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Capolupo (GdF): Sospendere dall’Albo i professionisti che aiutano l’imprenditore a evadere

La condanna dei professionisti che hanno collaborato con l’imprenditore nella realizzazione di reati tributari dovrebbe comportare l’automatica sospensione dell’iscrizione nell’Albo professionale. Lo ha affermato il comandante generale della Guardia di Finanza, Saverio Capolupo, dinanzi alla commissione Finanze del Senato, nell’ambito delle audizioni sui rapporti tra Fisco e contribuenti.

L’esperienza sul campo – ha detto Capolupo – dimostra che le più sofisticate forme di sottrazione di materia imponibile al Fisco, attraverso operazioni di elusione, abuso del diritto e di frodi transnazionali, presentino la caratteristica di essere state congegnate da professionisti senza scrupoli, che hanno svolto il ruolo di registi delle architetture illecite. Per la realizzazione dei loro scopi criminali, infatti, società e imprenditori si avvalgono delle prestazioni di consulenti o esperti, che attraverso la predisposizione di ingegnosi pacchetti fiscali o societari consentono di mascherare il trasferimento all’estero di somme proventi di evasione oppure di realizzare complesse forme di elusione.

In questi casi, naturalmente, il professionista concorre nella commissione dei reati tributari, ma l’attuale articolo 12 del decreto legislativo 74 del 2000 si limita a prevedere, quale sanzione accessoria, l’interdizione del professionista da uno a cinque anni dalle funzioni di rappresentanza e assistenza in materia tributaria. Bisogna rafforzare la reazione dell’ordinamento di fronte a questi comportamenti criminali – ha sostenuto il generale Capolupo -, rendendo impossibile per il professionista condannato esercitare in qualsiasi forma la propria professione. Ciò al fine non soltanto di aumentare la deterrenza delle sanzioni – ha proseguito -, ma anche di meglio salvaguardare il prestigio dei tanti consulenti onesti.

Un altro punto debole della legislazione, che spunta le armi della lotta all’evasione, è nella disciplina del contenzioso tributario – ha affermato Capolupo -, che contribuisce ad allontanare l’entità della riscossione dei tributi evasi dai risultati degli accertamenti tributari eseguiti dall’amministrazione finanziaria. La recente legge delega fiscale ha previsto un intervento di riordino del contenzioso, ma è importante soprattutto migliorare la professionalità dei giudici tributari, possibilmente prevedendo carriere a tempo pieno; ma anche rafforzando il regime delle incompatibilità, ancora insoddisfacente.

Sotto tiro della Guardia di finanza anche gli strumenti di definizione agevolata degli accertamenti fiscali. Se questi strumenti sono utili per giungere a una definizione concordata dell’obbligazione tributaria, dall’altro lato il sempre maggiore loro appeal consente anche di ridurre al minimo le sanzioni, producendo l’effetto di indebolire l’efficacia e la deterrenza dei controlli.

In questo quadro, bisognerebbe precludere – secondo le Fiamme Gialle – la possibilità per i contribuenti di produrre in giudizio elementi non presentati al momento della verifica fiscale, quantunque già disponibili.

Inoltre – ha osservato il comandante generale – la mancata definizione da parte del legislatore di precisi parametri normativi di riferimento per il contribuente, ma anche per l’amministrazione finanziaria, come nel caso dell’abuso del diritto, può generare distonie tra la fase del controllo e quella di accertamento o di contenzioso.

Tra le altre richieste avanzate dalla Guardia di finanza al Senato, la possibilità di irrogare direttamente le sanzioni per le infrazioni rilevate in materia di scontrini e ricevute fiscali, senza aspettare il provvedimento dell’Agenzia delle entrate. 

Infine, le Fiamme Gialle hanno sollecitato l’accorpamento delle numerose banche dati esistenti presso le varie strutture dell’amministrazione finanziaria (Dipartimento delle finanze e Agenzie fiscali) in una sola piattaforma informatica, per assicurare l’interconnessione e l’omogeneità dei dati e uniformare le procedure di accesso. Inoltre, la Guardia di finanza dovrebbe potere avere libero accesso non soltanto a tutti i database esistenti nell’amministrazione finanziaria, ma anche alle banche dati degli altri enti statali.

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