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Catalogna, Puigdemont rinuncia ma si inventa un “Governo ombra”

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Continua, ad oltranza, la crisi politica catalana in un gioco di paradossi che ha raggiunto vette inimmaginabili.

Dopo mesi di insistenza, l’ex presidente Carles Puigdemont ha deciso di fare un passo indietro, rinunciando alla sua rielezione alla guida della Generalitat. Il numero uno del parlamento di Barcellona, Roger Torrent, in base all’esito delle elezioni del 21 dicembre (vinte dagli indipendentisti) aveva indicato lui e solo lui alla guida della comunità autonoma spagnola, confermando fino a poche ore fa la “legittimità di Puigdemont e denunciando  la “deriva autoritaria” dello Stato. Peccato che l’ex Governatore si trovi da mesi in autoesilio a Bruxelles e non possa tornare in Patria senza essere immediatamente arrestato per ribellione, sedizione e malversazione a causa della dichiarazione unilaterale di indipendenza approvata dal parlamento catalano e avallata dall’ex Governo regionale. “Dettagli” che rendono impossibile la sua nomina a presidente, dato che la legge iberica non prevede la possibilità di elezioni a distanza.

Nel corso dell’ultimo mese, il Presidente destituito ha cercato in tutti i modi di trovare una scappatoia. Tentativi inutili che ieri sera, 28 febbraio, lo hanno portato a desistere e a rinunciare, almeno temporaneamente, alla carica.

In un video diffuso sul Web però, Puigdemont non si è limitato a compiere un passo indietro, ma ha anche indicato il nome di colui, secondo la sua opinione, dovrebbe diventare il nuovo presidente della Catalogna: Jordi Sànchez.

Anche dietro a questa seconda opzione nascondono però “dei dettagli” che potrebbero frapporsi tra gli indipendentisti e la guida della Generalitat. L’ex presidente dell’Assemblea nazionale catalana si trova attualmente in carcere per gli stessi reati che pendono sulla testa di Puigdemont e non può quindi assistere o partecipare alle sedute del parlamento catalano nonostante sia stato eletto deputato alle ultime elezioni. Nei fatti dunque, nemmeno Sànchez potrebbe avere le carte in regola per governare dato che, a meno che i giudici non decidano di scarcerarlo o concedergli dei permessi (fino ad oggi sempre negati) non potrà recarsi in Parlamento per essere eletto, esattamente come il leader “in esilio”. A questo punto, per superare la stasi,  il governo potrebbe passare nelle mani di Jordi Turull, portavoce e ministro della presidenza dell’ex Esecutivo regionale.

Ma non è finita qui. In base alle indiscrezioni pubblicate dalla stampa spagnola infatti, la Catalogna a potrebbe presto ritrovarsi con “due diversi Governi”. Gli indipendentisti avrebbero infatti raggiunto un accordo che stabilisce la creazione di un Consiglio della Repubblica a Bruxelles che affianchierà l’Esecutivo ufficiale che prima o poi dovrà nascere a Barcellona. Una sorta di Governo ombra che guiderà la regione dall’estero, ovviamente capitatano da Puigdemont, e che sarà eletto da una Assemblea della Repubblica formata da deputati e sindaci convocata nei prossimi giorni in Belgio.

Sulla questione è arrivato il commento del Primo ministro spagnolo, Mariano Rajoy, che ha riassunto il piano dei secessionisti catalani con una sola parola: “demenziale”.

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