Dietrofront del Governo sul caro voli. Dopo le numerose polemiche delle compagnie aeree, la stretta di Ryanair e le obiezioni di Bruxelles l’Esecutivo di Giorgia Meloni corregge il tiro: è stato presentato un emendamento al decreto Asset (in discussione al Senato) riscrivendo la norma pensata a inizio agosto per contrastare i rincari dei biglietti, in particolare per i viaggi verso la Sardegna e la Sicilia, e dalle due isole. È quanto riportato dal Sole 24 Ore. Ma la conferma (indiretta) arriva anche il ministro Urso, parlando a margine di un convegno della Confartigianato: “Pensiamo di presentare un emendamento che superi l’ostacolo che, secondo alcune interpretazioni ci potrebbe essere stato, in merito al tetto del 200% delle tariffe aeree, con tre misure che raggiungono lo stesso obiettivo conferendo specifici e maggiori poteri all’Autorità per la concorrenza e il mercato e all’Autorità dei trasporti”.
Cosa prevede il decreto caro voli?
Il Governo aveva deciso di vietare la “fissazione dinamica delle tariffe” in presenza di tre condizioni: rotta nazionale con le isole, picco di domanda per la stagionalità o in situazioni emergenziali o catastrofali, prezzo di vendita del biglietto o dei servizi accessori del 200% sopra la tariffa media del volo. Inoltre, si definiva “pratica commerciale scorretta” l’utilizzo di procedure automatizzate di determinazione delle tariffe – laddove sussistono esigenze di continuità territoriale – basate su attività di profilazione web dell’utente o sulla tipologia dei dispositivi elettronici utilizzati per le prenotazioni, quando esso comporti un pregiudizio economico.
Caro voli come cambia?
L’emendamento sostituisce in modo integrale il primo articolo, e prevede l’eliminazione del “riferimento al prezzo massimo”, il punto che ha creato maggiori attriti con i vettori aerei. In questo modo, le compagnie recupererebbero la piena libertà di abbassare o alzare i prezzi. Nella nuova formulazione, inoltre, il decreto affiderebbe “nuovi e più ampi poteri all’Autorità Garante per la concorrenza” nel monitoraggio degli elementi che concorrono alla formazione del costo dei biglietti (algoritmi in primis). L’Antitrust avrà facoltà di sanzionare pesantemente i vettori aerei qualora accertasse che gli algoritmi sono utilizzati per “intese restrittive della libertà di concorrenza” o “abuso di posizione dominante”.
Coi nuovi poteri a sua disposizione, l’Authority potrà dunque intervenire in casi di abusi connessi all’incremento delle tariffe sulle rotte dove non è prevista continuità territoriale, in situazioni emergenziali o catastrofali e quando il prezzo medio dei biglietti supera il 200%. “Ai fini dell’avvio del procedimento”, spiega l’emendamento, “l’Autorità può tener conto della circostanza che le condotte di cui al comma 1 sono: praticate su rotte nazionali di collegamento con le isole; durante un periodo di picco di domanda legata alla stagionalità o in concomitanza di uno stato di emergenza nazionale; conducono a un prezzo di vendita del biglietto o dei servizi accessori, nell’ultima settimana antecedente il volo, superiore alla tariffa media del volo di oltre il 200%”.
Ma non finisce qui. L’Autorità potrà intervenire anche mediante istruttorie sulla modalità di profilazione dei clienti attraverso gli algoritmi per aggiornare i prezzi dei biglietti. Per quanto riguarda le rotte praticate su tratte nazionali di collegamento con le Isole durante un periodo di picco di domanda legata alla stagionalità oppure in concomitanza di uno stato di emergenza nazionale “è vietato l’utilizzo di procedure automatizzate di determinazione delle tariffe basate su attività di profilazione web dell’utente o sulla tipologia dei dispositivi elettronici utilizzati per le prenotazioni, quando esso comporta un pregiudizio al comportamento economico dell’utente”. Se dopo una indagine conoscitiva emergeranno “fattori distorsivi” nel mercato dei voli, avrà il potere di imporre “misure strutturali o comportamentali che elimino tale distorsione”.
Come per i tassisti e la tassa sugli extraprofitti, è bastata una minaccia per far fare un passo indietro (l’ennesimo) al Governo.