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Carburanti e-fuel: c’è un pizzico di Enel nella benzina champagne voluta dalla Germania

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Automobilisti d’Europa, brindiamo, perché Bruxelles “ha scelto la benzina champagne”. È di mister Gerrit Marx, amministratore delegato di Iveco,  il giudizio più caustico sulla decisione europea di promuovere i carburanti e-fuel quale unica eccezione al divieto di vendere dal 2035 vetture con il motore tradizionale nel Vecchio Continente.

Carburanti e-fuel: l’Arabia Saudita punta alla leadership

“Certo – spiega il ceo della consociata di Exor – se guidi una Ferrari o una Porsche non ti preoccupi se un litro di benzina costerà 5 o 10 euro. Ma una soluzione dei problemi di mobilità non può passare da questa soluzione”. Anche perché “lo sapete chi punta a diventare leader in questo settore? L’Arabia Saudita. Insomma, non facciamo alcun passo in avanti sul terreno della dipendenza energetica”.

Una bocciatura a tutto tondo delle scelte del Consiglio che, nel vietare la vendita di vetture con il motore a combustione dal 2035, ha fatto eccezione per l’e-fuel, caro all’industria tedesca. Una soluzione costosa, poco più che sperimentale: si parte dall’elettrolisi (scissione tra idrogeno ed ossigeno) per poi prelevare dall’atmosfera l’anidride carbonica. La CO2, combinata con l’idrogeno produce e-metanolo, prodotto senza emissioni, con due vantaggi: zero emissioni nette, totale assenza di zolfo e biossido di azoto.

Carburanti e-fuel: Porsche sperimenta con Enel in Cile

Un procedimento costoso che, nel tempo, servirà ad arricchire l’offerta complessiva del made in Germany, leader nell’elettrico ma deciso a coprire tutti i segmenti del mercato. Con il contributo di un tocco di made in Italy fornito dall’Enel. Per lo sviluppo dell’e-fuel, assieme ad altri carburanti sintetici, Porsche ha puntato su Punta Arenas nell’estremo lembo di terra cilena prima dello Stretto di Magellano. Lì Enel può contare su nove impianti di energia eolica più una forte presenza nel solare e nel fotovoltaico. In tutto il 45% dell’energia rinnovabile del Paese sudamericano, un tesoretto che si è rivelato decisivo per il decollo di questo “carburante per ricchi”. 

L’Italia per ora è fuori dall’accordo Ue

Insomma, per ironia della sorte c’è un tocco di made in Italy nello sviluppo dell’e-fuel imposto dalla Germania in sede Ue a scapito della soluzione cui, con risultati per ora ben più concreti, lavora Eni: i biocarburanti che, spera l’Italia, potrebbero ancora essere inseriti nell’elenco dei combustibili ammessi perché neutri in termini di CO2. I margini, secondo il ministro Gilberto Pichetto Fratin, per un inserimento in extremis ci sono. Ma al di là delle alchimie politiche e dei vincoli regolamentari, l’Europa a quattro ruote è destinata a cambiare in profondità dopo il voto di martedì del Consiglio Ue. E la ruota non sembra girare nella direzione voluta dal Bel Paese.

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Stop Ue sui motori termici: la posizione di Iveco, Ferrari, Stellantis

Le strade d’Europa rischiano di assomigliare a quelle di Cuba, tuona Marx di Iveco. “Le auto elettriche – prevede – rischiano di costare troppo per la gente comune. E così la gente si terrà strette le vecchie vetture, un po’ come capita a L’Avana”. Vale per l’auto, varrà presto anche per i camion in attesa dell’idrogeno, l’unica strada per assicurare livelli di emissioni tali da garantire una reale decarbonizzazione dei trasporti”. Ci vorrà tempo per il passaggio da motori a gas a motori a idrogeno “impegnativo ma possibile”, assicura il manager dal suo ufficio di Torino.

Il pensiero di Marx, molto critico nei confronti della Ue (“le decisioni di Bruxelles sono il frutto della concorrenza tra i vari uffici che procedono in ordine sparso più per pregiudizi che per soluzioni organiche”) non riflette comunque tutti gli umori di Exor.  E’ ben diverso infatti, come è comprensibile, il giudizio di Benedetto Vigna, amministratore delegato di Ferrari. “La soluzione scelta dalla Ue ci garantisce maggior libertà di scelta”. Ovvero la Rossa potrà affiancare alle vetture elettriche (che comportano ancora problemi tecnici non indifferenti per garantire lo stile di guida sportiva caro agli aficionados di Ferrari o Porsche) motori puliti extralusso. Ma quale ferrarista si lamenterà per un pieno da 2mila euro?

Qual è il pensiero in casa Stellantis? Carlos Tavares a suo tempo ha avuto parole di fuoco contro la svolta solo elettrica. Ma da tempo il gruppo si è allineato alle scelte prevalenti, con un massiccio programma di investimenti elettrici sia in Europa che in Usa. E non solo, vista la decisione di produrre la 500 elettrica in Algeria. Non ci vuol molto a capire che Stellantis, assai più francese che italiana nella governance, ha deciso di sposare la scelta di Parigi a sostegno della svolta elettrica senza condizioni piuttosto che le resistenze italiane.

L’assenza di un grande produttore nazionale riduce insomma la forza d’urto dell’automotive di casa nostra rispetto a Francia e Germania, più che mai leader nelle scelte dell’auto. E l’Italia non può che giocar di rimessa. Sfruttando i tesori della Modena Valley, Ferrari e Lamborghini (scuderia Volkswagen).

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