Era il 6 aprile di sei anni fa allorché i pastai di Unione Italiana Food supportati dall’International Pasta Organisation ebbero l’idea di creare un evento per raccogliere ricette sul tema della carbonara, tra i piatti di pasta più amati e cucinati nel mondo. L’idea ebbe un successo che sorprese anche gli organizzatori. E da quel giorno il 6 aprile è diventato il Carbonara Day oggi è diffuso in tutto il mondo.
Piatto romano che, pur essendo relativamente giovane, vuoi per la bontà genuina che lo contraddistingue, vuoi per l’essere ormai conosciuto in ogni angolo del globo è un punto fermo del “made in Italy”.
Un piatto che fa della semplicità e del gusto genuino i suoi punti di forza, ma semplicità non vuol dire affatto facilità nell’esecuzione perché per fare una carbonara a regola d’arte ci vogliono innanzitutto gli ingredienti TOP e poi bisogna essere abili nella lavorazione.
Attorno alla Carbonara fioriscono leggende, tesi e storie che vedono i suoi sostenitori schierati su diversi fronti. Sono infatti un paio le maggiori teorie riguardo la sua nascita; una sostiene come la carbonara sia una sorta di evoluzione della “Cacio e pepe” in quanto nata grazie ai carbonari che portavano gli ingredienti principali della ricetta nei propri tascapani. La versione più accreditata risale ai soldati americani giunti in Italia nella Seconda guerra mondiale che combinarono gli ingredienti a loro familiari, la “Razione K” composta da uova, pancetta e gli spaghetti (scoperti in Italia), preparandosi da mangiare. La loro idea piacque ad alcuni cuochi italiani, romani soprattutto, che la perfezionarono fino a farla diventare un piatto iconico della cucina italiana al pari di tanti altri piatti che hanno fatto la storia della gastronomia italiana nel mondo.
La scelta di Carnacina e Veronelli in favore della pancetta
Poi c ‘è una versione con la firma di un papà della Carbonara, quella di Renato Gualandi, giovane cuoco bolognese che nel 1944 in occasione dell’incontro tra la Quinta Armata americana e l’Ottava Armata inglese tenutasi a Riccione, avrebbe creato inconsapevolmente un piatto precursore della carbonara. Divenuto cuoco delle truppe alleate a Roma dal settembre 1944 ad aprile 1945, Garlandi avrebbe quindi perfezionato il piatto e fu un successo immediato e imitato da tutti i cuochi capitolini.
Ma la battaglia è soprattutto sull’utilizzo della pancetta o del guanciale. Nelle prime versioni la carbonara veniva preparata usando sempre e solo la pancetta fino a quando, a metà degli anni ’60, per merito di Luigi Carnacina e Luigi Veronelli, viene usato come migliore alternativa il guanciale. Scelta la loro che viene anche statuita ne “La Grande Cucina”. Ma anche la panna ha destato non poche diatribe; ed anche qua i due mostri sacri della cucina di cui sopra ne contemplano “qualche cucchiaiata, di quella freschissima e molto cremosa”. Panna e carbonara di cui si fece portavoce anche l’illustre Renato Rascel il quale, da romano DOC quale era, si riteneva portatore della tradizione capitolina e quindi aggiungeva anche un po’ di panna.
A Renato Rascel piaceva con un pò di panna
Uso della panna che anch’esso affonda le radici nel periodo storico in cui nasce la carbonara ovvero nel secondo Dopoguerra quando le uova usate erano spesso in polvere (erano quelle delle razioni americane) e così vi era la necessità di una parte liquida e grassa per dare la giusta consistenza. O forse, e qui arriva un’altra teoria, perché i gastronomi di quel tempo guardavano con ammirazione i colleghi d’Oltralpe la cui cultura vedeva utilizzare di più la panna che noi latini.
Sta di fatto che, panna o non panna, la carbonara continua ad attirare flotte di estimatori buongustai tant’è che lo scorso anno la sua festa ha visto decine di milioni di persone che hanno partecipato, a vario titolo e con vari risultati, sui social a cucinare la propria “Pasta alla Carbonara”.
Per l’occasione tre realtà che fanno del mangiare bene la loro regola: Matteo Di Cola di ItalyFoodPorn, CarboGang e Golocius hanno unito le forze per celebrare assieme a tutti questo inimitabile piatto della tradizione romana a Milano, Roma e Napoli. Verrà anche offerto un menu speciale, al costo di 50 euro per due persone, comprensivo di: 2 tranci di pizza carbonara, 1 frittata alla carbonara, 1 Sbamburger® alla carbonara, 2 rigatoni alla carbonara e 2 soft drink.
Per chi voglia realizzare a casa uno dei piatti più dibattuti – non solo in Italia – per le numerose versioni e interpretazioni, ci sono regole ferree da rispettare: l’uovo dà la cremosità, il guanciale la nota croccante, il pecorino il sapore e il pepe nero il profumo. I tuorli con abbondante pecorino e pepe vanno sbattuti in un recipiente fino ad ottenere una crema. Nel frattempo, in una padella antiaderente, si fa rosolare dolcemente il guanciale che rilascerà un grasso profumato fino a renderlo croccante. Spenta la fiamma, si unisce tutto nella terrina al composto di uova pecorino e pepe. È il momento di scolare la pasta al dente e versarla nella ciotola mescolando ben bene e concludere con altro pecorino e pepe.
Ma non si fanno solo gare di cucina nel giorno della Carbonara Day. A Rimini la giornata viene celebrata con una gara molto speciale e godereccia al Bounty, lo storico pub di Giuliano Lanzetti considerato una sorta di tempio della carbonara, con una ricetta esclusiva che si tramanda da oltre trent’anni: una competizione fra tre concorrenti, selezionati tra oltre settanta candidati. Per essere incoronati ’Re della carbonara’ non basterà conoscere vita e miracoli sulle origini del gustosissimo piatto ma bisogna riuscire a mangiare in fretta un chilogrammo (ingredienti compresi) di spaghetti alla carbonara, in un tempo che dovrà essere inferiore ai 25 minuti. Ovvero, circa 300 grammi (tre piatti standard) ogni otto minuti.