Il ballo del mattone, per ora, è finito. Ma per rivedere il segno più nel mercato immobiliare occorrerà attendere che le banche centrali portino a termine la battaglia contro l’inflazione. E’ questo il messaggio in arrivo dai listini immobiliari europei come da quelli Usa, entrambi sotto la pressione dei “tassi alti finché sarà necessario” come prevede il mantra in voga sia a Francoforte che a Washington. Per non parlare della Cina, impiombata in una crisi dell’edilizia che sta fortemente condizionando l’economia del Drago. Ma la crisi cinese ha caratteristiche peculiari che affondano le radici nel modello di sviluppo del capitalismo del Drago. Altra cosa la frenata che ha investito sia che il Vecchio Continente che gli Usa, alle prese con la stretta del costo del denaro più feroce degli ultimi quarant’anni. Al punto che, seppur con caratteristiche e modalità diverse, gli effetti della frenata del mercato del mattone cominciano a farsi sentire anche nel mondo finanziario. E c’è chi, specie in Usa, teme ricadute sul sistema delle banche regionali, il vero polmone dell’economia reale americana. O, addirittura, il replay della crisi del 2007/08, una prospettiva respinta con forza sia dal Tesoro che dalla Fed. Resta la considerazione che, ovunque lo si guardi, il mal dei tassi sta minacciando la salute del settore.
Casa: tassi alti, il mercato frena
Il nostro piccolo tour non può che partire dal Bel Paese. In Italia l’aumento dei tassi (10 rialzi negli ultimi 14 mesi) si è tradotto in un aumento fino al 75% in più per le rate dei vecchi mutui a tasso variabile. Secondo la Fabi, chi pagava una rata di 500 euro al mese, oggi ne deve pagare 875. I mutui a tasso fisso salgono ad oltre il 6%. Il risultato è una brusca caduta delle compravendite scese del 16% dopo il -8,3% del trimestre precedente, dati rilevati dall’Agenzia delle entrate per il settore residenziale. Una flessione che, secondo l’Istat, non si è ancora trasmessa sui prezzi, in ascesa media del 2%.
Non è il caso della Francia che, dopo l’ascesa geometrica dei prezzi nell’area parigina, registra un calo sotto la pur ragguardevole cifra di dieci mila euro al metro quadro per la capitale. Nonostante l’attesa per le Olimpiadi che avrebbe dovuto sostenere gli investimenti, le compravendite immobiliari sono scese nel trimestre del 25 per cento. Non va meglio in Germania dove le licenze edilizie segnalano un calo del 26%. negli altri Paesi dell’Eurozona: da inizio 2023 l’attività è in rosso in 13 mercati su 14. Ma la flessione media si aggira attorno al 6%, un dato relativamente sostenibile. “Siamo consapevoli di questa situazione di forte disagio – ha detto al proposito Christine Lagarde in occasione dell’ultimo aumento dei tassi– ma il nostro compito è di abbassare l’inflazione, non sostenere i singoli comparti dell’economia”. La tranquillità di madame Lagarde è dovuta alla fiducia che, a differenza di quanto accadde nel 2008/09, non esiste un rischio contagio per il settore bancario, assai più solido e meno esposto ai venti di un’eventuale crisi in arrivo dagli Usa.
Ma, altro effetto negativo, la crisi dei prezzi ha provocato un po’ ovunque la stasi delle nuove iniziative aggravando la “fame” di nuove case di qualità. Capita in Italia, Milano in testa (ove di costruisce solo nel segmento lusso) ma anche in Germania. L’editoriale di apertura di Handelsblatt stamane è dedicato al “disagio sociale” di una quota crescente di tedeschi che sta rinunciando all’obiettivo di farsi una casa che non può permettersi.
Prezzi in forte calo anche nel Regno Unito in attesa del nuovo aumento dei tassi (da 0,1% al 5,25% in 18 mesi) previsto per giovedì prossimo. Il numero dei mutui (passati dal 2,4% mensile al 6,75) è sceso su un buon terzo rispetto al 2022 mentre le insolvenze sono salite del 29%. Il risultato è un calo delle transazioni (-5,9%) in un mercato dalle caratteristiche particolari. In Gran Bretagna, a differenza che in Europa, i mutui a tasso fisso vengono ridiscussi più volte (ogni cinque anni in media) nel corso della vita di un prestito con il risultato che ogni mese cento mila famiglie o poco più devono rivedere la propria soglia di spesa. Anche questo ha contribuito a spegnere la voglia di mattone: le transazioni sono sotto del 17% rispetto al 2020, prima dello scoppio del Covid. E resteranno su livelli ridotti ancora per un po’ secondo la Bank of England. Ma i proprietari non hanno di che lamentarsi: il livello dei prezzi del mattone è ancora sopra di un buon 17% rispetto alle quotazioni del 2020. Secondo Paul Cheshire della London School of Economics “negli ultimi 25 anni il prezzo delle case in Inghilterra e Galles è salito due volte e mezzo di più del reddito disponibile”.
Mercato casa in crisi anche negli Usa: oltre ai tassi pesa il lavoro a domicilio
La crisi del mattone, insomma, ha frenato un settore chiave per la crescita ma non ha per ora avuto effetti collaterali drammatici (salvo l’effetto superbonus sui conti pubblici di casa nostra). Ma gli Usa? Oltre oceano l’effetto del rialzo dei tassi si è combinato con il fenomeno del lavoro a domicilio che ha avuto risvolti drammatici.
Il caso più clamoroso riguarda WeWork, la società che offriva luoghi di lavoro da condividere nel cuore delle grandi città. Il titolo è arrivato a valere fino a 47,3 miliardi di dollari prima di affondare sotto i colpi del Covid 19 e del boom del lavoro da casa. Fino a precipitare, il 6 settembre scorso, a 300 milioni di dollari. La società ha cosi annunciato che cercherà di rinegoziare i contratti di affitto (777 in 39 Paesi) ed i debiti, che ammontano a 13 miliardi di dollari. Si fa strada l’ipotesi di un fallimento, che sarebbe un vero incubo per i proprietari che non hanno molte alternative. Nemmeno a New York dove il sindaco Eric Adams, di fronte al rischio di interi isolati deserti, ha voluto esortare i cittadini a tornare al posto si lavoro di un tempo “perché non penseranno mica di stare in pigiama tutta la vita”. Ma lo stesso major non è riuscito finora a far rientrare tutti i dipendenti comunali in ufficio.
Usa: la crisi si allarga dalle case alle banche regionali
Fin qui la crisi del mercato degli uffici e dei centri commerciali che si sta trasmettendo alle banche regionali, il cuore del sistema economico. Secondo il Wal Street Journal, se si tiene conto anche del mercato residenziale, gli istituti vantano un’esposizione complessiva di 3.600miliardi di dollari, una cifra che evoca il ricordo drammatico della crisi dei subprime del 2007/08. Ma stavolta il quadro sembra assai diverso, nonostante la brusca impennata dei tassi (un decennale presso Fannie Mae supera il 7%) e la discesa delle compravendite in un mercato comunque estremamente variegato: crolla San Francisco, ormai etichettata come la città dei senza tetto, avanza ancora la Florida. E continua la fuga da New York dove l’affitto medio di un bilocale è pari a 3.980 dollari al mese.
In sintesi, il mercato Usa è oggi in sofferenza a fronte di tassi elevati. Le case in vendita sono circa 1,1 milioni, il dato più basso dal 1999. Il prezzo medio è di 425 mila dollari. Più significativo il numero delle case in costruzione, in aumento a differenza che in Europa. A luglio erano in attività 714 mila cantieri. E a testimoniare la vitalità del mercato, nonostante la Fed, basti dire che tra i nuovi grandi investitori figura un certo Warren Buffett che a 94 anni suonati non ha bisogno di comprare una nuova casa.