Sale, sale, continua a salire Camfin in Piazza Affari. Nel pomeriggio, proprio mentre i consiglieri vicini a Marco Tronchetti Provera e quelli della Malacalza Investimenti si affrontano nel consiglio della Gpi, il titolo della holding che controlla la maggioranza relativa di Pirelli segna un rialzo del 2 per cento. Ovvero il 50 per cento tondo in più rispetto a sei mesi fa, quando agli occhi di Piazza Affari l’asse tra Mtp e il gruppo genovese sembrava a prova d’acciaio. Tutt’altro clima oggi, prima occasione di confronto pubblico dopo che Vittorio Malacalza ha chiesto di ottenere il 13% di Camfin a seguito del presunto mancato rispetto dei patti da parte del socio Marco Tronchetti Provera Sapa. Richiesta prontamente rimandata al mittente.
E adesso? La City milanese è in fermento: il puzzle, è l’opinione generale, potrà trovare soluzione solo quando si troverà un socio al posto dei Malacalza. Missione tutt’altro che facile, nonostante l’indiscutibile appeal di Pirelli e le virtù di Tronchetti come capo industria. Ma in campo per la conquista del Santo Graal della City si sono già mossi in tanti: Lazard, i concorrenti di Banca Leonardo, i private equity italiani più robusti, da Investindustrial a Clessidra. E dietro tanto movimento non è difficile individuare la mano invisibile di Mediobanca, decisa a svolgere il suo ruolo storico di madrina della stabilità del gruppo della Bicocca.
Nessuno si aspetta che la riunione di oggi in Gpi possa sbloccare la situazione. La materia, per ora, è più questione di avvocati che di finanzieri. Solo quando Marco Tronchetti Provera individuerà una soluzione per sostituire i Malacalza con nuovi soci, insomma, le parti potranno procedere ( e non è detto che lo facciano) ad un divorzio consensuale. Fino ad allora proseguirà la contrapposizione tra le parti, muro contro muro, attentamente monitorata dall’esercito di legali schierato da entrambi i contendenti.
Ma con quali prospettive? Vediamo il campo di battaglia. In Gpi, la holding che controlla il 42 % di Camfin (che a sua volta detiene il 25,5% di Pirelli) Malacalza detiene il 30,9 %. In cambio della sua uscita da Gpi, il gruppo genovese non chiede quattrini bensì un altro 13% di Camfin, di cui è già azionista diretto al 12%. In questo modo i Malacalza potrebbero costituire una minoranza di blocco strategica che Tronchetti non può permettersi. Di qui il secco no, confortato dal parere di legali e banche: la presunta violazione dei patti, eccepita dai Malacalza, non c’è stata.
Che accadrà adesso? Facile che i Malacalza, che sull’investimento possono contare sulla carta su una più che discreta plusvalenza, vogliano dar battaglia sia sul mercato che davanti al giudice. In Piazza Affari, però, l’offensiva si scontrerà con un fronte a prova d’urto, forte degli alleati storici di Tronchetti , a partire dai Moratti. La sfida legale non si risolverà, nel migliore dei casi, prima della metà del 2013. Entro quella data, però, Tronchetti potrebbe aver trovato una soluzione.
Qual è il problema da risolvere? E’ quasi impossibile trovare u partner disposto ad investire in una società non quotata e per sua natura illiquida, quale Gpi. Ma la Mtp Sapa, che ha il 55% di Gpi, non può procedere ad una fusione in Camfin, pena il rischio di un’eccessiva diluizione. Ma, di questi tempi, nessuno, ivi compresi i fondi sovrani già contattati (a partire dall’immancabile Qatar), intende vincolarsi in investimenti che non offrano una way out.
La quadratura del cerchio, cui stanno lavorando non pochi alchimisti della scienza finanziaria, non può che passare perciò che da soluzioni ponte. Ovvero, un’emissione obbligazionaria in Gpi riservata ad un nuovo partner che preveda la conversione in titoli Camfin (o Pirelli) ad una data e ad un prezzo prefissato.
Non sarà una soluzione facile, sia per il prezzo che per le modalità a partire dall’intervallo di tempo previsto per la conversione. Ma sembra questa la strada maestra per Marco Tronchetti Provera, che può contare sulla fiducia di Mediobanca e delle altre banche di sistema.