Tre punti e tanti brividi. Il Milan espugna Udine con una prestazione a due facce: ottima nel primo tempo, con la squadra capace di andare sullo 0-3 senza rischiare praticamente nulla, pessima nel secondo, quando solo la buona sorte ha evitato la rimonta dell’Udinese. Resta comunque la vittoria, importante per dare spolvero alla classifica e continuità di risultati, ma anche la sensazione di un lavoro ancora lungo prima di poter inseguire obiettivi gloriosi.
“Nel primo tempo abbiamo fatto bene, anzi non c’è stata proprio partita – il commento di Mihajlovic. – Poi, nel secondo, loro hanno segnato subito e noi ci siamo fatti prendere dall’ansia e dalla paura. Dobbiamo imparare a gestire queste situazioni, non si possono sempre segnare tre gol per vincere ma anche questo fa parte del nostro processo di crescita. Volevamo vincere senza subire reti e non ci siamo riusciti, vorrà dire che lo faremo domenica prossima”.
Ostenta sicurezza il tecnico rossonero ma anche lui, durante l’assedio finale dell’Udinese, se l’è vista brutta. Passare dallo 0-3 al 3-3 sarebbe stato un duro colpo, tanto che a molti è tornata in mente la finale di Istanbul contro il Liverpool, uno dei peggiori ricorda della storia del Milan.
“Eccome se ci ho pensato – ha spiegato Galliani. – La cosa terribile è che lo avevo ricordato ai giocatori durante l’intervallo. Negli ultimi minuti ho chiuso gli occhi e aspettato solo il fischio finale…”.
E dire che la prima parte era stata ottima, la migliore vista fin qui. Un Milan cinico e concentrato aveva schiacciato l’Udinese nella propria metà campo, segnando subito con Balotelli (5’, splendida punizione sotto l’incrocio), raddoppiando con Bonaventura (10’, sinistro vincente su assist di Montolivo) e triplicando con Zapata (45’, colpo di testa sugli sviluppi di un calcio d’angolo).
Udinese alle corde, fischiata da tutto il Friuli e con un Colantuono sempre più in bilico: nulla lasciava presagire a un secondo tempo completamente diverso. Il tecnico bianconero tentava il tutto per tutto togliendo il difensore Piris per il centravanti Zapata e il match si ribaltava. Al 6’ Badu trovava il gol della bandiera, al 13’ l’ex attaccante del Napoli segnava quello della speranza.
Da lì in poi solo sofferenza per il Milan, più volte salvato da Diego Lopez e dai rimpalli, tanto che al fischio finale di Doveri Mihajlovic usciva dal campo imprecando contro tutto e tutti. Si può sorridere per la vittoria ma fino a un certo punto: il processo di crescita, come ammesso dallo stesso Sinisa, è ancora piuttosto lontano dal completamento.
Ora la palla passa alla sponda nerazzurra del Naviglio, che questa sera (ore 20.45) andrà a caccia della quinta vittoria consecutiva contro il Verona. Il pokerissimo darebbe una spinta ulteriore a Mancini, già capace di battere il suo record personale sulla panchina dell’Inter.
Nel quadriennio 2004-2008, quello che portò in dote 3 scudetti (anche se uno a tavolino), il tecnico di Jesi non riuscì mai a vincere le prime 4 partite, dato che, se possibile, aumenta ancor di più l’entusiasmo attorno ai nerazzurri.
“Non si possono fare paragoni, quella squadra vinse tutto mentre questa ancora niente – ha glissato il diretto interessato in sala stampa. – Dobbiamo stare tranquilli, non abbiamo fatto nulla di grandioso anche se è chiaro che speravo di partire forte. Dobbiamo crescere e lavorare, per arrivare fino in fondo servirà molto di più”.
Il low-profile, insomma, continua a contraddistinguere le conferenze di Mancini, per nulla attratto dal ruolo di favorito che in molti vorrebbero assegnargli. In cuor suo però anche lui sente il profumo della gloria, tanto più se la squadra continuerà a mostrare la solidità espressa finora. E a chi storce il naso di fronte al gioco (tutt’altro che brillante) e alla “stitichezza” in zona gol (5 in 4 partite), risponde facendo spallucce.
“Quando sono arrivato al Manchester City dicevano la stessa cosa – le sue parole. – Anzi, se devo essere sincero in Italia è sempre stato così, criticavano anche Milan e Juve. Per me non cambia nulla, va benissimo così”. Il mantra è pensare partita per partita, dunque al Verona di Mandorlini, ex peraltro sempre ben accolto in quel di San Siro.
“Non esistono gare scontate, loro sono solidi e difendono bene – ha proseguito Mancini. – Non avranno Toni ma ci sarà Pazzini e forse, per noi, è pure peggio”. Probabile che il tecnico, anche in considerazione del match con la Fiorentina, decida di ricorrere a quel turnover previsto per il Chievo e invece rimandato.
In difesa, assente Murillo (domenica ci sarà), rientra Miranda che dovrebbe giocare in coppia con Medel, anche se resta viva l’ipotesi Ranocchia. Santon e Alex Telles completeranno il reparto, là in mezzo invece probabile panchina per Kondogbia con Brozovic titolare assieme a Guarin e Felipe Melo. In attacco dovrebbe arrivare il turno di Ljajic, con Jovetic in panchina e i confermatissimi Perisic e Icardi dal primo minuto.