Giorni decisivi per il futuro di Carige. Per sbloccare la crisi, dopo che a fine dicembre l’assemblea ha bocciato l’aumento di capitale, determinando il decadimento del Cda e l’immediata nomina – da parte della Bce – degli stessi ex vertici come commissari straordinari (e durante l’intera durata del commissariamento, il titolo sarà sospeso in Borsa, ha deciso la Consob), interviene il Governo. Lo fa mettendo le mani avanti, nel senso che il tema dei “salvataggi delle banche” è stato un cavallo di battaglia della campagna elettorale: tant’è vero che il vicepremier Luigi Di Maio ha ribadito che gli italiani non sborseranno un euro e si è detto “non preoccupato” dalla vicenda. Che però va in qualche modo affrontata, ed ecco quindi che – volendo evitare un intervento diretto da far gravare sui contribuenti – la soluzione per ora ipotizzata è la stessa dell’acquisizione da parte di Banca Intesa della Popolare di Vicenza e di Veneto Banca. Questa volta potrebbe essere proprio Mps, a sua volta salvata dal Tesoro e oggi completamente risanata, a condurre l’operazione.
La situazione di Carige è un po’ diversa da quella che al tempo colpì Mps: per la banca di Genova non si può parlare di salvataggio in senso stretto, in quanto l’amministrazione controllata garantisce la sua piena operatività. Ma siccome il socio privato Mattia Malacalza ha escluso una ricapitalizzazione (quanto meno per l’intera cifra necessaria di circa 400 milioni di euro), allora l’unica via di uscita individuata sarebbe la moral suasion della Presidenza del Consiglio, per convincere un grande istituto a intervenire. Questa volta Intesa Sanpaolo si è defilata e dunque il nome papabile è quello del Monte dei Paschi.
Una delle ipotesi di mediazione – al momento non più di questo – porterebbe a una possibile ricapitalizzazione co-gestita: per metà il privato, per metà la banca senese che acquisirebbe il pacchetto di maggioranza. Intervento statale solo parziale e indiretto, visto che Mps oggi è controllata dal MEF, che detiene il 68% del capitale. In questo modo l’Europa, è l’auspicio di chi sta lavorando al progetto, potrebbe avere meno pretesti per contestare l’intervento, anche se la mossa sembra comunque difficilmente accettabile da parte della Commissione Ue, alla luce del piano che la banca ha concordato con Bruxelles per avere il via libera alla ricapitalizzazione precauzionale dello Stato da 5,4 miliardi. Fra gli impegni presi c’era infatti anche l’astensione da M&A.
L’operazione in ogni caso, secondo quanto scrive il Messaggero, non si starebbe solo fermando alla ricapitalizzazione partecipata da Mps, ma anche alla cessione dei crediti deteriorati. E anche in quel caso ci sarebbe l’ipotesi di un intervento pubblico. I commissari straordinari di Carige sono infatti in trattativa con Sga, la società del Tesoro che gestisce i crediti deteriorati, per cedere buona parte dei 3,7 miliardi circa tra sofferenze e incagli della banca, in modo da ripulire l’attivo e rendere appetibile la vendita dell’istituto.