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Carige e il maldestro salvataggio grillino delle banche

Ennesimo dietrofront dei grillini che, dopo Ilva, Tav, Tap e Terzo Valico, devono rimangiarsi tutto anche sulle banche impegnando soldi pubblici per salvare Carige mentre Salvini ipotizza due pesi e due misure per i piccoli azionisti – Le giuste osservazioni critiche del professor Messori

Carige e il maldestro salvataggio grillino delle banche

E venne il giorno in cui i grillini salvarono le banche. Dopo essere tornati indietro su tante promesse sbandierate in campagna elettorale (Ilva,TAP, Tav,Terzo Valico), Di Maio ha dovuto ingoiare il rospo più brutto: mettere soldi pubblici per evitare il fallimento di Banca Carige prendendo atto che una banca è di fondamentale importanza per i risparmiatori e per le aziende locali che, senza di essa, rischierebbero di dover chiudere.

Al di là delle polemiche dei partiti di opposizione, a cominciare dal PD pesantemente insultato dai grillini per le passate decisioni di intervento nel settore bancario, risultano patetiche le dichiarazioni degli esponenti dell’attuale governo per cercare di dimostrare che questa volta è tutto diverso, che non si salvano i banchieri, ma solo i risparmiatori e che comunque non si sono spesi soldi pubblici. La solita tattica dell’alzare un polverone per nascondere la verità.

In realtà la garanzia statale sull’emissione di obbligazioni da parte della banca in difficoltà era già stata usata per le banche venete e non era riuscita ad evitare la successiva procedura di risoluzione. E comunque anche le garanzie dovranno essere annotate nel bilancio dello Stato e contribuiranno ad aumentare il debito pubblico. Inoltre il comunicato emesso al termine del Consiglio dei ministri, accennando anche alla possibilità di un intervento dello Stato stesso nella sottoscrizione di un eventuale aumento di capitale (ricapitalizzazione precauzionale) rischia di creare problemi di credibilità della banca stessa allontanando eventuali risparmiatori ad intervenire sia sottoscrivendo obbligazioni che nuove azioni.

Le banche sono organismi delicati nei quali la credibilità e la fiducia sono asset fondamentali. Invece l’attuale governo dà l’impressione di agire solo sulla spinta dell’emergenza dando per scontata una possibilità, come quella della ricapitalizzazione precauzionale che può essere approvata da Bruxelles solo a precise condizioni da valutare di volta in volta.

Nel caso di Carige la trattativa con le autorità della Commissione europea è già stata fatta, oppure deve ancora cominciare come sembra da un comunicato delle stesse autorità comunitarie? I commissari della Carige, nominati dalla Bce, affermano che la via maestra è quella di vendere i residui crediti deteriorati ancora in pancia alla banca, fermare l’emorragia di depositi e poi trovare un partner privato con il quale convolare la nozze. Ma una volta intaccata la credibilità della banca non si tratta di un percorso agevole. Quanti risparmiatori continueranno a tenere un conto in Carige? E le autorità comunitarie daranno il via libera alla ricapitalizzazione da parte dello Stato italiano o come avvenuto per le banche venete si dovrà arrivare al fallimento?

In ogni caso, a differenza di quanto affermato da Salvini, i piccoli azionisti privati che detengono ancora il 58% del capitale della banca e che hanno già perso il 90% del loro investimento dovranno essere risarciti oppure no? Ed in quest’ultimo caso perché gli azionisti delle banche venete e delle altre quattro banche toscane e marchigiane potranno accedere al fondo appena istituito con l’ultima legge di bilancio e questi di Genova no? E poi, caro Salvini, questo miliardo e mezzo stanziato non è costituito da soldi pubblici, cioè di tutti i cittadini, utilizzati per avvantaggiare coloro che hanno comprato azioni delle banche finite male? E tutti gli altri piccoli risparmiatori che hanno comprato titoli bancari e che certo hanno subito negli ultimi anni pesanti perdite perché non sono meritevoli di tutela pubblica?

Un groviglio di questioni certo difficile da districare. E tuttavia non è con questo sistema che si può venire a capo del problema della messa in sicurezza del sistema bancario che è fondamentale non solo per la tranquillità dei risparmiatori ma anche per rendere fluido ed abbondante il finanziamento del sistema produttivo, specie di un sistema come il nostro basato su piccole e medie imprese molto dipendenti dalle banche per le proprie esigenze finanziarie.

Come più volte ha illustrato il professor Marcello Messori per sistemare questo cruciale comparto della nostra economia ci vorrebbe competenza e lungimiranza. Sarebbe stato meglio cioè intervenire in tempo in modo da incentivare la ristrutturazione e l’accorpamento delle nostre banche così da renderle più efficienti, più solide e più capaci di fornire servizi e finanziamenti al sistema produttivo. Ma la pressione dell’opposizione populista ha impedito ai governi passati di predisporre norme di carattere strutturale, mentre l’attuale governo giallo-verde non riesce nemmeno a vedere il problema, tanto il suo obiettivo è quello di un paese autarchico ed arcaico dove al posto del mercato finanziario e delle banche operanti in concorrenza, sarà sufficiente avere un’unica banca pubblica per dare soldi a coloro i quali saranno ( politicamente) meritevoli di credito. Viva la decrescita felice!

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