affrontare, ma che le vecchie generazioni non paiono aver voglia di affrontare. Si darebbe così un contributo a svecchiare la classe dirigente del paese.
Nel governo Monti le competenze tecniche e la fantasia certamente non difettano “to support innovative and high tech businesses” (così come ci si impegna nella lettera dei dodici primi ministri). Allora perché non provarci a favore di coloro che, anche nel caso dell’utilizzo del potenziale tesoretto rischiano di non essere rappresentati, dedicando esclusivamente a loro questo patrimonio da fare fruttare a beneficio dell’intera economia? Se i non rappresentati dovranno in futuro sostenere parte dell’onere del debito pubblico, oggi meritano di poter disporre delle migliori opportunità per meglio ripagare i nostri debiti.