Verso la riduzione del canone Rai? Il governo ci sta pensando e conferma che è allo studio “un importo sensibilmente inferiore a quello attuale”, ma non nasconde le difficoltà che rendono la decisione molto problematica. Il fatto è che un ordine del giorno presentato alla Camera (primo firmatario Emanuele Scagliusi, del Movimento 5 stelle) e accolto dal governo come raccomandazione impegnava l’esecutivo “ad adottare iniziative normative volte a ridurre la misura del canone di abbonamento alle radioaudizioni”.
L’impegno – bisogna precisarlo – era riferito a quest’anno. Ebbene, il ministero dello Sviluppo economico fa sapere che “il governo ha allo studio un provvedimento di riforma del canone Rai basato su una diversa natura impositiva del canone e su un importo sensibilmente inferiore rispetto a quello attuale, una soluzione che pertanto potrebbe andare incontro all’impegno assunto con la raccomandazione” contenuta nell’ordine del giorno accettato dall’esecutivo.
Ciò non toglie, però, che le difficoltà siano tante e non di poco conto. “Si evidenzia – puntualizza infatti il ministero dello Sviluppo – che l’eventuale diminuzione del canone di abbonamento , considerate le difficoltà legate all’individuazione delle ‘fasce più deboli’, in relazione alla quantificazione del reddito di riferimento, all’impatto che tale riduzione avrebbe sugli introiti pubblici e conseguentemente sul rimborso dei costi per il servizio pubblico offerto dalla Rai, dovrà essere valutato dal Ministero dell’Economia”. E certo la recente sentenza sulle pensioni non contribuisce a prendere una decisione sull’eventuale riduzione dell’abbonamento televisivo.
Il canone Rai vige dall’ormai lontano 1954 e all’epoca era di 15mila lire. Con l’avvento del colore, il canone è stato diviso: 24.650 lire annue per la Tv in bianco e nero, il doppio per il televisore a colori (48.650 lire) nel 1977. Il canone è stato poi unificato e con l’arrivo dell’euro si è passati da 179 mila lire l’anno a 93,80 euro. Dal 2013 è fermo a quota 113,50 euro.