Juventus e Roma prendono il largo. Il campionato è iniziato da appena tre giornate ma le gerarchie della vigilia, che vedevano le due favoritissime per lo scudetto, sembrano già essere rispettate. Dopo il successo dei bianconeri nell’anticipo di San Siro i giallorossi erano chiamati alla risposta contro il Cagliari di Zeman, ex sempre applaudito nonostante i risultati non proprio lusinghieri. Questa volta però nessuno scherzetto del passato bensì una Roma tosta e convinta, sul pezzo fin dai primi minuti. Che, in meno di un quarto d’ora, aveva già messo il match sui binari giusti, di fatto chiudendolo.
Prima Destro, glaciale nel tap-in su assist di Florenzi, poi lo stesso esterno giallorosso, bravo a spingere in rete il delizioso passaggio di Gervinho. La sua esultanza (corsa sfrenata in tribuna autorità per abbracciare la nonna) merita una menzione a parte così come la freddezza di Peruzzo, “costretto” dal regolamento a un’ammonizione giusta e insensibile allo stesso tempo. Il resto è stato solo un lungo pomeriggio di festa che proietta la Roma in cima alla classifica assieme alla Juve: un duopolio che, molto probabilmente, durerà fino al 5 ottobre, giorno dell’attesissimo scontro diretto.
Passo indietro invece per l’Inter, quantomeno se il termine di paragone era il 7-0 rifilato al Sassuolo. Che la partita del Barbera sarebbe stata più ostica era immaginabile ma forse neanche il più pessimista dei nerazzurri avrebbe pensato a un inizio così. Al 3’ Vidic, da tutti indicato come l’uomo guida della difesa, si fa rubare palla in modo assurdo da Vazquez per il più facile dei gol. Costretti a inseguire, gli uomini di Mazzarri ci mettono un po’ a reagire ma riescono comunque a trovare il pareggio al 42’ con Kovacic, la nota più lieta di quest’inizio di stagione. Il croato, a secco per un campionato e mezzo, sembra voler recuperare il tempo perduto come dimostrano i quattro gol segnati in sei partite stagionali.
Trovato il pareggio, i nerazzurri vivono il loro momento migliore arrivando addirittura due volte al gol: peccato che entrambi vengano annullati. Giusta decisione su quello di Vidic (fuorigioco attivo di Osvaldo), molto più discutibile quella su Icardi (D’Ambrosio sembra partire in posizione irregolare). La partita è aperta ed entrambe rischiano di vincerla. Vazquez sfiora la doppietta con un destro che si stampa sulla traversa, Osvaldo mira l’angolino alto con un colpo di testa di precisione ma si deve inchinare al miracolo di Sorrentino. Nel finale Iachini viene espulso per proteste in seguito all’annullamento di un gol di Belotti: le immagini però dimostrano che la decisione è giusta, visto che l’attaccante spinge (seppur lievemente) Nagatomo. L’1-1 finale non boccia l’Inter, ma nemmeno la promuove. I quattro punti in classifica sono la conferma che il terzo posto è obiettivo possibile, lo scudetto no.
Difficile invece immaginare sogni di gloria per il Napoli. Dopo la vittoria sullo Sparta Praga in tanti aspettavano la trasferta di Udine per capire lo stato di salute degli azzurri. La risposta è quella più temuta: la crisi non è finita, anzi sembra proprio essere in pieno svolgimento. Il grande inquisito della seconda sconfitta consecutiva in campionato, neanche a dirlo, è Benitez. Difficili da capire già prima del match, incomprensibili poi alla luce dello stesso. La Rafarevolution, com’è già stata soprannominata, colpisce Inler, Mertens, Callejon e Hamsik, tutti in panchina per un Napoli inedito con Gargano e Lopez a centrocampo, Zuniga alto a destra, Michu trequartista e Insigne sulla sinistra.
Tutto ciò produce però soltanto un palo (Gargano al 36’) e una doppia occasione Higuain-Callejon nella ripresa. Troppo poco per vincere la partita e infatti l’Udinese, alla prima vera occasione creata, passa. Koulibaly e Britos pasticciano, Danilo fredda Rafael con un piattone tanto semplice quanto letale (71’). Il finale è da crisi di nervi: Higuain impreca contro il mondo, Benitez esce dal campo avvilito e nello spogliatoio pare siano volate parole piuttosto pesanti. Una sorta di tutti contro tutti per un gruppo che sembra ormai sull’orlo del baratro.