Hillary Clinton entra nella storia come prima candidata donna alla presidenza degli Stati Uniti d’America. Sarà lei a sfidare Donald Trump alle elezioni del prossimo 8 novembre. L’ufficialità della nomination nelle fila del Partito Democratico è arrivata martedì alla convention di Filadelfia, dove l’ex first lady ha raggiunto la soglia decisiva dei 2.382 voti nella conta dei delegati.
Per ricompattare il partito intorno alla Clinton è stato cruciale l’appoggio di Bernie Sanders, lo sconfitto delle primarie: quando il suo Stato, il Vermont, è stato chiamato a esprimersi ha chiesto di interrompere le votazioni e sospendere le regole per “nominare Hillary per acclamazione”. Parole che hanno consentito di archiviare le contestazioni di una parte dei suoi sostenitori che fino all’ultimo non hanno accettato la nomination di Hillary.
La candidata democratica alla Casa Bianca ha affidato a Twitter la sua gioia: “Questo momento è per ogni bambina che sogna in grande. Abbiamo fatto la storia”.
La vigilia della convention era stata turbata dalle rivelazioni sulle manovre dei vertici del Partito Democratico in favore di Clinton. Rivelazioni dietro cui molti vedono l’intervento della Russia di Vladimir Putin. Quando è stato chiesto a Barack Obama se Mosca possa aver cercato di favorire Trump con la divulgazione delle 20mila mail incriminate e se il Cremlino possa tentare di influenzare le presidenziali ha risposto, il presidente Usa ha risposto: “Tutto è possibile”.