Condividi

Cantieri edili: chi paga gli indennizzi per la sospensione dei lavori?

Sospesi i cantieri edili per la maggior parte del Paese ma non è chiaro chi si accollerà le penali per la mancata fine dei lavori – Le linee guida ministeriali non sono sufficienti – Intanto proseguono i lavori per il Ponte di Genova e il Mose di Venezia

Cantieri edili: chi paga gli indennizzi per la sospensione dei lavori?

Tenere aperti i cantieri edili è un rischio per la salute di lavoratori ma chiuderli rischia di travolgere le imprese di costruzione sotto il peso di penali insostenibili. Che succederà in concreto dopo lo stop a tutte le attività non essenziali deciso ieri sera dal Governo?

Finora, nonostante le linee guida ministeriali, manca una norma di legge per dissolvere le incertezze sui cantieri edili. Tra chiusure, sospensioni e rinvii, le imprese brancolano nel buio senza avere istruzioni chiare e concrete da parte delle stazioni appaltanti.

Nel frattempo, molti cantieri edili si fermano. Tra questi troviamo il tunnel del Brennero, la ferrovia sulla Napoli-Bari, nonché l’anello ferroviario di Palermo. Proseguono invece i lavori del Ponte di Genova e il Mose di Venezia. In più ci sono quelli nel mezzo, a scartamento ridotto, come la Metropolitana C di Roma o la ferrovia Torino-Lione.

Sui cantieri sono molto diverse le strade intraprese dalle Regioni che si sono mosse in ordine sparso. Ad esempio, il sindaco di Genova, Marco Bucci, dichiara la continuità dei lavori per il Ponte di Genova, a gran ritmo. Scelte diverse per il governatore della Campania, Vincenzo De Luca, che richiede lo stop di tutti i cantieri edili non strategici, fatta eccezione per quelli riguardanti l’edilizia sanitaria e le infrastrutture di pubblica utilità. Sulla stessa linea si muove il presidente della Lombardia, Attilio Fontana, che in riferimento alla situazione in cui riversa la sua regione, ha imposto lo stop di tutte le attività.

In questo panorama, le linee guida predisposte dal MIT (Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti), lo scorso 19 marzo, rappresentano sicuramente un passo avanti, ma non sufficiente. Come chiarito dalle stesse “la tipizzazione deve intendersi come meramente esemplificativa e non esaustiva”. Perché vengono specificate le situazioni-tipo che giustificano la sospensione dei lavori e le misure di sicurezza da adottare, ma viene escluso il rischio per l’impresa di dover pagare multe e penali salate a causa dei ritardi nell’esecuzione delle opere. Non è chiaro però se scatteranno gli indennizzi vero i committenti e chi se li dovrà accollare.

Sembra quindi sempre più necessaria una norma nazionale che metta al riparo le aziende da responsabilità improprie, ma anche elargire indennizzi a supporto dei maggiori costi causati dalla sospensione dei lavori. Come sta accadendo in altri Paesi europei (Francia e Spagna), dove il virus viene riconosciuto come “causa di forza maggiore”, mentre secondo il governo italiano deve essere la singola amministrazione o stazione appaltante a decidere la chiusura.

Un libero arbitrio che rischia di aumentare la diffusione del virus a discapito dei cittadini italiani, per far sì che l’impresa non venga penalizzata dall’emergenza sanitaria. Bisogna, invece, limitare il rischio di esposizione, in modo che la quarantena non si prolunghi per un periodo di tempo maggiore di quello atteso, diminuendo così le difficoltà per l’Italia di rialzarsi.

Si tratta di un vuoto normativo assolutamente da colmare: così andrebbero avanti solamente i cantieri le cui condizioni lo consentano, altrimenti si procederebbe con la chiusura, evitando però che sia l’impresa a pagarne il prezzo.

Inoltre, si sottovalutano i rischi legati alla diffusione del virus nei cantieri: molte fasi di lavorazione possono essere un veicolo di trasmissione ed aumentare la possibilità di diffusione al di fuori delle attività. Questo comporta un ulteriore problema per le imprese appaltatrice, data la difficoltà di reperire il materiale di protezione individuale, come le mascherine, o l’impraticabilità di far rispettare la distanza obbligatoria tra i lavoratori.

Prima o poi l’emergenza sanitaria da Covid-19 finirà, ma ci porteremo dietro gli effetti per mesi, forse anni. Perché non esiste un vaccino o una cura per l’economia italiana, ma solamente il buon senso.

Commenta