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Cassese: “Chi governa il mondo? Né gli Stati più potenti né gli organismi sovranazionali”

CONVERSAZIONI IN BORSA CON SABINO CASSESE – Per lo studioso la governance mondiale non può essere pensata come un governo a più livelli ma piuttosto come un marble cake (un dolce dai tratti indefiniti): una rete complicatissima in cui le linee salgono, scendono e si intersecano con sempre più legittimazioni multiple – L’importanza dei buoni negoziatori

Cassese: “Chi governa il mondo? Né gli Stati più potenti né gli organismi sovranazionali”

Potrebbe lo stato del Massacchussets, preoccupato dall’innalzamento del livello del mare, affrontare da solo il problema del global warming? Potrebbero gli Usa governare da soli internet? E ancora, potrebbero i giapponesi affrontare il problema di preservare il tonno, specie per definizione migratoria? Può un solo Stato combattere il problema del terrorismo globale? Con queste domande Sabino Cassese, giudice della Corte Costituzionale e professore emerito di “Storia e teoria dello Stato” alla Scuola Normale Superiore di Pisa, ci introduce nel mondo della complessa governance globale durante l’incontro “Conversazioni in Borsa”, organizzato a PiazzaAffari dall’associazione The Ruling companies. 

La risposta a queste domande, precisa Cassese, è ovvia: “C’è un ordine di problemi che va oltre lo Stato, che richiede soluzioni a livello globale che sono state trovate in regimi regolatori globali”. E così sono nate autorità sovranazionali che regolano alcuni problemi in alcuni settori: da internet con l’Icann, all’Onu, passando per il tonno e la finanza con la Basel Committee. 

Ma è necessario, fa notare il giurista, vedere anche l’altro lato della medaglia. Ponendosi anche un altro tipo di interrogativo: perché gli Stati fanno resistenza agli interventi globali? Qui la risposta è meno ovvia. Perché il Regno Unito si oppone alla sentenza della Corte di Strasburgo che ritiene illegale privare i detenuti delle carceri inglesi del diritto di voto? Perché gli Usa non fanno parte della Corte penale internazionale? Perché la Corte costituzionale tedesca, pur rinviando la decisione su Omt alla Corte di giustizia europea, ha posto la condizione che venisse rispettata la sovranità del popolo tedesco? 

“Le resistenze da parte degli Stati hanno spesso ragionevoli motivazioni”, afferma Cassese. Per citare solo un esempio, una risposta è che gli Usa non fanno parte della Corte penale internazionale perché svolgono la funzione di polizia militare internazionale e non vogliono che i loro uomini siano sottoposti a giudizio di altri Paesi.

“Di fronte alla domanda ‘chi governa il mondo?’ – afferma Cassese – è sbagliata sia la risposta ‘gli Stati più potenti come Usa e Cina’, sia ‘le organizzazioni sovranazionali’. C’è uno spazio in cui si alternano in maniera dinamica queste due realtà”. Il paragone va a un quadro di Jackson Pollock, dove le linee si distribuiscono come un marble cake (ossia un dolce dai tratti indefiniti). Tradotto: non illudiamoci di pensare che ci siano livelli di governo. “Si sta costruendo una rete complicatissima – spiega Cassese – in cui le linee salgono, scendono e si intersecano. Oggi ci sono sempre più multiple legittimazioni, fenomeni che una volta erano impensabili”. 

Cassese cita il cosidetto “Governing by indicators”, ossia la tendenza sempre più presente di fare riferimento a degli indicatori in cui ci si colloca in un contesto globale e ci si misura in relazione agli altri Stati. E il “Government to government trade”, ossia la pratica di scambiarsi servizi tra Stati (per esempio la Francia gestisce le valute di alcuni Stati Africani). “Il senso del discorso – spiega Cassese – è che abbiamo un quadro molto complesso del quadro Multi level government, non ci sono più piani, piuttosto un’intersecazione dei poteri a seconda dei settori. Per comprendere questa realtà bisogna abbandonare i vecchi paradigmi”. 

LA GIUNGLA DEI REGIMI REGOLATORI

Per portarci a questa conclusione nel corso del suo discorso Cassese fa notare i numeri dietro a questi ragionamenti: gli Stati sono circa 200, i regimi regolatori 2.000 e le Ngos (organizzazioni non governative)operanti a livello sovranazionale 60.000. “La velocità di crescita è enorme – precisa Cassese – perché parliamo di qualcosa che si è sviluppato negli ultimi trent’anni”.

Per regimi regolatori si intendono quattro diverse tipologie: le organizzazioni internazionali, i network di regolatori nazionali come il Comitato di Basilea, i regolatori privati e i regolatori ibridi. I regimi regolatori globali fissano standard, fanno attività di esecuzione o di controllo di esecuzione, svolgono attività di risoluzione dei conflitti. “Hanno i tre poteri fondamentali degli Stati secondo Montesquieu: normativo, esecutivo, giudiziario”, rileva Cassese, “ma hanno un problema: chi le legittima? Non tutte sono costituite da Stati nazionali come l’Onu, molte autorità sono istituite da altre autorità. Si autogenerano. Ma chi le autorizza? In Europa è quello che si chiama deficit di democrazia rappresentativa”. 

E qui, fa notare il giurista, si supplisce con “tre surrogati della democrazia rappresentativa” che costituisce il tallone d’Achille delle organizzazioni sovranazionali. In altre parole, queste realtà prima di prendere decisioni fanno consultazioni, creano panel, raccolgono opinioni. In secondo luogo, modificano ”l’orizzontal accountability. A che titolo gli Stati europei entrano negli affari della Turchia?”, si chiede Cassese rispondendo che “ogni struttura nazionale non è più responsabile solo nei confronti di un popolo ma verso altri Stati e organizzazioni internazionali”. Il terzo surrogato, infine, sono le Corti Costituzionali.

I BLOCCHI DEL SISTEMACHE NON RIESCE A DECIDERE

In un condominio così affollato il rischio di blocchi al sistema decisionale è reale e non può essere completamente risolto. Anche qui si ricorre a dei surrogati. “Non ci sono dei modi per superare del tutto le possibilità di blocco – spiega Cassese – però questo sistema per sopravvivere sta sperimentando degli utili e comodi surrogati”. Si tratta per esempio delle decisioni a pacchetto: la tecnica è quella di mettere altri argomenti sul tavolo con offerte di utilità in altri campi per superare le contrarietà di una parte su un singolo tema. Oppure delle decisioni sulla base del consensus (che non è la maggioranza). 

In questo quadro attuale così complicato la principale qualità del politico è avere la dote del negoziatore. “Parlando in generale a livello mondiale prevale chi ha capacità da negoziatore, chi conosce bene i dossier, qualcuno che vada un po’ oltre la conoscenza della lingua napoletana, conosca un po’ le altre culture e abbia la capacità di dialogo. I nostri politici non sono preparati a questo perché la negoziazione non è la loro forza”, è l’identikit del politico delineato da Cassese in risposta a una domanda di un giornalista. 

Infine, sollecitato da una domanda del professor Giacomo Vaciago, Cassese riflette sul rapporto tra governo e comando: si può governare senza comandare, rileva Cassese, portando come esempio le misure retaliatorie del Wto che non ha il potere di imporre agli Stati Uniti una legge o cancellarne una francese. Perché nel mondo ci sono dei circuiti secondari, qualcosa in via di sviluppo, che ci fa ripensare l’idea del comando, ossia la possibilità di ottenere lo stesso risultato senza il comando. “Il governo mondiale – conclude Cassese – deve essere esercitato nel modo in cui i Papi esercitano il loro potere, ossia senza cararmati”.

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